Car surfing. Una sfida assurda, pericolosa e mortale
Quando leggi di un gruppetto di giovani tra i 18 e i 24 anni, decisamente adolescenti, che in Val Camonica al mattino presto e dopo una notte di baldorie, si mettono a correre in auto e ci scappa un incidente grave, pensi che a quell’età sono incoscienti e non pensano ai rischi
Se poi ti dicono che per divertirsi quel gruppetto stava facendo un gioco chiamato “Car surfing” dove uno di loro è salito sul tetto dell’auto e, per motivi ancora da verificare ha perso l’equilibrio e si è sfracellato sull’asfalto, credi sia una pazzia giovanile o, come scrivono alcuni giornali, un gioco folle e una bravata giovanile.
Invece niente di tutto questo. I protagonisti non sono matti, il gioco non è un gioco e la bravata è un modo stupido di usare le parole senza riflettere su cosa veramente vogliano dire. Quel gesto non è qualcosa di buono e chi lo ha compiuto, visto il risultato, non è affatto bravo. Penso che andrebbe abolita la parola “bravata” o ritirata dal linguaggio corrente.
Il Car surfing è piuttosto una challenge assurda e una sfida di moda tra le ultime generazioni con cui si vuol provare l’ebrezza del rischio. Molto simile al Train surfing, (star in piedi sul tetto di un treno) verifica l’abilità dello stare in equilibrio su un veicolo in corsa. La dinamica assomiglia ad altre sfide pericolose come il “Planking” (sdraiarsi sull’asfalto di una strada trafficata) o il “Balconing” (saltare da un balcone all’altro) che vanno oltre il limite della sicurezza personale e su cui torneremo.
La sfida “divertente” (si fa per dire) conta se qualcuno ne fa un video e lo posta subito in rete, sui social. Non è una cosa nuova, c’è sempre stata in adolescenza l’esigenza di far vedere, a tutti che sono cresciuto e non sono più un bambino, ma un uomo coraggioso.
Ma nell’epoca in cui, dicono le neuroscienze, l’adolescenza non termina prima dei 24/25 anni in quanto le aree cerebrali dell’autocontrollo maturano per ultime, la costruzione della propria identità si allunga. È questo il motivo per cui gli adolescenti di oggi hanno una maggiore esigenza di provare sensazioni forti e far vedere la forza e l’invulnerabilità come esibizione dell’adultità. Ai nuovi giovani del resto, famiglia e scuola chiedono in continuazione di competere, primeggiare e anche di essere perfetti.
La trasgressione all’autorità e alle regole, tipica di questa fase della vita, oggi è inesistente più che altro per la carenza di adulti normativi. Le challenge estreme, pericolose per l’incolumità personale e altrui, ma in aumento, servono per ottenere popolarità, apprezzamenti e sostegno dal gruppo di appartenenza.
Con i pari fanno sentire più forti e aiutano a combattere la solitudine e la noia. Fanno controllare l’ansia generata da relazioni difficili e sempre più conflittuali, consentono di gestire il dolore mentale e quei gesti autolesivi con cui si attacca il corpo con particolare violenza e si regolano, a quell’età, regolare le emozioni derivanti da esperienze negative della crescita. Agli adulti di riferimento compete il dovere di sorvegliare e proteggere, ma soprattutto mettere limiti e confini.
Prof. GIUSEPPE MAIOLO
psicoanalista e giornalista
Doc. Psicologia delle età della vita – Università di Trento
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