17 Agosto 2016, 08.45
Gavardo
Qui Avis

Sì viaggiare, evitando le buche più dure...

di John Comini

Quarta tappa del pellegrinaggio in bici dell’Avis Gavardo verso Roma. Si parte da Empoli, si passa per Certaldo


A Certaldo ci vorrebbe del tempo per visitare il luogo dov’è nato e morto Giovanni Boccaccio, uno dei maggiori narratori europei, il celeberrimo autore del “Decamerone”.
Come si sa, vi si narra di un gruppo di giovani che fuggono dalla peste in Firenze e trascorrono il tempo raccontandosi delle novelle, a volte anche licenziose.

Ma pure boccaccesche sono le barzellette
raccontate ieri sera a cena dal Ciba e dall’Ivo, che a turno hanno fatto scompisciare dal ridere la tribù dei viaggiatori.
Solo l’Ilario è riuscito a raccontarne una non “boccaccesca”… Lo stesso Ilario ha un navigatore satellitare davvero eccellente e giunge sempre tranquillo alla méta, mentre ieri il Valter ha rischiato di perdersi nelle strade della Toscana, anche se da esperto latin lover avrebbe trovato alloggio ed affetto…

Dopo i 120 km della prima tappa
, i 120 della seconda e i 101 della terza, oggi giornata di relax (si fa per dire) con “soli” 60 km di leggeri saliscendi. Il paesaggio è a dir poco mozzafiato.

“Quanto verde tutto intorno e ancor più in là/ sembra quasi un mare l’erba/e leggero il mio pensiero vola e va/ ho quasi paura che si perda
…” La splendida canzone della PFM, Impressioni di settembre, mi risuona con nostalgia mentre osserviamo la campagna toscana, di una bellezza commovente.
Prati, filari di viti, campi di girasole, tutto è perfetto, tutto è bellezza, sembra che la natura abbia creato qui il suo mosaico più riuscito.

Ma non basta: giungiamo in quel capolavoro architettonico che è San Gimignano, con il magico profilo delle torri, uno dei luoghi che personalmente metterei in Paradiso. Per la caratteristica architettura medioevale del suo centro storico è stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’umanità.
Il furgone l’abbiamo lasciato (non senza fatica per il passaggio molto ristretto del parcheggio) ai piedi della collina, e poi i furgonauti sono saliti verso la città, che un tempo si trovava su una delle direttrici della via Francigena.

All’interno delle mura, ci immergiamo in una moltitudine di turisti che sfilano tra negozi d’arte, musei della tortura (sic) e gelaterie, dopo aver attraversato Porta San Giovanni.

Tra parentesi: nei 20 della comitiva ci sono ben 5 Giovanni: il dottor Gianni Filippini, “Giovi” Taraborelli, il dottor Giovanni Damiata, “Cama” Giovanni e il sottoscritto John. Chiusa la parentesi.

Osserviamo la piazza, le torri svettanti (un tempo erano 72, oggi se ne contano 16): qualcuno ha chiamato San Gemignano “La Manhattan del medioevo”, ma io preferisco la “nostra”.
Nel 1300 il Comune ebbe l’onore di ospitare Dante Alighieri come ambasciatore, e questo mi fa innamorare ancor di più della città.
Visitiamo la Chiesa Collegiata, detta comunemente il Duomo, ricca di opere stupende di numerosi maestri, chiamati dagli ordini religiosi ad abbellire i propri possedimenti.
Pare che molte famiglie nobili di quel tempo fossero dedite a prestar soldi ad usura, e prima di morire molti elargissero i denari alle opere religiose. Cosa non si farebbe per avere il “pass” per il Paradiso…

Visitiamo la Torre e la Casa Campatelli, un palazzo settecentesco che ricostruisce (grazie al FAI e attraverso arredi e cimeli) le memorie e l’atmosfera di una tipica famiglia toscana d’altri tempi.

Finalmente giungono i ciclisti,
come sempre allegri ed entusiasti nonostante la fatica.
Quando arrivano, si scatena nella piazza medievale una serie di frasi, grida, discussioni “alla bresciana” che subito attira l’attenzione delle centinaia di turisti. I magnifici 15 si accampano accanto ad un ristorante-pizzeria, ma non osano fare ordinazioni, memori della lentezza da bradipo (con tutto il rispetto per il bradipo) dei camerieri di Lucca.
Va bene l’elogio della lentezza, ma ieri si è esagerato! E allora tutti ad accontentarsi di un rifornimento al volo, un panino, una birra e poi via sui pedali, con le splendenti maglie dell’Avis in bella mostra…

Pochi chilometri e si va verso l’albergo a Poggibonsi, c’è il sole ed il paesaggio è una sinfonia di colori.
Difficile chiedere di più dalla vita. Giornata tranquilla, quindi.

La vera avventura? Cercare l’Hotel Alcide, un viaggio che sai quando parti ma non sai quando puoi tornare. Infatti il satellitare del furgone dava un’indicazione, quello del dottor Gianni un’altra, alla fine, mentre la tensione cresceva, io che sudavo e la dolcezza della Toscana andava a farsi benedire, abbiamo dovuto chiedere ad alcune persone per giungere all’Hotel, dove ovviamente ci attendevano felici e beati (qui l’espressione è ironica) i ciclisti che dovevano ancora scaricare armi e bagagli (poi sarebbero andati alla ricerca di una lavanderia a gettoni).

E qui sono costretto ad aprire un’altra parentesi.

Dovete sapere che il sottoscritto, ogni volta che parte per un viaggio, per alcuni giorni ha un problema diciamo così “interno”.
La cosa non sarebbe interessante in questa cronaca, se non ché –non so per quale voce di corridoio o “talpa”- qualcuno del gruppo è venuto a saperlo.

Ora, uno si aspetterebbe che delle belle persone, iscritte all’Avis da tempo, che donano volontariamente, gratuitamente, periodicamente e anonimamente il proprio sangue…delle belle persone, dicevo, che hanno stampato sulla maglia “Io dono non so per chi ma so perché”…delle belle persone, aggiungo, che sono anche ottimi genitori, padri di famiglia esemplari, uomini di assoluta fiducia e di grande altruismo… ecco, uno si aspetterebbe una solidarietà fatta –anche se non di vicinanza…- di silenzio e di conforto.

Invece appena hanno saputo di quel mio problema, hanno iniziato fin dal primo giorno a cantarmi delle melodie a dir poco boccaccesche, a chiedermi (in pieno centro delle città d’arte!) se avessi fatto quel che dovevo fare e se avessi avuto bisogno di un aspiratore o quantomeno di un cavatappi. Ecco, io proprio no so dove andremo a finire.
E comunque tranquilli, il mio problema dopo tre giorni l’ho risolto, tra il gaudio sarcastico di quelle bravissime persone. “Gaudeamu igitur, juvenes NON sumus”.

Ma permettetemi di liberarmi anche da questo argomento… Arturo ed Antenore ieri mi hanno rammentato che siamo passati da Montemagno di Camaiore, dove viveva Giorgio Gaber, in una bella villa isolata, e dove scriveva le sue bellissime e “vere” canzoni. Ciao, grande “Signor G”, chissà come ci vedi da lassù!

Mi scusi Presidente/ ma forse noi italiani/ per gli altri siamo solo/ spaghetti e mandolini./ Allora qui mi incazzo/ son fiero e me ne vanto/ gli sbatto sulla faccia/
cos'è il Rinascimento. /Io non mi sento italiano/ ma per fortuna o purtroppo lo sono./ Questo bel Paese/ forse è poco saggio/ ha le idee confuse/ ma se fossi nato in altri luoghi/ poteva andarmi peggio.”


Domani (mercoledì ndr) si passa da Siena e si va a Brunello di Montalcino…Ne vedremo delle belle (almeno così spera il Valter)

John Comini

Le foto sono di Antenore Taraborelli e soci
Qui tutte le tappe



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