31 Gennaio 2018, 10.35
Gavardo
Giornata della Memoria

«Il mio modo per cambiare un po' il mondo»

di Fabio Borghese

Il racconto emozionante della storia di Nedo Fiano, portato in scena dal gavardese Emanuele Turelli, ha già coinvolto 4000 spettatori in 15 date e il prossimo fine settimana raggiungerà la replica numero 100


Il racconto di storytelling
“Il coraggio di vivere, la storia vera di Nedo Fiano” ha già totalizzato, nelle prime 15 date di tour, ben 4 mila spettatori e si avvia a concludere la stagione della Memoria, con un altro bagno di folla: 300 spettatori venerdì 2 febbraio a Brescia (pubblico scolastico) e altri 400 nelle due repliche previste a Angolo Terme (sabato 03 febbraio, ore 10 e ore 21). L’ultima data di questo tour coinciderà con la replica numero 100 di questo racconto, in dieci stagioni e 9 anni di cartellone Violet Moon, l’associazione che ne detiene i diritti. In tutto, sabato sera, avrà superato abbondantemente i 22 mila spettatori.

Il lavoro dello storyteller gavardese Emanuele Turelli (con la regia e il coordinamento tecnico/scenico di Claudio Cominardi), dimostra ancora una volta la grande presa sul pubblico di questa storia: quella del giovanissimo Nedo, ebreo fiorentino privato dai diritti civili da bambino e poi della libertà personale appena diciottenne con la deportazione a Fossoli, poi Auschwitz, poi altri 5 campi di sterminio/concentramento, prima della liberazione, per lui avvenuta a Buchenwald, l’11 aprile 1945 ad opera delle truppe americane.

In quei sette campi dell’orrore nazifascista, Nedo vedrà cadere, come fiori recisi, tutti i componenti della sua più intima sfera affettiva: il fratello Enzo e il nipote, l’amata madre Nella (sulla “banchina” di arrivo a Birkenau, dopo un ultimo, struggente abbraccio con il figlio), il padre e la nonna, a distanza di poche settimane e gli amici più cari, nel campo di Stutthof, nella regione di Danzica, e in quello di Stoccarda, dove perse l’unico amico che gli era rimasto: Cesare Terracina, fratello di Piero, uno dei sopravvissuti della shoah, più attivi nel tenere viva la memoria di questi terribili accadimenti.

Proprio come Nedo, divenuto dopo la guerra manager e poi scrittore/testimone della shoah, autore del romanzo autobiografico “Il coraggio di Vivere” dal quale Turelli ha tratto il suo racconto. Ma nel lavoro dello storyteller ci sono anche immagini documentaristiche originali, colonne sonore appositamente composte e intensità di passaggi narrativi che hanno costruito la fortuna di questo racconto permettendogli di restare un “evergreen” della Memoria.

“Dopo un numero così importante di date, non mi sono ancora abituato a vedere gli occhi rigati dalle lacrime di centinaia di ragazzini ed adulti – confida Turelli -; ogni volta mi colpiscono la presa di questa storia e la grande portata del messaggio che la vita di Nedo fa emergere. È la magia del mio modo di intendere il teatro: come veicolo di messaggi grandi, capaci di trasformare il male più cupo nella speranza e nel desiderio di pace e fratellanza”.

Una consapevolezza
che Turelli dice di “non avere mai immaginato all’inizio di questa avventura, ma cresciuta e rafforzatasi poco a poco, teatro dopo teatro, palco dopo palco”. Con un significato che trascende l’arte: “Non faccio questo mestiere soltanto perché mi piace e perché adoro salire su un palco e condurre le persone nelle mie storie, ma lo faccio soprattutto perché sono convinto che questo sia il mio modo per cambiare un po’ il mondo. Lancio messaggi pesanti alle coscienze dei miei spettatori e rendermi conto che oltre 22 mila persone in così pochi anni hanno potuto valutare il messaggio di fratellanza che emerge da questa storia, mi convince sempre di più di come l’arte sia uno strumento devastante per contribuire alla crescita delle comunità”.

Il tour,
che gode dell’appoggio di Phoenix Informatica SRL, si concluderà dunque fra pochissimi giorni: “18 date in 20 giorni… è stato faticoso quanto emozionante, mi ricorderò sempre dei 1500 spettatori in un solo giorno (Salò, 26 gennaio), oppure dei tantissimi ragazzi che ho visto commuoversi, oppure ancora, dei complimenti sinceri di decine di insegnanti. È la magia dello storytelling: raccontare emozionando”.


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