21 Marzo 2013, 09.00
Provincia
Il racconto

Rugby

di Marisa Viviani

E' irrefrenabile: deve chiamarmi e dirmi come č finita: mi telefona e mi dice se hanno vinto o perso. Io che attendo l'ora in cui la partita verrŕ trasmessa in differita sul digitale terrestre, non posso nemmeno godermi la sorpresa del risultato.

 
E lo fa anche quando ti informa di quel tal film che dovresti assolutamente vedere; inizia sulle generali e poi continua a raccontarti la trama fintanto che non lo interrompi minacciandolo di azioni terribili se osa dirti come va a finire; allora si trattiene, ma quando si tratta della Nazionale di Rugby non c'è niente da fare, ti deve riferire tutto perchè alla palla ovale non si comanda; e così è lui, come quella palla che quando rimbalza in terra sfugge ad ogni controllo.
Lui è un ex-giocatore, uno della vecchia guardia, quella che il rugby lo praticava molto seriamente, ma allo scopo di divertirsi, di stare con gli amici e poi di sbaraccare tutti insieme durante il terzo tempo, il vero tempo di gioco di una squadra di rugby che si rispetti. A che fine infatti prendere un sacco di botte ad ogni partita se non per farsi una bella divertita dopo, quando delle tacchettate sono rimasti solo segni sulla schiena, anche qualche dolore in verità, che si dissolve però davanti ad una pastasciutta gigante, un bicchiere di vino e un po' di baldoria tra amici che non hanno lo stronzo sotto il naso e possono dirsi in faccia ciò che pensano e fanno senza tante formalità? Già, perché è questo il prerequisito di un vero rugbysta, essere un po' manzöl, poco fighetto di carattere e saper stare in compagnia; e se sei bravo a giocare, tanto meglio. Se sei un giocatore dilettante e non becchi nemmeno l'ombra di un quattrino, né hai la vanagloria del successo, devi per forza divertirti, che è il modo migliore per fare qualunque cosa, o almeno quello che non nasce da una costrizione della vita, e l'ambiente del rugby si presta per sua connotazione a questo genere di approccio allo sport e alla socialità che dalla sua pratica scaturisce.
Il rugby è uno sport di origine inglese, molto diffuso nei paesi anglofoni come Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica, dove è fortemente compenetrato con i circoli di sostenitori, collaboratori, tifosi strettamente solidali nel mantenimento della cultura e della pratica sportiva nei
clubs rugbystici di consolidata, anche secolare, tradizione. E' largamente praticato in Francia dove è presente un'ottima scuola rugbystica, e anche in Argentina è seguito ad un buon livello di gioco, tant'è che vari giocatori della Nazionale Italiana ne sono divenuti titolari in quanto italo-argentini d'origine. In Italia il rugby ha avuto già da tempo una discreta diffusione, ma è soprattutto in questi ultimi anni che è balzato agli onori delle cronache sportive proponendosi all'attenzione del grande pubblico; in particolare il processo di crescita e di conoscenza di questo sport è avvenuto con l'ammissione dell'Italia al Torneo delle Cinque Nazioni (Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda e Francia), divenuto di conseguenza Torneo delle Sei Nazioni, in cui la squadra italiana si sta faticosamente guadagnando un posto a pieno titolo per qualità di gioco al pari delle altre formazioni, tradizionalmente più preparate ed agguerrite. E' proprio di questi giorni infatti la conclusione del Torneo Sei Nazioni 2013 che ha visto la Nazionale Italiana affrancarsi dalla sbeffeggiante attribuzione del cucchiaio di legno, che viene assegnato alla squadra che persegue il peggior risultato nella competizione; per la prima volta infatti nella storia della sua partecipazione, sono quattordici anni, la nostra Nazionale può vantare un successo così indiscusso e una qualità di gioco riconosciuti da tutta la stampa sportiva internazionale, ponendosi a pari livello delle squadre più blasonate.
Dopo l'ottima partita di apertura del torneo, che ha visto la nostra formazione battere i maestri francesi, attuali vice-campioni del mondo, imponendo loro l'onta di una pesante sconfitta che ha suscitato in patria un'ondata di reazioni incredule per la
débâcle subita, la nostra Nazionale, pur tra fasi alterne, ha dato prova di essere una tra le migliori formazioni rugbystiche d'Europa. Nella partita persa, ma con onore, nel tempio del rugby di Twickenham, la nostra squadra ha affibbiato una sonora lezione ai maestri inglesi, riconosciuta con sinceri toni di apprezzamento per l'Italia dalla loro stampa; e nella difficile competizione con i determinati irlandesi, oltre che vincere ha dimostrato anche di primeggiare sia negli scontri diretti che nelle formazioni di mischia affermando così una netta superiorità sugli avversari. Ha anche perso malamente gli incontri con Galles e Scozia, a dimostrazione che l'obiettivo attuale della nostra Nazionale è consolidare una continuità di prestazione ad alti livelli, come sono nelle sue potenzialità, affrancandosi dalla cattiva fama di squadra incostante e psicologicamente fragile. Insomma, una grande, sospirata crescita che il pubblico del rugby attendeva da lungo tempo e che finalmente è arrivata.
Ed è proprio quando gioca la Nazionale Italiana che
Lui si comporta come un pallone di rugby difficilmente controllabile: balza sulla poltrona, scatta in avanti come a voler entrare in campo attraverso il video, gesticola, batte le mani, lancia urli che fanno spaventare i gatti (e non solo, a volte accorrono i vicini per vedere chi sta male), suggerisce ai giocatori cosa fare, impreca contro l'arbitro che non ha sanzionato il fallo, applaude, commenta, si commuove, esulta, spiega; e prevede: come andrà l'incontro, come si comporteranno i giocatori, come finirà (e di solito ci azzecca pure), e se la partita la vede fuori casa telefona e mi dice chi ha vinto e chi ha perso; così è stato sabato, nell'ultima partita contro l'Irlanda, di cui ho conosciuto vita, morte e miracoli senza averla vista, ma tant'è, al richiamo della palla ovale qualcuno non resiste e vede il mondo come un campo di rugby, con i suoi schemi, i suoi riti, i suoi personaggi, il suo forte spirito collettivo, le sue regole.
E allora parliamone di queste regole, che in questo sport, a dispetto di quanto possa apparire ad un profano, sono tante e rigorosissime, sanzionate da arbitri che non aspettano un secondo ad espellere dal campo chi le infrange o solo osa protestare contro le sue decisioni; come dire che la disciplina in campo è rigidissima, anche se eventuali battibecchi tra giocatori si risolvono rapidamente a tu per tu senza tante cerimonie, e poi la storia finisce lì (che è uno degli altri requisiti di un buon rugbysta: i conti in sospeso si saldano in campo e poi si va tutti a far festa). Non è questo il contesto per parlare di regole tecniche, solo la fondamentale può essere accennata: si conquista terreno avanzando verso l'area avversaria passando indietro la palla; un'attenzione particolare va invece riservata ad una regola che rappresenta l'essenza di questo sport: è il collettivo che fa il gioco, ogni individualità seppur grande è in funzione della squadra nel suo insieme. Rispetto delle regole e partecipazione di tutti al raggiungimento dell'obiettivo costituiscono la caratteristica del rugby, uno sport che si propone così come disciplina altamente educativa dello spirito sociale soprattutto per i giovani, oltre che formativa del carattere e del fisico. Presente nei programmi di varie scuole, il rugby opportunamente proposto secondo l'età degli alunni, merita una larga diffusione di insegnamento; quanti siano ad esempio in Valle Sabbia gli istituti che lo inseriscono nel piano di studi sarebbe interessante conoscere; certo è che nessuna squadra è costituita su questo territorio e nemmeno sul suo prolungamento nelle Giudicarie (ma se mi sbagliassi, sarei lieta di venire smentita).
Nel frattempo, in attesa che la Nazionale Italiana di Rugby confermi i suoi successi e questo sport venga conosciuto come merita, mi aggiornerò attraverso le spiegazioni, le informazioni, i chiarimenti tecnici e di costume che
Lui mi fornirà, per telefono o di persona, perchè si deve sapere che un rugbysta è per sempre, come è per gli alpini: restano alpini per sempre.


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