13 Marzo 2024, 06.49
Vobarno
Libri

Fare 13 con il dialetto

di red.

Giovedì 14 marzo, alle 20.30, presso la Biblioteca comunale di Vobarno, verrà presentato il volume “13, compagn che ala Sisal” (13 come al Totocalcio) del vobarnese Fabrizio Galvagni, edito da Edizioni Valle Sabbia


L'incontro avverrà in in collaborazione con Agape e Compagnia delle Pive e con il patrocinio dell'Assessorato alla Cultura
Converserà con l’autore e condurrà la serata Francesco Bertelli; sarà presente e parteciperà alla “conversazione” il prof. Mario Pietro Zani, che ha curato l’interessantissima prefazione del volume. Le letture saranno affidate a Roberto Maggi

“13 compagn che ala Sisal”
.

Chiediamo all’autore di che si tratta:


Indubbiamente si tratta di un lavoro particolare e un poco anomalo: sono tredici storie raccontate in bresciano… sì, in dialetto.

Perché questa scelta linguistica?

La maggior parte della letteratura in bresciano è affidata alla poesia; qualcosa è riservato anche al teatro (in genere si tratta di commedia e di commedia brillante); la prosa è pressoché inesistente o comunque eccezionale.
Ho semplicemente provato a mettere alla prova il nostro dialetto, a vedere se in bresciano è possibile anche narrare, raccontare, creare storie. Vediamo se funziona.

I risultati?

Appunto: spero che funzioni e in verità non ho nemmeno ben chiaro se ci sono dei risultati. In ogni caso, deciderà chi avrà la voglia e la pazienza di leggere.
Dal punto di vista strettamente ortografico, ho cercato, pur attenendomi alle norme e alle regole più praticate, di semplificare la scrittura, così da renderla più scorrevole. Quelli che hanno già avuto modo di leggere la raccolta, mi hanno confermato che il testo scorre abbastanza bene.

Di che trattano i tredici racconti?

Ho dovuto innanzitutto fare i conti con i limiti della mia povera creatività. Però c’è un po’ di tutto.
Visto che c’ero, ho cercato di tentare diversi registri narrativi: c’è naturalmente il raccontino divertente e macchiettistico (quello – per capirci – che tutti si aspettano quando ci si avvicina al dialetto); ma ci sono anche storie drammatiche, di sofferenza; c’è anche un po’ di surreale e di metaletterario, quanto basta; e non poteva mancare una pennellata di lirismo.

Da dove ti viene questa passione per il dialetto?

La “colpa” è di Ezio Faberi, allora Akela… insomma animatore dei lupetti del Vobarno I°.
Durante le riunioni nella tana del branco, tanti tanti anni fa, ogni tanto ci leggeva le poesie di Canossi: El cà del pitòc, La «madona» del dutur, quelle del ciclo del Rassega… curiosità ed interesse per me sono cominciati lì.

Che senso ha oggi, nell’epoca dell’inglese e della rete, scrivere in dialetto?

Nessuno, proprio nessuno. Chi, desiderando farsi leggere e immaginando (non è il mio caso) di trovare un suo pubblico di lettori, scrivendo in dialetto va esattamente nella direzione contraria; diciamo che “si fa male da solo”.
Una ragione “pratica” quindi proprio non c’è.
Tuttavia, arrivati a una certa età, credo che la scelta migliore sia fare semplicemente quello che piace.

Sopravviverà il dialetto a questa generazione?

Domanda difficile. In ogni caso le lingue nascono, si evolvono, si estinguono; e il bresciano non fa e non farà eccezione.
Prendiamo atto innanzitutto – e questo è incontestabile – che è ormai morto ed estinto il mondo di cui il dialetto per secoli è stato veicolo di espressione.

E poi andrà come andrà. Personalmente, mi interesso al dialetto da quando ero ragazzo, con passione (direi quasi con affetto), ma senza irredentismi linguistici, che nel mondo di oggi proprio non hanno senso; e poi con le lingue l’accanimento terapeutico non funziona.

Semmai tentare la via della prosa, mettere alla prova il bresciano con il racconto e la narrazione, è un modo per lasciare una traccia, per testimoniare la ricchezza di questo patrimonio culturale che, volenti o nolenti, ci appartiene.
Un patrimonio modesto fin che si vuole, ma comunque importante.

Il futuro? Qualche altra idea?

Il futuro è già qui! È già bell’e che pronto (nel senso che è già stampato e consegnato) il volume “Il campanile di Strasburgo”, riedizione ampiamente rivista e ampliata (il numero delle pagine è raddoppiato) di un progetto del 2010, dedicato al dialetto e alle lingue europee.
È stato curato e voluto dall’Ateneo di Salò e verrà presentato nel prossimo maggio.



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