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mercoledì, 23 luglio 2025 Aggiornato alle 08:00blog - il viaggiatore curioso

Città ideale o sogno di pietra?

di Roberto Maggi

“Attenta Alice, - direbbe il Cappellaio Matto - fuggiamo di qui! Qua sono tutti normali!”. Dov’è, infatti, andata a nascondersi la sana follia? Ci vede ancora l’occhio-bambino che ci aiuta  a sopravvivere? Che tiene in vita i nostri sogni e che non li lascia morire?

 

 

Lo chiederei volentieri a Marco Solari, nipote di un grande architetto milanese del passato non poi così lontano: Tomaso Buzzi (1900-1981). E se cercassi il luogo in cui i folli sogni di ognuno di noi vengono tenuti in vita, tornerei qua, alla Scarzuola, ascoltando tutto ciò che di essa avrebbe da raccontarmi Marco, in questo palcoscenico di sogni nella verde Umbria incantata. 

 

Fu proprio qua, infatti, che Tomaso Buzzi, dopo aver creato sontuosi interni che facevano da sfondo alla lussuosa quotidianità di prestigiose famiglie della più ricca borghesia milanese, trovò il modo di esprimere ciò che di più mistico e fantasioso si celava dentro di sé. 

 

E lo realizzò in un luogo dove nel XIII secolo aveva soggiornato un altro “folle”: Francesco d’Assisi, il giullare di Dio, che qui operò il miracolo di far sgorgare una sorgente d’acqua dalla roccia.  E quella sorgente c’è ancora!

 

La Scarzuola è un complesso architettonico situato a Montegiove, frazione del comune di Montegabbione, in provincia di Terni, non distante da Orvieto

Qui nel 1218 san Francesco si fece una capanna con la scarza, una pianta del luogo (da qui il nome). In seguito al miracolo della sorgente, i francescani vi edificarono una chiesetta con annesso convento che oggi costituisce l’ingresso alla scenografica struttura

 

Il sogno di una città ideale Buzzi lo coltivava in sé fin dal 1921, ma dovette aspettare il 1956 perché esso finalmente divenisse realtà. Qui egli avrebbe voluto creare e dare vita alla sua idea di esistenza reale e surreale allo stesso tempo; una "città ideale", un "teatro della natura", un luogo dove il sacro e l’esoterico, il bene e il male, il giorno e la notte, si potessero incontrare e creare il contrasto perfetto. 

 

Concepito come parco pubblico, il Buzzi lavorò affinché si potesse realizzare uno spazio che fosse generato solo dal bello dell’architettura. Una scenografia da essere visitata, non abitata. E a questo sogno, dedicò il resto della sua vita.

 

La Scarzuola è caratterizzata da una serie di strutture e sculture in pietra, che si integrano perfettamente con l'ambiente naturale circostante. Il complesso è composto da diverse aree, ognuna con una propria identità e funzione. È un esempio di architettura organica e surrealista, che combina elementi di arte, natura e spiritualità. 

È un luogo unico e affascinante, che offre un’esperienza suggestiva e memorabile ai visitatori.

 

 

Parlarne è veramente difficile perché principalmente alla Scarzuola si provano emozioni e sono talmente tante che ci si dovrebbe dilungare troppo. Mi soffermerò solo sulle più coinvolgenti.

 

La prima impressione, dopo aver varcato l’ingresso passando proprio dalla chiesa, è quello di una grande scenografia teatrale, un’antologia di pietra (come amava definirla lo stesso Buzzi); un racconnto diviso in più parti spesso abbbandonato alla sensazione del non-finito.

 

Un grande anfiteatro erboso con al centro un grande occhio scolpito sul muro di una torretta, rende visibile l’invisibile a chi lo vuole vedere. Infatti questo luogo andrebbe guardato sotto una prospettiva infantile, ovvero con gli occhi del bambino che ancora è capace di fantasia, di sogno, di illimitate risorse esplorative.

 

E poi c’è la Cittadella, un arroccamento di vezzosi edifici con un acropoli su cui svettano sette costruzioni considerate come un modello immortale da seguire (il Colosseo, il Partenone, il Pantheon, le piramidi, la Torre dei Venti, il Tempio di Vesta, la torre dell’orologio di Mantova).

 

 

E poi c’è la torre del Tempo con la sua doppia facciata. Da un lato un normale orologio che scandisce il trascorrere del tempo, dall’altro l’eternità: un quadrante di tempo incontabile, tempo dei sogni, tempo della sospensione.

 

La grande piscina, o teatro degli specchi, si ispira, invece, alla Villa Adriana di Tivoli. Mentre la Torre di Babele, simile a una gabbia, sembra voler intrappolare i pensieri che però, man mano si sale, si alleggeriscono fino a raggiungere la dimensione della creatività e quindi pronti a spiccare il volo.

 

Colpisce particolarmente un elemento non architettonico, ma fuso con la geometria dell’insieme: il cipresso folgorato. Nel 1970 un fulmine colpì uno dei cipressi del giardino e lo incendiò. Buzzi decise di lasciarlo. Rappresenta un ponte proiettato verso l’alto. Una grande lancia che perfora l’azzurro del cielo.

 

 

Nella città metafisica sembra di immergersi nell’universo pittorico delle opere di De Chirico. Un grande busto di donna senza testa dimostra di essere l’emblema di tutte le donne. 

 

Che messaggio possiamo cogliere da una visita alla Scarzuola? Sicuramente l’invito a tenere sempre acceso e vivo il sogno interiore, il nostro mondo notturno fatto di simboli, sogni, chimere.

 

 

In questo percorso iniziatico in cui si intrecciano acqua, terra, divino e mortale, Buzzi creò la sua piccola, grande follia. Come ebbe a dire: “la tomba architettonicamente grandiosa dei miei amori, passioni, successi, speranze, dolori, ricordi. L’arca delle mie idee incagliata al suo Ararat”.

 

Si è detto che alla Scarzuola si rischia di impazzire per via di un campo energetico tremendo. Buzzi diceva di essere un matto come tutti quelli che avevano abitato lì, cominciando dallo stesso san Francesco. In verità, più che impazzire, alla Scarzuola ci si innamora. Ci si innamora di quella contraddizione, dei contrasti che caratterizzano ognuno di noi

 

Si vive in un inno al creato e alla creatura. Ci si sente fuori dal tempo e dallo spazio in un’eco di silenzi e riflessi, grazie a questo volo di fantasia pietrificato.

 

 


 

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