16 Marzo 2009, 00.00
Bagolino
Valanghe

Rislavina a Bagolino, problemi a non finire

di Ubaldo Vallini

“Di nuovo, č scesa di nuovo, nello stesso punto e grande il doppio”. Il primo a dare l’allarme č stato Stefano, del Soccorso alpino. Abita poco distante, dove la vecchia 669 si ricongiunge al nuovo tracciato e non erano ancora le otto.

“Di nuovo, è scesa di nuovo, nello stesso punto e grande il doppio”. Il primo a dare l’allarme è stato Stefano, del Soccorso alpino. Abita poco distante, dove la vecchia 669 si ricongiunge al nuovo tracciato e non erano ancora le otto quando ha guardato fuori dalla finestra.
Era tutto tranquillo, poi ha messo su il caffè. Mezz’ora dopo stava uscendo di casa e l’ha vista: “Quando la neve è così pesante scende adagio e senza provocare spostamenti d’aria, per questo non ho sentito nessun rumore – ci ha detto -. Avevo visto però che nonostante la chiusura le macchine passavano lo stesso di lì e allo ra ho chiamato tutti gli altri”.

Il timore
Prima il “rimando” in onde elettromegnetiche del “Recco” che indicava la presenza sotto la neve di masse metalliche, poi i tradizionali “sondini” che si fermavano con un tonfo sordo, impossibile stabilire se contro un tronco, un masso oppure la lamiera di un auto.
Poi l’eccitazione di Eis che abbaiava a più non posso, che forse si scrive Ice ma certo lui non lo sa perchè è la metà su quattro zampe dell’unità cinofila fatta arrivare per apposta in elicottero da Edolo.
Tutto lasciava presagire che questa volta lì sotto ci fosse rimasto qualcuno.

Lo sfogo di Bruno
Anche gli accidenti di Bruno Arrighini, il capocantoniere della Provincia: “C’erano le transenne, in fondo e in cima, per la miseria, legate insieme col fil di ferro e a loro volta fissate al guard rail, sempre col fil di ferro e con tanto di ordinanza di chiusura. Invece hanno spostato tutto quanto per passare lo stesso. No, non è possibile fare ste robe, dai!”.
Matteo Salvadori ha cominciato a darci dentro subito con la pala gommata, in attesa dell’operaio con l’escavatore cingolato, mezzo più adatto allo scopo, ma lento ad arrivare.
Intanto i carabinieri sciatori e gli uomini del soccorso alpino continuavano più in là a sondare “alla vecchia”, Ice ad annusare e gli operatori del 118 erano pronti ad intervenire al volo, al primo cenno.

Per escludere la tragedia
E’ andata avanti così fin verso le undici, facce e muscoli contratti, poi l’eliambulanza ha fatto il suo carico di uomini e di strumenti, tolto l’ancora dal prato, fatto un altro giro su per il canalone a verificare la situazione, prima di avviarsi verso Brescia. Un po’ alla volta la tensione si è allentata.
L’escavatore ha lavorato fino alle quattro del pomeriggio a frugare con la gigantesca zampa fra neve, ghiaccio, pietre e tronchi, per escludere matematicamente la tragedia.
Equazione alla fine riuscita, per fortuna. Il sospiro di sollievo è stato collettivo.

L'occhio del Remigio
“Ce n’è ancora di neve lassù, non c’è mica da stare tranquilli – ci ha detto il Remigio, che fra il “Balot del Martor” e il “Dos dal Bue” ci è nato, tanti anni fa, più che sufficianti per andare in pensione -. La Croce di Carena ne ha ancora da buttar giù, con tutta quella che è venuta st’inverno”. “Poi la vedi com’è marrone? E’ perché ormai nel canale non c’è più niente per fermarla, arriva dritta dritta tutta quanta prima o poi”.
L’intuizione “consapevole” del vegliardo è stata confermata dal nivologo Federico Rota della Provincia, personaggio famoso quest’anno al Gaver.
Dopo mezzogiorno ha sorvolato la zona in elicottero e poi ci è salito con gli sci.

In azione la Protezione civile
“La Variante deve rimanere chiusa – il verdetto -, ma ci sono altri punti pericolosi, dal Dazarè ai canaloni fra Valle Dorizzo e il Gaver.
Così fin dalla tarda mattinata è stato bloccato il traffico in salita, mentre nei punti considerati più a rischio, per permettere il rientro di quanti erano già saliti al Gaver, in accordo con la Prefettura, l’assessore bagosso alla Protezione civile Mirco Lombardi ha fatto entrare in azione le squadre della Protezione civile di Bagolino, Ponte Caffaro e Lavenone, con una sorta di servizio di “guardanìa”.


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