15 Febbraio 2007, 00.00
Gavardo
Storia

il sacrificio del beato Simonino

«Pasque di sangue», il libro di Ariel Toaff, riporta alla luce fatti risalenti al '400 che parevano dimenticati. Ne rimangono testimonianze a Gavardo (come scrive la Pasini sul Giornale di Brescia), ma anche a Barbaine di Pertica Alta.

Che cosa hanno in comune alcuni ebrei ashkenaziti provenienti dal nord Europa stabilitisi a Gavardo, un affresco della fine del 1400 ospitato nella chiesa di San Rocco e la vicenda del Beato Simonino di Trento, bambino di due anni (anche lui forse di origine bresciana) della cui morte violenta furono incolpati alcuni ebrei?
La risposta si trova in «Pasque di sangue» di Ariel Toaff. Il volume, edito da Il Mulino, ha suscitato numerose polemiche soprattutto all’interno del mondo ebraico. Nel libro si trovano svariati riferimenti alla provincia di Brescia e a Gavardo in particolare.

Le pagine scritte dallo storico Ariel Toaff riferiscono di processi per omicidi rituali condotti nel Quattrocento nei confronti di ebrei ashkenaziti in diverse localitĂ  del nord Italia, ma non soltanto e si incentrano in particolare sul processo condotto a Trento a pochi giorni dalla Pasqua del 1475.
Alcuni dei protagonisti delle drammatiche vicende hanno un legame con Gavardo, per aver abitato in questo luogo, per aver condotto proprio in questa borgata alle porte della Valsabbia e del lago di Garda i loro affari. E proprio qui, in una delle chiese principali del paese, si trova - esempio unico in questa zona della provincia - un affresco (nella foto) che rievoca la tragica storia dell’omicidio di Simonino da Trento dove non mancano anche gli strumenti del martirio.

Semplice coincidenza? Siamo a Gavardo nella Seconda metà del Quattrocento. Nel libro di Franco Bontempi («Il ferro e la stella - Presenza ebraica a Brescia durante il Rinascimento») si rievocano le vicende legate alla presenza in quel periodo di ebrei nella comunità gavardese e si parla di «un banco di pegno da loro gestito» con riferimento ad un documento datato 7 marzo 1468. «Verso di loro - aggiunge ancora Bontempi - le autorità locali assunsero un atteggiamento ambiguo: in seguito ad una prima espulsione nel 1472, li riaccolsero nel 1475; l’allontanamento definitivo avvenne nel 1478».

Monsignor Mario Fappani nella sua Enciclopedia bresciana ricorda che «a Gavardo esisteva una piccola colonia ebraica che teneva banco di prestiti. Nel 1473 un fanatico del luogo, Giovanni Della Pola, denunciava all’ufficio dell’Avogaria gli ebrei di Gavardo di falsificare monete. Ritenuti tutti falsi vennero banditi da Gavardo».
Rapporto dunque complesso quello della comunitĂ  gavardese con gli ebrei. Amore e odio. Benevolenza e invidia. Rancore e ammirazione.
Proprio in quegli anni da Gavardo si allontana per trasferirsi a Trento, Angelo Da Verona. Sarà costui uno degli imputati principali per l’omicidio del piccolo Simone ucciso a Trento, il cui corpicino martoriato venne rinvenuto in una forra vicino al quartiere ebraico. Simone era il figlio di un conciapelli Andrea Lomferdorm. Dal tragico ritrovamento partì l’inchiesta che condusse gli inquisitori ad arrestare, torturare e poi condannare a morte alcuni ebrei ashkenaziti di Trento che furono condannati con l’accusa di omicidio rituale, tra cui il «gavardese» Angelo da Verona.

Ma i legami con Gavardo non finiscono qui. Numerosi altri personaggi protagonisti di queste e altre vicende oscure che Ariel Toaff cerca di chiarire, trascorrono parte della loro vita a Gavardo, da Rizzardo a Enselino e Jacob, tre fratelli che gestivano banco in paese; all’ineffabile Israel Wolfang, un artista ebreo (convertitosi al cristianesimo) che gioca un ruolo chiave in queste complesse vicende e si trattiene a Gavardo per un certo periodo tanto che «Per guadagnare qualche soldo - scrive Toaff - aveva accettato di rilegare il breviario dell’arciprete».

Proprio la vicinanza con la piccola ma attiva comunitĂ  ebraica induce i gavardesi a rimanere successivamente molto colpiti dai fatti di Trento tanto da riportare traccia significativa di quella storia, da voler raffigurare nella chiesa di San Rocco il Beato Simonino.
Il culto - ampiamente diffuso in Valcamonica - è in questa parte della provincia non particolarmente presente. Lo è invece proprio a Gavardo. A dimostrazione che - nel bene o nel male - la presenza degli ebrei nel paese aveva lasciato un segno indelebile.

Paola Pasini dal Giornale di Brescia


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