01 Novembre 2017, 10.15
Valsabbia
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Buona e cattiva accoglienza

di Valerio Corradi

L’articolato progetto Sprar illustrato il 19 ottobre a Serle, promosso dal Comune e da attori della cooperazione sociale, fornisce l’occasione per riflettere su come fare “buona accoglienza”


Nell’opinione pubblica e sul piano politico, nei mesi scorsi, hanno suscitato accesi dibattiti alcuni casi di mala-gestione dei richiedenti asilo in provincia di Brescia.

Si pensi solo alle accuse di truffa allo Stato mosse ad alcuni imprenditori del settore, al caso di sovraffollamento della palazzina di via Bocchi a Brescia, e alla situazione critica di alcuni Centri di accoglienza straordinaria (Cas).

Si è ormai profilata una situazione nella quale l’urgenza di ridistribuire sul territorio i richiedenti asilo porta a optare per soluzioni “tampone” e di emergenza appoggiandosi alle strutture più disparate (Hotel, B&B, abitazioni private, residence, edifici pubblici in disuso, ecc.) e spesso ad affidarsi a soggetti fino a poco tempo prima estranei al campo dell’assistenza sociale.

Sotto il profilo gestionale, c’è poi da aggiungere che l’accoglienza si limita, a volte, a meri adempimenti formali connessi alla erogazione di servizi di alloggio, di pulizia, di pasti e di specifici beni.

La presenza di attori dalla limitata competenza da una parte e l’abbassamento della qualità degli interventi dall’altra, rischiano di gettare ombre sull’accoglienza in quanto tale, rinforzando una sua negativa rappresentazione solo in termini di “business” o di “spreco” di risorse pubbliche.

Serve allora puntare in maniera decisa sulla “buona accoglienza” fatta di trasparenza negli affidamenti, di oculata gestione dei finanziamenti e di garanzie per il rispetto degli standard di qualità dei servizi erogati.

Lontano dai riflettori, da tempo, alcune realtà del terzo settore anche valsabbino stanno promuovendo progetti che vanno in questa direzione, superando le criticità tipiche di strutture ripiegate su sé stesse e non in grado (per volontà o per limiti) di avviare collaborazioni col territorio e di sviluppare progetti d’inserimento sociale con positive ricadute per le comunità locali.

In questo quadro, è auspicabile che i futuri progetti pubblici di accoglienza sappiano premiare maggiormente le partnership sociali formate da realtà cooperative di comprovata esperienza e competenza e dai forti legami col territorio.


Commenti:
ID73984 - 02/11/2017 17:41:27 - (bob63) -

Caro Valerio,il problema immigrazione non funziona all'origine , figuriamoci alla fine del percorso,tutto un magna magna, sappiamo benissimo che l'80-90% di questi richiedenti asilo sono migranti economici dato che vengono da paesi non in guerra (buon x loro) e senza far la parte delle tre scimmie, bisognerebbe avere l'onestà di rimandarli a casa x poter accogliere e dare una vita dignitosa a chi veramente puo' definirsi profugo e richiedere regolare richiesta di asilo politico e distribuito in tutta Europa, x il resto sono tutte chiacchere inutili, e quale comprovata esperienza e competenza possono avere le cooperative locali x risolvere un marasma simile,marasma creato sicuramente x gestire risorse enormi senza nessun controllo, e dei profughi.. chi se ne frega, quelli a Anfo (x esempio) che futuro ha dato lo Stato?e in ogni caso potresti essere piu' specifico di quali progetti parli, ne sarei curioso, ulteriori servizi?

ID73985 - 02/11/2017 18:47:03 - (sonio.a) -

Ma perch gli iscritti e simpatizzanti pd non attuano la cosiddetta accoglienza diffusa ospitando nelle loro dimore questi presunti profughi?naturalmente vitto e alloggio fino a che non siano autosufficienti naturalmente!diano l'esempio loro...senno sono solo chiacchere!

ID73996 - 04/11/2017 16:59:01 - (Tc) - ...

i nostri pensionati frugano negli scarti dei mercati qualcosa da mettere sotto le dentiere se ne hanno e certi profughi/immigrati(online e' pieno di video in merito...) si lamentano del cibo,del perche'non hanno wi-fi e sigarette e dell'accoglienza in genere...vale proprio la pena allora accogliere?...

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