11 Marzo 2022, 08.00
Roè Volciano
Lettere

A «'o core nun se cumanna»

di Le docenti della Scar

Le docenti del Centro di Formazione Professionale SCAR di Roè Volciano ci raccontano dell’emozionante e partecipato incontro dei loro allievi con il carismatico don Aniello Manganiello

 
I nostri ragazzi della Scar attendevano don Aniello come da bambini aspettavano di aprire l’uovo di Pasqua; erano attratti dal suo aspetto esteriore e dalla sua fama come dal packaging ma cosa avrebbe raccontato loro, il contenuto, era tutta una sorpresa!
 
Non si attendevano una canonica lezione sulla legalità e la giustizia poiché di quelle, in questi anni, tante ne hanno avute. Crediamo che le loro aspettative siano state grandemente superate. Con estrema semplicità il nostro ospite ha raccontato di come scorre la vita nel quartiere di Scampia a Napoli con aneddoti e riferimenti a fatti e personaggi che, a pensarci bene, sembravano davvero presi da spezzoni di film. Ha raccontato della quotidianità del suo rione, delle difficoltà, delle sfide, delle minacce, della camorra ma, ben lungi dall’essere scoraggiato, ha anche affermato che non c’è solo il male poiché è fermamente convinto che niente sia irrimediabile.
 
A Scampia, ha raccontato di aver trovato un'umanità ferita alla quale si è presentato “armato” solo di fede e di una grandissima volontà di rendere concreti e tangibili concetti come solidarietà, misericordia e legalità. Il messaggio del Vangelo. Parole forti per i nostri ragazzi che spesso sono lontani dalla fede, arrabbiati dopo due anni di pandemia, delusi da una società che a loro parere non li comprende a fondo. Vedere così tanta forza negli occhi di don Aniello li ha sicuramente affascinati.
 
Ragazzi curiosi quelli della Scar, che a bruciapelo gli hanno chiesto come ha fatto ad avvicinare e conquistare questi ragazzi così “difficili”. La sua strategia per combattere la camorra è un metodo in qualche modo semplice: ha usato il calcio e l’oratorio. Ha tolto i ragazzi dalla strada e dalla cattiva influenza della camorra usando il pallone, credendo in loro, dandogli fiducia, educandoli al bene, toccando nel modo più semplice i loro cuori.
 
Inevitabile è arrivata anche la domandaI che tutti ci siamo fatti “come fa ad essere ancora vivo?” e con semplicità lui ha risposto facendo riferimento al titolo di uno dei suoi libri perché “Gesù è più forte della camorra”.
 
Poi ancora hanno voluto sapere perché sia voluto tornare a Scampia dopo che lo avevano assegnato ad una parrocchia più tranquilla. La voce roca di don Aniello si è un tantino affievolita quando ha spiegato che la volontà di tornare gli veniva dal cuore perché solo nel quartiere don Guanella si sentiva a casa, fra la sua gente e come si sa “al cuore non si comanda”.
 
Don Aniello ci ha portato una bella lezione, dimostrandoci come sia possibile costruire un mondo migliore, impegnandosi con tenacia nella difesa della giustizia.
 
Quale suggerimento per i nostri ragazzi? Quello di riempirsi di parole buone, di pensieri stimolanti e positivi, di sentimenti alti e puri.  E per noi docenti? Di valorizzare un’educazione fondata sulle virtù e di non stancarci mai di educare i giovani al bello, al vero, al buono e al giusto.
 


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