Fonderie Mora, gli ex fornitori lanciano la sfida

I sindacati sorridono, ma anche la curatela non nasconde la soddisfazione per l’esito della vicenda. Certo, in questo caso non ci sono state azioni di protesta clamorose, nessun lavoratore si è arrampicato su una gru, ma ciascun attore ha lavorato sotto traccia per raggiungere l’obiettivo: salvare le Fonderie Fratelli Mora di Gavardo, impresa storica, con clienti prestigiosi in tutto il mondo (come Roll Royce Marine, Caterpillar, Ansaldo Energia e Siemens), che attualmente occupa 177 lavoratori. Come ha sottolineato Giovanni Rizzardi, commissario delegato dal Tribunale dopo l’ammissione dell’azienda al concordato preventivo, «la vera notizia è la salvaguardia dell’unità aziendale e dei posti di lavoro».

La salvezza da Venezia
Dopo le ferie d’agosto, con il 1° settembre la fonderia riprenderà regolarmente l’attività, sperando in un rilancio che passa attraverso la scommessa di due imprenditori: il modenese Maurizio Barone e il veneto Marco Salmini. Si tratta dei due titolari della società Castings di Venezia che, dopo l’operazione di affitto (finalizzato all’acquisizione) delle Fonderie Fratelli Mora, ha mutato la propria ragione sociale in Fonderie Mora Gavardo srl.
I due amministratori della newco hanno alla spalle una storia da fornitori della stessa fonderia; fino a due anni fa, infatti, operavano nel settore siderurgico, commercializzando materie prime. Gli imprenditori erano soci in una società che vendeva metallo in tutta Europa e che, come spiega lo stesso Barone, aveva tra i propri clienti proprio la famiglia Mora. I contatti sono proseguiti anche successivamente, fino alla formalizzazione dell’offerta nel momento più difficile della storia dell’impresa di Gavardo.
Maurizio Barone è socio anche in un’azienda editoriale con sede a Modena, mentre gli interessi imprenditoriali di Matteo Salmini spaziano dalla logistica, alla ceramica e all’edilizia.

Il ruolo del Tribunale
Senza soluzione di continuità, la fonderia continuerà la propria produzione, anche se il contesto societario è mutato. Dopo il via libera del giudice delegato (Raffaele Del Porto), è stato formalizzato il contratto di affitto. Barone e Salmini, in realtà, avrebbero preferito passare direttamente alla fase dell’acquisizione, ma il Tribunale e il curatore hanno preferito seguire la via dell’affitto finalizzato all’acquisto. Dopo l’assemblea dei creditori, prevista per il 22 settembre, sarà eventualmente possibile procedere all’acquisizione dell’azienda da parte della newco. Il curatore Rizzardi sottolinea il ruolo significativo avuto dal Tribunale, che ha agito pretendendo alcune garanzie che salvaguardassero i creditori, ma anche i livelli occupazionali. In effetti, prima dell’accordo con la Castings, altre trattative si erano concluse con un fallimento.
Ora Barone e Salmini hanno sviluppato la propria scommessa presentando un piano industriale ambizioso in tre anni, che prevede (anche se i dettagli non sono stati resi noti) il mantenimento dei livelli produttivi e un ritorno all’utile. Certo, sindacato e lavoratori sono consapevoli che sarà necessario passare attraverso una ristrutturazione, tanto che è già stato raggiunto l’accordo per un anno di cassa integrazione straordinaria, che sarà utilizzata, a partire dal 1° settembre, se l’attività non sarà ripresa a regime. La cigs, come spiega una nota della Fiom Cgil, è stata chiesta proprio per sostenere la realizzazione del piano industriale, mentre l’azienda ha già garantito il pagamento dell’anticipo ai lavoratori.
L’ingegner Giampaolo Mora, ex presidente di Assofond, resterà in azienda in questa fase di transizione, assumendo il ruolo di dirigente tecnico. Anche la famiglia, che ha gestito con successo la fase di crisi, ha messo al primo posto la vita dell’impresa e il mantenimento dei posti di lavoro.

Al concordato si è arrivati dopo un 2008 particolarmente difficile, chiuso con una perdita di 21,2 milioni di euro (il 2007 era stato invece archiviato con un pareggio di bilancio). I ricavi delle vendite hanno fruttato 27,8 milioni (26,5 nel 2007), ma il valore della produzione si è fermato a 23,3 milioni per effetto della svalutazione del magazzino. I costi della produzione hanno raggiunto quota 35,6 milioni, rendendo negativo il saldo per 12,3 milioni di euro. La perdita è stata determinata anche dall’eliminazione di poste di credito non più esigibili, con un onere complessivo di 7 milioni di euro. L’operazione è stata effettuata in vista di una possibile liquidazione volontaria, qualora non fossero andate a buon fine le trattative per mantenere in vita l’azienda. In questa stessa ottica, il Consiglio di amministrazione ha ritenuto opportuno non effettuare la rivalutazione del patrimonio immobiliare posseduto (rappresentato da terreni industriali pari a circa 60mila mq, di cui 30mila coperti).

Il rischio di chiudere un’altra azienda è stato corso sul serio, come evidenziato nella relazione sulla gestione allegata al bilancio. Ora l’impresa è pronta a ripartire, con la consapevolezza, tuttavia, che la crisi non è definitivamente alle spalle e che la riorganizzazione sarà inevitabile.

Guido Lombardi dal Giornale di Brescia

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