Il coraggio di educare l’adolescenza di oggi
Di questi tempi crescere non è per nulla semplice. Lo tsunami di cambiamenti che si vivono in adolescenza, richiede, energia, perseveranza, pazienza. E coraggio
Un’età come questa, appesa ai mutamenti, che oggi viaggia ad una velocità impressionante ed è al contempo precoce e lunga, quasi infinita, lontana dai traguardi e spesso travolta da un mondo caotico e sregolato, ha bisogno di presenze regolatrici, di segnaletica e confini. Invece si ritrova confusa e sola, attorniata da guerre vicine, massacri e genocidio.
Ma anche gli adulti di riferimento, quelli che contano nel bollettino di marcia e dovrebbero sapere le rotte possibili, vivono le fatiche di un mondo travolto da un’incertezza planetaria. Il paradosso è che l’età dei mutamenti continui, allo stesso tempo ha bisogno di sicurezze, stabilità e coerenza. Cose invece sbiadite o lontane che si accompagnano alla sfiducia e a relazioni povere o sorde.
Tutto è più difficile in questo momento dove la navigazione sembra non avere mappe utili a individuare ostacoli e possibili approdi. Gli adolescenti, appunto, impauriti dal giudizio di vulnerabilità, si spacciano per forti e spavaldi, quando non prepotenti. Oppure, per far fronte alla solitudine, fuggono e si ritirano ancora di più.
I grandi non rassicurano, piuttosto si assentano o minimizzano la pericolosità del male e la banalità della violenza. I due mondi spesso non si toccano né si incontrano, le distanze restano impensabili, i silenzi assordanti. Del resto serve poco o nulla rispondere alla tristezza e alla sfiducia con “Domani andrà meglio”. Non è questo il coraggio che necessita, perché non può bastare una vaga e improbabile promessa a sciogliere il dolore mentale che invece si aggiunge al male diffuso di un mondo incomprensibile.
Un adolescente in questo tempo sconvolto ha bisogno di riconoscere Il suo malessere e farlo venir fuori. E non può accadere senza che qualcuno chieda “Come stai dentro?” o “Cosa provi a vedere quello che succede?”
Sembra ovvio un tale pensare, ma non lo è. Non lo è a casa e nemmeno a scuola dove gli adulti si incontrano con gli adolescenti, spesso senza dialogo. Per parlare con loro non c’è bisogno di avere risposte pronte, quanto di ascolto, di sguardi attenti e del coraggio di fare domande, e ancora domande per aprire interrogativi e “dissodare” la mente, che vuol dire preparare a un pensiero autonomo e critico.
Il coraggio dell’educare sta nel sentirsi punto di riferimento, non esperti di tutto ma facilitatori di un processo complesso come è il crescere in questo tempo debordante di contraddizioni.
Richiede coraggio l’essere adulti capaci di accettare le fragilità di un’età incerta e saperla condividere, non negare.
È coraggiosa l’educazione che sa davvero ascoltare quel dolore dentro ogni crescita perché la accoglie senza giudicare e si avvicina al mondo di chi fatica per diventare adulto. E c’è bisogno anche di coraggio per costruire con empatia uno spazio di sicurezza in cui un adolescente può riconoscersi ed essere sé stesso pur con le sue parti fragili e gracili.
Giuseppe Maiolo
Psicoanalista
Università di Trento