La Cina (non) è vicina

La mostra “La Cina (Non) è vicina. Badiucao – opere di un artista dissidente” visitabile fino al prossimo 13 febbraio, si trova negli spazi espositivi del Museo di Santa Giulia a Brescia. Badiucao, è lo pseudonimo dell’artista-attivista cinese noto per la sua arte di protesta, attualmente in esilio in Australia.

 La mostra è molto interessante e, aldilà dell’appartenenza politica del visitatore, offre numerosi spunti di riflessione.

La sequenza espositiva, che ripercorre l’attività artistica dell’autore, è suddivisa in cinque sezioni tematiche.

La prima sezione, denominata “Cina”, propone una serie di maschere create dall'artista per celare la propria identità, fino a quando decise poi di mostrare il proprio volto in reazione a minacce e intimidazioni, e il documentario che ricostruisce il viaggio attorno al mondo di Badiucao. In questa sezione sono raccolte anche opere come ad esempio un letto di 4.000 matite affilate come aghi (Dream), che rappresenta il sonno agitato e tormentato dell’artista-attivista, e fra le altre opere una "sedia della tigre" (Torture Chair), tradizionale oggetto di tortura trasformato dall’artista in una sedia a dondolo. In questa sezione vi è inoltre il Diario di Wuhan, una raccolta di libere testimonianze trasmesse su internet nella prima fase della pandemia, e i ritratti dedicati alle prime vittime di Wuhan  tra le quali il dottor Li Wenliang che aveva denunciato la presenza del virus.

La seconda sezione, “Hong Kong”, racconta la storia politica recente della ex colonia britannica che nel 1997 è diventata regione amministrativa speciale della Repubblica Popolare Cinese. Facendo particolare riferimento alle proteste del 2019. Qui troviamo la Lennon Flag composto da 96 quadrati colorati a evocazione dei post-it appesi dai cittadini sui muri della città con messaggi di dissenso.

 La terza sezione, “Uiguria”, e la quarta sezione denominata “Myanmar” pongono l’attenzione sulle drammatiche vicissitudini dei due territori.

Infine, nell’ultima sezione, “Mao Nostalgia”, l’artista ironizza sul fenomeno di manipolazione e strumentalizzazione del mito costruito attorno alla figura di Mao.