A caccia di lucciole

Si tratta di uno dei più bei ricordi dell'infanzia, che oggi si legge solo nei romanzi e che l'estate ci riporta alla mente come la risacca delle onde del mare: la caccia alle lucciole.

Nelle cucine di campagna, dopo una giornata di lavoro per il fieno, alla sera ci si riunisce per condividere un po' di ristoro, mangiando qualcosa, e conversando sotto al portico.

I bambini hanno qualcosa di più importante da fare: muniti di barattolo ritornano nel prato per acchiappare le lucciole.
Avvertivo un senso di colpa nell'imprigionare qualcosa di così raro, al punto che la smania bambina del custodire un tesoro si faceva da parte per contemplare le luci con le zampe che fluttuavano nell'aria.

Le lucciole emettono luce grazie ad un enzima che si chiama luciferasi che a contatto con l'ossigeno si trasforma in ossiluciferina e si illumina. 
Hanno una vita piuttosto breve, dopo il raggiungimento dell'età adulta vivono fino a massimo due settimane, durante le quali spendono tutte le loro energie per l'accoppiamento.

Ce ne sono di diverse specie e alcune di queste, per quanto riguarda gli esemplari femmina, si nutrono del maschio in vista della deposizione delle uova, in cui hanno bisogno di molte proteine.

Le femmine della specie caolinus invece, sono note perché si illuminano in sincronia con i maschi prima dell'accoppiamento.
Tutte le lucciole sono dotate di una sostanza simile al veleno: non serve per pungere o mordere la preda, bensì le preserva dall'essere mangiate.