Il filo rosso della memoria

29 gennaio 1945 ore 13.00
Qui, nel centro di Gavardo, nelle case addossate ai lati del fiume e del canale, le famiglie hanno terminato di pranzare. Operai e operaie hanno già raggiunto le fabbriche. Nelle cucine, attorno alle stufe e davanti ai focolari le donne, i bambini e i vecchi sono impegnati nel riordino o in conversazioni. Pochi i bambini che sono a giocare all’aperto. Fa freddo e sono scesi circa 20 centimetri di neve. Artigiani e commercianti, in attesa di riaprire le botteghe, giocano a carte, discutono di affari, bevono il caffè.

Il rumore cupo e costante dei bombardieri di passaggio non preoccupa nessuno perché vanno ogni mattino a bombardare le città tedesche e ritornano dopo pranzo sorvolando ad alta quota. Preoccupa maggiormente il rombo di caccia che hanno già bombardato  e mitragliato la Stazione il 1° dicembre, provocando danni e una decina di feriti e il giorno di Natale il ponte della ferrovia, senza colpirlo.

Pochi pensano che il ponte possa essere un obiettivo. È opinione comune che sia strategicamente insignificante e poi “basterebbe un giorno per ripristinare il passaggio, come è già successo al tempo di Garibaldi”. Alcune famiglie si sono trasferite dalle loro case vicine alla Ferrovia o ai depositi militari perché pensano di essere più al sicuro nel centro storico.

A mezzogiorno del 29 gennaio 1945 otto caccia P47 Thunderbolt sono decollati dalla base aerea di Grosseto per colpire un obiettivo, un ponte stradale nei pressi di Salò. Per i piloti americani è solo una delle decine di missioni assegnate.

Dopo meno di un’ora e mezza sono in vista di Gavardo e dopo una prima incursione con il mitragliamento di alcuni edifici, in particolare le scuole elementari sede del comando tedesco, ritornano sopra le colline e poi, in picchiata sul paese, sganciando 16 bombe. Colpiscono gli edifici a nord e  sud del ponte per una lunghezza di duecento metri. Il ponte, invece, rimane intatto.

L’orologio a parete della Canonica si ferma sulle 13.29
Il bombardamento, come sappiamo ha distrutto una buona parte del centro storico e provocato la morte di 52 persone tra i 18 mesi e i 77 anni di età e quattro sacerdoti. La maggioranza sono donne, le salme raccolte in file dentro la Chiesetta dei Disciplini che si trovava qui di fonte a noi.
Una tragedia che ha segnato profondamente il volto e il destino di Gavardo.

Mons. Ferretti il giorno dei funerali disse nel suo memorabile discorso: “Non ci sono parole capaci di rendere lo strazio delle famiglie più duramente colpite e ancora meno possono bastare le parole d’uomo a consolare tanto dolore”.

Gli alunni delle classi quinte della Scuola Primaria e gli studenti delle terze medie hanno incontrato e incontreranno gli ultimi due testimoni del Bombardamento di Gavardo del 29 gennaio 1945. Erano ragazzi, bambini, quando sono stati coinvolti a vario titolo in quella tragedia e hanno trasmesso ai bambini e ai ragazzi di oggi tracce di memoria viva, di emozioni, paure, dolore, ma anche solidarietà attiva.

Perché nella enorme tragedia i sopravvissuti sono intervenuti a mani nude nei soccorsi, si sono stretti intorno alle famiglie colpite con aiuti concreti e immediati.

È il filo rosso della memoria di questa nostra comunità che non dobbiamo mai interrompere.

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