Salò, cinquant’anni dopo: il testamento ancora irrisolto di Pasolini
A mezzo secolo dalla prima proiezione parigina, l’ultimo film di Pasolini continua a interrogare il nostro tempo con la forza della sua denuncia sul potere, sulla violenza e sulla mercificazione dell’uomo
Il Testamento Mai Chiarito: I 50 Anni di Salò di Pasolini, a Partire da Quella Prima a Parigi
Il 2025 segna il cinquantenario di un'opera che non è solo un film, ma una ferita ancora aperta nella storia culturale italiana e internazionale: Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini.
Un anniversario che si intreccia inevitabilmente con la tragedia del suo autore, assassinato nella notte tra l'1 e il 2 novembre 1975 all'Idroscalo di Ostia in circostanze che, a distanza di cinquant'anni, rimangono avvolte nel mistero e continuano a chiedere giustizia.
La prima proiezione pubblica di Salò non avvenne in Italia, ma a Parigi, dove il film venne accolto in un clima che amplificò l'aura profetica e testamentaria dell'opera.
Solo ventuno giorni dopo il brutale omicidio di Pasolini, il suo ultimo, sconvolgente lavoro – ispirato al Marchese de Sade e ambientato nella Repubblica di Salò – fu presentato al Festival del Cinema di Parigi.
L’assenza del regista, figura titanica e polemica, trasformò l’evento parigino in un momento di commiato e di riflessione sul suo lascito intellettuale.
Montato postumo, il film arrivò sullo schermo carico del peso di una morte misteriosa e irrisolta, segnando un punto di non ritorno nella carriera di Pasolini e nella sua lotta contro il sistema.
In Italia, il dibattito sul film fu subito intriso di morbosità, legato non solo alla violenza delle immagini, ma anche alla morte del regista e alla censura che il film avrebbe dovuto affrontare (l’uscita nelle sale italiane avvenne solo nel gennaio 1976).
Al contrario, in Francia la critica accolse l’opera con maggiore lucidità, riconoscendo in Salò non un semplice atto di sadismo, ma un incisivo pamphlet politico e morale.
Come commentò Alberto Moravia, presente alla proiezione, Salò non era un film sadico, ma una riflessione profonda sull’opera del Marchese de Sade, focalizzando l’attenzione sul messaggio e non solo sulla violenza esplicita.
Salò è infatti un'allegoria spietata del potere che si fa merce e del corpo ridotto a oggetto di consumo.
Pasolini trasferisce l’orgia di violenza e degradazione di Sade nel contesto della Repubblica Sociale Italiana (RSI), dove i quattro "Signori" non sono solo aguzzini, ma incarnano la logica di un potere borghese, economico e politico che consuma senza pietà l’identità umana.
La ripetizione ossessiva dei riti di degradazione, il cinismo glaciale della messa in scena e la condanna inappellabile del regista al mondo che stava emergendo – quello della società dei consumi e della massificazione – conferiscono al film un'urgenza e una potenza che lo rendono un'ultima, disperata denuncia.
A cinquant'anni di distanza, la forza disturbante di Salò non è diminuita.
La sua critica al capitalismo nascente e alla sua capacità di trasfigurare ogni forma di trasgressione e abuso in prodotto commerciabile sembra oggi ancora più profetica, nell'epoca della mercificazione digitale e della manipolazione dell'informazione. Le dinamiche di consumo e la riduzione dell'individuo a merce sono oggi talmente diffuse che il messaggio di Pasolini risulta di una rilevanza incredibile.
La presentazione del film a Parigi il 22 novembre 1975, così vicina alla sua morte, ha per sempre legato il film alla figura del regista, aggiungendo un ulteriore strato di drammaticità e urgenza alla sua visione.
Salò non è solo l’ultimo film di Pasolini, ma il suo testamento artistico e politico, un'opera che ha voluto affrontare l’orrore senza filtri per raccontare la fine di un mondo e l'inizio di un'era in cui "tutto diventa fruibile per il consumatore", come Pasolini stesso aveva lucidamente previsto.
Il cinquantenario non è solo un'occasione per ricordare il film, ma anche per interrogarsi sul lato oscuro del potere che Pasolini ha avuto il coraggio di svelare, rischiando di pagarne il prezzo più alto.
Salò resta una sfida alla nostra coscienza collettiva, una riflessione senza compromessi su un mondo che ha visto e continua a vedere il corpo umano ridotto a merce, la libertà sacrificata sull’altare del consumo e del profitto.
Eppure, nonostante il passare degli anni, la forza visionaria di Salò e il suo messaggio rimangono straordinariamente attuali.
Il film non solo resiste al tempo, ma diventa ogni giorno di più un monito per l'umanità intera.
Un monito che Pasolini ha voluto lanciare con la forza di una denuncia inappellabile, che oggi, cinquant'anni dopo, non smette di scuotere le coscienze.
Marco Morandi
Vobarno








