25 Febbraio 2009, 00.00
Gavardo
Il commiato

Il grande abbraccio a don Antonio

di Cesare Fumana

In tanti, anzi, in tantissimi hanno voluto dare l’ultimo saluto, nel pomeriggio di ieri, a don Antonio Andreassi: i soprapontini, i gavardesi, i suoi alpini.

In tanti, anzi, in tantissimi hanno voluto dare l’ultimo saluto, nel pomeriggio di ieri, a don Antonio Andreassi: i soprapontini, i gavardesi, i suoi alpini.
Tante persone si sono strette attorno alla bara per l’omaggio al sacerdote, all’amico, a un uomo che della semplicità ha fatto uno stile di vita. “Un uomo normale” lo ha definito don Armando Nolli, parroco di San Faustino in città, ma soprapontino doc, ma nello stesso tempo speciale.
La grande chiesa parrocchiale di Gavardo non riusciva a contenere tutta la gente, molti sono dovuti rimanere fuori, sul sagrato e nella piazza. Funerali solenni quelli di don Antonio: meritati, meritatissimi, lontani però dalle sue celebrazioni semplici e spartane. Ma era il giusto tributo a un uomo che ha significato tanto e per tanti anni per una comunità, quella di Sopraponte, quella di Gavardo, ma anche la sua seconda famiglia, quella degli alpini. E le Penne nere sono giunte da ogni angolo della provincia per tributare l’ultimo saluto al cappellano “andato avanti”: quelli della sezione “Monte Suello” di Salò, ma anche quelli delle altre sezioni di Brescia e Valle Camonica. L’intera navata centrale era coperta da due file dei gagliardetti dei gruppi, un centinaio, quasi fosse un’adunata. Poi il gonfalone del comune di Gavardo, le autorità, le bandiere delle associazioni combattentistiche.

A presiedere il solenne rito funebre, accompagnato dal cori parrocchiali di Gavardo e Sopraponte, è stato il vescovo di Brescia, mons. Luciano Monari, attorniato dai sacerdoti della zona pastorale XV e da quelli originari di Sopraponte. Nell’omelia il vescovo, prendendo spunto dal Vangelo, evidenziando la “chiesata” di gente presente, ha affermato che sicuramente la vita di don Antonio è stata ricca di rapporti e relazioni, nello spirito di servizio a tutti, rinunciando all’affermazione di sé, come dev’essere la vita di un sacerdote.

Al termine della messa ha preso la parola il sindaco di Gavardo, Gian Battista Tonni, per il saluto della comunità civile a un uomo che ha attraversato i drammi del Novecento e si è rimboccato le maniche, contribuendo alla rinascita di una comunità. «E i frutti del suo impegno sono visibili anche oggi – ha detto con commozione il sindaco -. Ma oltre a questo, resterà indelebile la sua umanità, il fatto che nella sua vita abbia messo al centro il prossimo, le persone in difficoltà. Questo è l’insegnamento che ci ha lasciato e per questo lo ringraziamo, coscienti di aver ricevuto un grande dono».
Ha voluto portare il suo saluto, interpretando il pensiero dei sacerdoti soprapontini, anche don Sandro Nolli, che ha ripercorso la biografi di don Antonio, mettendo il luce il suo dinamismo, l’attaccamento a Sopraponte e agli alpini, narrando alcuni aneddoti di questo pastore un po’ “anarchico”, senza dimenticare la sua capacità nella predicazione, semplice ma profonda. Ha voluto infine ringraziare i medici e il personale dell’ospedale di Gavardo che lo hanno curato con dedizione fino all’ultimo istante, senza dimenticare la signora Zita, la sua governante, che si è presa cura negli ultimi anni di don Antonio.
A nome della famiglia ha portato il suo saluto e il suo ringraziamento il nipote Paolo Andreassi, che usando le frasi e i modi di dire tipici di don Antonio ha commosso i presenti. Infine, a nome dei sacerdoti della zona, il parroco di Gavardo, don Giacomo, ha tracciato un penetrante ritratto di don Andreassi.

Terminata la funzione religiosa la bara è stata presa in consegna dagli alpini che l’anno collocata su un fusto di cannone spinto a mano, per un corteo che ha attraversato il ponte di Gavardo, è passato per la strada interna fino a Sopraponte, per giungere al cimitero.
Un corteo lunghissimo, con in testa la fanfara alpina di Gavardo, i bambini e gli insegnanti della scuola primaria di Sopraponte, le bandiere delle associazioni combattentistiche e d’arma, il gonfalone del comune scortato dal comandante della Polizia locale, poi una selva di penne nere, i vessilli delle tre sezioni bresciane, un centinaio di gagliardetti e tanti, tanti alpini.
Quindi la banda di Sopraponte, il parroco don Gianmario, il presidente della sezione Ana di Salò Fabio Pasini, il vicepresidente nazionale Sandro Rossi, poi gli alpini di Sopraponte che spingevano e attorniavano la bara. Dietro i parenti e ancora tanta gente.

Giunti al cimitero, dopo la preghiera, l’ultimo saluto degli alpini, il discorso del presidente Pasini, che ha ricordato alcuni aneddoti della sua frequentazione con don Antonio, poi la Preghiera dell’alpino, gli onori, con la tromba che ha intonato il silenzio.
È terminato così l’abbraccio a don Antonio, il ringraziamento di tante persone riconoscenti al sacerdote, al parroco, al cappellano, all’amico, a una persona di cui si sente già la mancanza.


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