18 Marzo 2016, 10.17
Social

Flamer avvertiti

di Redazione

Tempi duri per i diffamatori del web. Diventa reato anche farlo con il più popolare dei social, Facebook, in questo equiparato agli organi di stampa


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La Corte di Cassazione equipara il social network alla stampa per quanto riguarda la diffamazione, e ribadisce che la bacheca non è strumento strettamente personale perché permette di raggiungere, potenzialmente, un pubblico molto vasto. L'opinione dell'avvocato Flavio Azzariti.

Diffamare qualcuno su Facebook è un reato grave ed è come farlo a mezzo stampa.
Ad affermarlo è stata la V sezione penale della Cassazione, nell'ambito di un processo nato da una denuncia di Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa Italiana, e all'epoca dei fatti anche Commissario Straordinario della Cri.

Nel 2010 un componente in congedo della CRI aveva insultato Rocca tramite la propria pagina Facebook.
Ora la Corte di Cassazione ha stabilito che tale comportamento costituisce diffamazione aggravata ai sensi dell'articolo 595, comma terzo del codice penale.
Vale a dire che è, secondo i giudici, come pubblicare le parole sulle pagine di un giornale, quindi con la potenzialità di "raggiungere un numero indeterminato di persone".

La nota che accompagna la decisione dei giudici specifica inoltre che la natura di Facebook, strumento che promuove la comunicazione tra persone, crea "il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione".

In ogni caso, quanto statuito non esclude il "sacrosanto" diritto di critica previsto dalla nostra Costituzione, diritto che resta salvo purché la manifestazione del pensiero avvenga nel rispetto ai principi di verità, della pertinenza della notizia, e continenza della forma, ossia nel rispetto dell'onore e dell'altrui reputazione.

È pertanto opportuno, (anche) su internet, assumere la consapevolezza che una "critica", espressa con un linguaggio non rientrante nell'ambito dei limiti appena indicati, può determinare rilevanti conseguenze in capo a chi utilizza impropriamente i mezzi di comunicazione a disposizione, ritenendo - erroneamente - di restare nell'anonimato.

A maggior ragione questo vale e già valeva anche prima del pronunciamento della Cassazione su Vallesabbianews, che è un organo di stampa a tutti gli effetti.




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