Cambiano gli usi, cambiano i mestieri

Tra i mestieri “scomparsi” di una volta, la maggior parte si sono istinti perché si trattava di servizi e manodopera offerti per riparare gli oggetti di casa: ai giorni nostri però costa di più far riparare un oggetto, piuttosto che comprarlo.
La filosofia usa e getta è diventata più economica delle cose che durano.

Verso la fine degli anni Quaranta, dopo la guerra, comincia a vagabondare per le piazze dei paesi lo “stagnino”, chiamato nelle altri parti d'Italia “magnano” o “coccolinaro”e indicato localmente col termine “parolot”.
Allora le donne del paese udivano il richiamo “El Parolòt. Stagna Pignàte, stagna padèle” e accorrevano in piazza per far riparare pentolame, secchi, caffettiere, imbuti e altri utensili domestici.

Lo stagnino si riconosceva dalla fuliggine depositata su pelle e vestiti, che derivava dall'uso del carbone e del ferro.
Forgia, pinze e cesoie: questa l'attrezzatura che si portava appresso per forare i lembi, chiodarli e riempire i bordi con lo stagno fuso. Lo chiamavano “parolòt” perchè aggiustava le “paröle”, le pentole.
Alla sera, riconsegnava alle case tutto quanto aveva riparato e spesso terminava la giornata aggiustando le grondaie danneggiate.

Un mestiere curioso, estinto, che vive nei ricordi delle generazioni più anziane e nella fantasia delle favole, come fosse un racconto dei fratelli Grimm.
Si dice infatti che quando ripartiva a fine giornata, il “parolòt” veniva inseguito dai bambini fino ai confini del paese, che lo deridevano per la faccia nera.