Fienili in festa

 

Scoppia nel tempo estivo un tempo che non dimentica la riunione d’anime montane che nell’inverno vivono rintanate come animali feriti dalle difficoltà di gelo e neve.

Tutto il teatro nuovo è spesso un fienile dell’antica famiglia, lo spartano del luogo è contraddistinto da una catasta di legna non troppo ordinata, un recinto di animali misti, un orto e a volte un piccolo trattore parcheggiato di sghimbescio al versante della montagna.

Nelle domeniche il prato innanzi si popola di bambini, di gatti e anime indaffarate con in mano file di salamine e carni da spiedare o da ardere alla brace tra effluvi che si spargono sul viottolo d’ingresso: l’onore è far apparire leggero il peso di aver prima tagliato e rastrellato, nutrito gli animali e disposto in quattro e quattr’otto la tavolata di accoglienza, imbandito con disinvoltura con stoviglie d’origine e fattura mista ma sempre rigorosamente di coccio perché il piacere è antico .

Se appare il radicchio amaro tagliato rigorosamente fino fino, la grigliata di verdure dell’orto insieme al tripudio delle carni ti senti quasi imbarazzato dal calore che cresce con il primo sorso di vino sceso casualmente nel bicchiere, sai di essere stato aspettato e la ritrosia abituale si apre all’inizio forzatamente con le prime barzellette a rompere le formalità, poi ai ricordi e a quel comune senso che unisce e divide, a quel vero della fatica di ritrovarsi, di mettere insieme tra i profumi e sapori quella misera umanità che ci contraddistingue.

Nel tempo del formaggio nostrano e della immancabile torta della festa già ci si sente pieni, nella pancia e nel cuore perché il tempo passa e ci metabolizza al prossimo incontro.

Le ossa agli animali, le carte nel camino, sull’acquaio sono impilati i piatti da lavare, sembra sempre così breve l’estate quando le strade ancora si dividono e si mescolano a scendere al paese.

 

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