16 Aprile 2011, 08.00
Preseglie
Presentazione libri

“Il garibaldino nella foto”

di red.

Pino Greco fornisce una recensione dell’ultimo libro di Maurizio Abastanotti e una particolare chiave di lettura. Il libro sarŕ presentato domenica pomeriggio a Preseglie seguito dallo spettacolo “Wanted Garibaldi”.

Sta riscuotendo un particolare successo il libro “Il garibaldino nella foto” di Maurizio Abastanotti tanto che si è dovuti ricorrere a una seconda ristampa.
Il libro sarà presentato questa domenica pomeriggio alle 16.30 a Preseglie, a cui seguirà lo spettacolo del Teatro Poetico di Gavardo “Wanted Garibaldi”. Pino Greco ha fornito una recensione del libro con una particolare chiave di lettura. La pubblichiamo integralmente.


“Polenta e fritada, föc à la disperada”.
Eccola rivelata, dalle prime righe, la chiave di lettura del tuo libro, caro Mauro.

Un buon detto antico che rimanda a caligini e bagliori concitati, a famiglie stipate in ricoveri provvidenziali e invariabilmente precari, a robusti appetiti angustiati dalle fatiche e dalle mortificazioni di una condizione servile.
Praticamente il tuo substrato identitario. Lo stigma inconfutabile che, in tanti anni, ho imparato a riconoscere nei volti e nelle storie di una certa Valsabbia. Quella che ha sopportato l’avarizia della terra e l’arroganza dei “patrù” di turno con la tenacia rassegnata di chi possedeva solo le braccia per crescere la famiglia.

La storia ha poi trovato i nomi giusti per certe pulsioni represse: ribelle, anarchico, socialista, sovversivo… ma, per i tanti contadini piegati sulle zolle dall’alba al tramonto e gravati da un’istruzione malferma, l’unica aspirazione consapevole era la ricerca di una qualche dignità personale e, magari, di una giustizia riparatrice.

Per il nostro Carlo Tebaldini, garibaldì di Soprazocco, la sorte aveva invece apparecchiato un storia diversa. Sì, proprio quella storia che tu hai reinventato con passione e accuratezza, dopo una ricerca rigorosa delle fonti. Scartabellando fra archivi e retaggi della memoria collettiva. Così, sullo sfondo delle guerre di indipendenza, fra gli echi delle battaglie leggendarie di Solferino, San Martino, Custoza e Bezzecca, si materializza il protagonismo genuino e scaltro di una giovanissima recluta che non aveva esitato a infrangere i severi divieti del padre e le suppliche di una madre in lacrime, pur di marciare accanto al suo Mito.

Giuseppe Garibaldi si era guadagnato una fama planetaria con le sue imprese favorite dall’ardimento, sollecitate da aneliti di giustizia e libertà, immuni da ambizioni e interessi personali. Ma i parametri della truppa erano più alla buona. Il Generale non era mai stanco. Il Generale dormiva per terra e mangiava il rancio dei soldati. Il Generale compariva spesso fra i suoi uomini e quando eri in difficoltà te lo ritrovavi dietro a rassicurare e a pungolare. Garibaldi era così entrato nel cuore e nella pancia delle sue camicie rosse semplicemente proponendosi nella quotidianità spicciola, nella condivisione delle difficoltà e dei sacrifici ascritti alla generalità della truppa.

Un esempio virtuoso. Prima di tutto. Ecco cos’era il Generale per i suoi e anche per coloro che non marciavano ai suoi ordini, ma erano pronti a gesti memorabili pur di assecondarne le urgenze. Vedi il ponte di Gaart sbriciolato dagli austriaci e ricostruito in un solo giorno, con quella solerzia geniale perdurante da sempre nel DNA di una certa valsabbinità.

Nella ricostruzione dell’episodio in questione non è difficile cogliere un qualche compiacimento da parte dell’autore. Non poteva essere altrimenti. Già, perché l’identificazione autore-protagonista, pur dissimulata con lo scrupolo dello storico divulgatore, riemerge limpida ogni volta che Carlo el garibaldì gira lo sguardo intorno ed elabora congetture e riflessioni.

La terra e la mezzadria, la patria e lo straniero, le requisizioni degli eserciti in transito e le gabelle dopo la vittoria, la disciplina dei soldati e lo smarrimento di certi comandanti, le illusioni dei contadini meridionali e la repressione del brigantaggio. Ma anche la famiglia che si forma, i San Martì che scombinano abitudini e rapporti umani, l’impatto con le nuove generazioni, l’affidamento dei bambini alla ruota, i preti bacchettoni, le perversioni del Conte Gigli…

Ecco, quando l’osservazione si ritrae dai campi di battaglia e l’incombenza demiurgica del Generale si defila dal proscenio, riprende consistenza il Maurizio-autore. Lo fa con la puntigliosa rivisitazione di eventi emblematici di contesti sociali e culturali assolutamente familiari. Tutti decrittati con la semplicità didascalica del pedagogo di antica consuetudine. Del Signor Maestro di scuola elementare.

Ma lo fa, soprattutto, con una splendida generosità di cuore ma anche di testa. Una generosità tanto più ammirevole proprio perché pertinente, incisiva,ordinata e intelligente. Da vecchio, inguaribile socialista. Appunto.

Pino Greco



Commenti:
ID8628 - 16/04/2011 18:48:31 - (Aldo Vaglia) -

Ciao Pino, sei tornato con l'indipendentista e separatista Nizzardo eroe dei due mondi. Pensa un po' che qualcuno vorrebbe cambiare la storia e sostituirlo, magari, con qualche Italo Balbo di turno. Non potrebbero accontentarsi di cambiare le barzellette. Le ultime due, quelle della mela e dello champagne, facevano proprio schifo.

ID8629 - 16/04/2011 19:22:40 - (Elena Bugatti) - Sono in sintonia con i signor Vaglia

E' molto triste pensare che la gente non crede più alle azioni fatte con il cuore.. Garibaldi è un esempio di spontaneità e di limpidezza con tutte le sue contraddizioni e con tutti i suoi errori.Nel 2011 vi è spesso il bisogno di emulare coloro che sono bravi, perchè arrivati al potere senza guardare in faccia nessuno. E quelli che lo fanno con disinteresse...non vengono più creduti. Sarà pur di qualcuno la responsabilità d'aver fatto credere che tutti sono uguali ed allora liberi tutti. Si può tutto, anche calpestare la dignità umana. E mi fermo qui.

ID8651 - 17/04/2011 17:09:06 - (sonia.c) -

vi prego signora elena e signor vaglia non fermatevi ! abbiamo bisogno delle vostre parole ,cosi ben espresse !

ID8656 - 17/04/2011 17:58:24 - (sonia.c) - la banalità del male!

roma: la titolare di un negozio picchia selvaggiamente una commessa ,gridando :non mi fanno pena neanche i cani! io mi inchino solo al DUCE!! no! il fascismo non è un partito come un'altro.......è sempre la stessa faccia "banale" del male............affascina i giovani dandogli una illusione di arrogante potere! sempre la vecchia storia...........

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