Mercoledì, 18 giugno 2025


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mercoledì, 18 giugno 2025 Aggiornato alle 08:00blog - il viaggiatore curioso

A Enna, dove è facile sentirsi lombardi nella “Lombardia di Sicilia”

di Roberto Maggi

Quando la scorgi da lontano, sospesa in un paesaggio argilloso, ricoperto da una scarsa vegetazione, a prima vista ti può sembrare una città del magico Oriente improvvisamente apparsa come un miraggio nel deserto

 

Enna: castello di Lombardia

 

È Enna, il cuore della Sicilia interna, o meglio l’Umbilicus Siciliae, come la definì il poeta Callimaco. Infatti, anticamente Enna si ergeva nel punto di incontro delle tre grandi vie di comunicazione dell'isola, il cui tracciato formava le tre gambe della Trinacria. 

 

Capoluogo di provincia più alto d'Italia (931 metri), fino al 1927 fu chiamata Castrogiovanni dal suo antico nome arabo (Qasr Yani). In origine era un villaggio fondato dai Sicani molti secoli prima di Cristo. Nel Medioevo, per la sua posizione strategica, acquistò molta importanza e fu dominata da Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Aragonesi.

 

È detta anche “Belvedere della Sicilia” e qui, secondo il mito, sorgeva il sacro tempio della dea Cerere, divinità latina della terra e della fertilità dei raccolti. E fu proprio qua che, sempre secondo la leggenda, visse anche la figlia di Cerere, la bellissima Proserpina. La graziosa ma sfortunata dea, un giorno passeggiava sulle rive del lago di Pergusa, a circa dieci chilometri a sud di Enna, oggi raggiungibile da una strada serpeggiante tra i verdi colli.

 

Qui, tra gli eucalipti, la vide il dio dell’aldilà, Plutone che, innamoratosi, la rapì e la portò con sé nell’Ade. Quando Cerere seppe della triste sorte della figlia, si rivolse a Zeus, e questi concesse a Proserpina di tornare sulla terra con la madre per metà dell’anno (così si ebbero la primavera e l’estate) e l’altra metà di rimanere con Plutone nell’Ade (autunno e inverno).

 

 

Se oggi ci si ferma a godere del bellissimo panorama dall’alto del “Belvedere Marconi” si può scorgere tra il folto degli alberi del parco una bella copia in bronzo del Ratto di Proserpina del Bernini, che ingentilisce un’artistica fontana barocca.

 

Il castello di Lombardia, che conserva soltanto sei delle venti torri che lo fortificavano, è così denominato perché i Normanni, si dice, ne affidarono la difesa a una guarnigione di cavalleria lombarda. Lo scrittore Elio Vittorini definisce Enna e la sua provincia la zona più ricca di posti lombardi. Partendo dal capoluogo, infatti, si può tracciare un itinerario nella Sicilia lombarda raggiungendo Troina, Leonforte o Gagliano Castelferrato, dove nel 1962 Enrico Mattei pronunciò il suo ultimo discorso e visse la sua ultima giornata prima di precipitare sulle pianure lombarde con l’aereo col quale aveva appena lasciato la Sicilia. 

 

E dopo aver fatto tappa ad Agira, patria del grande storico Diodoro Siculo, si può notare che da queste parti si parla un curioso dialetto, un impasto di gallico e di lombardo. Questa lingua è il residuo della forte immigrazione lombarda che si riversò in questa terra durante la dominazione normanna.

 

Ecco laggiù il pittoresco abitato di Calascibetta, che dai belvederi di Enna, appare come un borgo incantato, in bilico tra fiaba e magia.

 

 

E poi Nicosia, che è tutta una cascata di case medievali che si accavallano giù per i declivi di quattro rupi scoscese. Le sue stradine ripide, spazzate dal vento che qui soffia spesso e crea ululati sinistri tra i muri scrostati, conducono ai resti di un castello che la domina dall’alto.

 

 

E mentre in lontananza si erge, solenne, “il monsignore dei monti”, Sua Maestà l’Etna, dall’alto di Enna si abbraccia il più vasto paesaggio di montagna di tutta l’isola. E la Sicilia assume davvero (com’ebbe a scrivere Guido Piovene) l’aspetto di un regno remoto, sul quale corrono le nuvole e splendono i tramonti.

 

 


 

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