05 Dicembre 2008, 00.00
Vestone
«Gente Valsabbina»

Stasera l'incontro conclusivo

di Cesare Fumana

Con la presentazione della digitalizzazione del dattiloscritto del romanzo «Il sergente nella neve» e della tesi sul battaglione Vestone giunge a conclusione stasera la rassegna “Gente Valsabbina” ideata dalla biblioteca vestonese.

Giunge a conclusione questa sera la rassegna “Gente Valsabbina” che per tre venerdì di seguito ha dedicato attenzione allo scrittore Mario Rigoni Stern e al battaglione “Vestone”.

La serata è intitolata «Il sergente nella neve» e si terrà come le precedenti nella sala congressi dell’ex istituto scolastico «G. Cesare Abba» di via Pialorsi, a Vestone, a partire dalle 20.30.

Giancarlo Marchesi, presidente della biblioteca «Ugo Vaglia», illustrerà la digitalizzazione del prezioso dattiloscritto del romanzo, donato da Mario Rigoni Stern all’ente culturale valsabbino nell’autunno del 1977. Seguirà la presentazione della tesi di laurea di Stefano Corsini dedicata al «Battaglione Vestone dalle origini alla Seconda guerra mondiale».
Saranno inoltre proiettate alcune sue foto scattate sul fronte russo che lo scrittore asiaghese donò al dott. Mazzi, che a sua volta lasciò alla biblioteca. A quanti prenderanno parte alla serata sarà inoltre donato un segnalibro a ricordo di questo ciclo di incontri.

Per l’occasione è stato reso noto il discorso che lo scrittore avrebbe voluto leggere a Vestone in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria il 2 ottobre 1977, ma la commozione glielo impedì. Questo il testo che Rigoni Stern lasciò al Comune.

«E così ora posso chiamarvi "cari concittadini", in maniera ufficiale. Ma già nel lontano 1940, quando venni assegnato alla 55ª del "Vestone" mi sentii vostro compaesano perché una grande simpatia umana e fraterna subito mi legò agli alpini bresciani, tanto che ben presto imparai a capire e parlare il loro dialetto, a conoscerne le sfumature valligiane, ma soprattutto mi sentii legato dal destino a questa terra che non è la mia natale, e alla sua gente, come da un fato che segnò poi per sempre la mia vita.
Erano gli anni bui, quando il fantasma orribile della guerra nazifascista percorreva l’Europa seminando morte e distruzione. Insieme ci trovammo sul Fronte Occidentale dove entrammo per la prima volta in contatto con l’amara realtà e dove il battaglione "Vestone" lasciò i primi Caduti; poi vennero le montagne della Grecia e dell’Albania coperte di freddo e di miseria. Quanti nostri fratelli sono rimasti sulle nevi del "Valamare" e del "Guri i Topit" nell’inverno tra il 1940 e il 1941, quando chi comandava a Roma, stando al caldo diceva che il freddo, la neve, le sofferenze avrebbero fortificata la mediocre razza italiana? E venne il Fronte dell’Est, la Russia sterminata dove milioni di uomini giocavano il destino dell’umanità tutta. Il 1° Settembre 1942, e dopo, i caposaldi sul Don, la sacca, il ritorno dei sopravvissuti. Ma non era ancora finita perché altre sofferenze e pene ci attendevano. Restammo in pochi, troppo pochi, e nelle valli e nei paesi delle Alpi le case restavano vuote, i silenzi erano grandi, le madri aspettavano passando nelle mani i grani del rosario come le giornate senza luce, noi pochi sopravvissuti non volevamo parlare e non cercavamo nessuno.
Ma poi la vita riprese la sua forza, incominciammo a cercarci, a scriverci. Ci ritrovammo qualche volta, ma sempre i silenzi erano più delle parole. Avevo dei fogli scritti dove avevo fermato il tempo del "Vestone"; fortunosamente salvati e fortunosamente pubblicati fecero sapere quello che gli alpini bresciani del "Vistù" fecero allora. Uno potrebbe chiamare il caso, un altro la fatalità o il destino, o la provvidenza quella che è stata la mia testimonianza: io semplicemente penso che sono stati loro, i miei compagni a farmi muovere la mano per scrivere; la loro amicizia è stata come un impegno per "far sapere a tutti" ma più ancora per raccontare la loro storia a quelli che li aspettavano invano e perché il loro sacrificio diventasse olocausto di pace tra tutti gli uomini.
Mi avete fatto cittadino di Vestone, compaesano vostro; della città che diede il nome al battaglione dove prestai servizio per 5 anni. Questo mi onora e mi commuove nel tremendo ricordo, ma sono felice anche perché mi permette di chiamarvi compaesani. Ma più di tutto compaesano dei tanti alpini che non sono tornati a baita e dei pochi compagni che ricordano in silenzio».

In foto Mario Rigoni Stern, con il sindaco Renato Ghidinelli, ringrazia per la cittadinanza onoraria, il 2 ottobre 1977


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