Insuccessi a scuola. Dagli inciampi al fallimento
È cominciata da poco la scuola e come ogni anno, emergono già preoccupazioni e paure. Gli studenti temono i voti negativi e i genitori gli insuccessi dei figli che, di solito, vivono come fallimenti. Li sentono insopportabili, quasi fossero i propri, perché si identificano totalmente con loro e temono, fuori luogo, che gli inciampi siano una catastrofe
Certo per le conseguenze che producono sono sempre temibili le cadute, ma quando avvengono serve sviluppare autoconsapevolezza per capire l’errore e prevenire altre sconfitte. Una bocciatura e la perdita di un anno di studio recano dolore e delusione cocente, ma in genere sono fuori luogo le lamentele dei genitori contro la scuola che boccia e ancor più la rabbia verso i professori ingiusti “incapaci di valutare”.
Un insuccesso a scuola ha motivazioni diverse, ma spesso è la conseguenza di uno scarso impegno dello studente che va sempre discusso con l’interessato anche fosse bambino perché si tratta di educare al senso di responsabilità e all’autoconsapevolezza.
Gli adulti sono incaricati di sostenere i compiti evolutivi dell’adolescente e hanno il dovere di fornire un mix equilibrato di gratificazioni e frustrazioni. Diventar grandi vuol dire misurarsi con se stessi e con gli altri e saper riconoscere gli errori, i propri limiti ma poi saper tener botta e resistere nelle difficoltà.
Se manca la perseveranza è perché gli adulti di riferimento, carenti di autorevolezza e di reale presenza affettiva, hanno omesso di aiutare i minori a comprendere gli inciampi e non hanno valorizzato a sufficienza lo sforzo per rialzarsi e rimettersi in pista. Conta invece la resilienza.
Tutti naturalmente, temono gli insuccessi, dai voti negativi alle bocciature che sono esperienze faticose, eppure a volte necessarie per crescere, ma solo insegniamo come ci si rialza e come riprendere il cammino anche dopo una battuta di arresto e una retrocessione demotivante.
Ai genitori compete il compito di accettare l’insuccesso dei figli che non vuol dire minimizzare il fallimento, tantomeno premiarlo, quanto piuttosto sostenere la fatica dell’inciampo e aprire un dialogo e un confronto sul valore degli errori e educare alla resilienza che è capacità di tener duro e non gettare subito la spugna.
Ricordo le mie bocciature alle medie e al liceo come spaventosi momenti di totale fallimento che hanno fatto soffrire me e i miei, ma ho presente anche quanto mi sono servite quelle batoste.
Ho in mente però che ad ogni caduta non ricevevo medaglie dai miei ma nemmeno avevano proteste per la scuola che non mi riconosceva abile. Lo sguardo severo e di riprovazione di mia madre si aggiungeva alla valutazione negativa degli insegnanti. Non si opponeva al loro giudizio ma lo condivideva e, rivolta a me, insisteva nella richiesta di tener duro e non scappare, di resistere e ricominciare da capo.
A distanza di tempo, studiando il pensiero di Carl G. Jung, ho capito il significato della sua metafora sul retrocedere e il regredire. Sosteneva che quando si inciampa e si cade o quando c’è in ballo un cambiamento importante, serve fermarsi e tornare indietro, perché è necessario prendere la rincorsa per saltare un fosso.
Giuseppe Maiolo
Psicoanalista
Università di Trento