Audace, erotica e misteriosa, Bologna sa come conquistarti
Bologna è uno di quei luoghi in cui tornerò spesso in questa rubrica ed è anche una di quelle città dove sovente torno con il corpo e con lo spirito perché sa sedurre e soddisfare le mie passioni; non ultima, la mia sete di curiosità. Città dai tanti appellativi (la rossa, la grassa, la dotta, ecc.), per me Bologna è soprattutto un’evocazione, un volto, un ricordo, un profumo, un silenzio d’acque che scorrono nel suo sottosuolo e che la irrorano quasi fossero vene di vita nascosta. Bologna, che è stata a suo tempo tra le cinque città più popolose d’Europa, e che vide generarsi in sé la prima università del mondo occidentale, ti accoglie in piena estate, soffocandoti di caldo umido, e si fa poi perdonare in autunno permettendoti di percorrerla senza mai bagnarti nelle giornate di pioggia. Perché Bologna detiene il record assoluto di città più porticata al mondo. Sotto i portici di Bologna potresti correrci una maratona. Vanta, infatti, ben quarantadue chilometri di strada porticata.
Per me Bologna detiene anche un primato di curiosità. Potrei scrivere un intero libro sugli itinerari insoliti di questa città. Oggi ne racconterò alcuni, lasciando a successive puntate il racconto degli altri.
Mi avventuro per le strade del centro, in quello che fu il ghetto della città, ed è già una curiosità non indifferente scoprire che solo qua esiste una via dal nome spaventoso: via dell’Inferno. Poco più in là, una piazzetta è stata dedicata a Marco Biagi, ucciso dalle nuove Brigate Rosse nel 2002. Una semplice targa lo ricorda nel luogo in cui morì mentre rincasava la sera, da solo, in bicicletta.
Entro nella chiesa del Corpus Domini (o “della Santa”, come dicono qua) con l'intento di visitare il sepolcro dell’illustre personaggio che essa custodisce: Luigi Galvani.
Quale sorpresa! In una stanzetta attigua trovo una curiosità che mi lascia a bocca aperta! In un silenzio fatto di devozione e di preghiera, tra il tremolare delle candele, noto quella che potrebbe sembrare una statua ed è invece una mummia. Si tratta di Santa Caterina de’Vigri, nata a Bologna nel 1413, che dopo essere stata damigella di compagnia alla corte degli Estensi di Ferrara, si ritirò in clausura in un monastero della città. Chiamata a Bologna per fondarvi un monastero, ne divenne la prima badessa, incarico che tenne fino alla morte avvenuta nel 1463. Fin qui nulla di strano; sta di fatto, però, che poco dopo la sua morte, dal suo sepolcro uscivano un inebriante profumo e un liquido profumato anch’esso, trasparente, simile all'acqua. Si decise allora di esporre il corpo della santa badessa all'adorazione dei fedeli.
Vestita e con gli occhi aperti, la de’Vigri fu sistemata su una poltrona. Il miracolo continuò per molto tempo. Le monache del convento dovevano periodicamente cambiarle gli abiti impregnati dello strano liquido e tagliarle unghie e capelli, che continuavano miracolosamente a crescere. Il prodigio, poi, misteriosamente si interruppe, ma la mummia della Santa restò sempre esposta alla devozione e alla preghiera dei visitatori.
All’interno del piccolo tempio ecco il sepolcro di Luigi Galvani, il primo a capire che il corpo umano risponde a degli stimoli elettrici.
Interessante è scoprire che uno dei suoi allievi, nonché nipote, Giovanni Aldini, aveva ipotizzato si potesse ridare vita ai cadaveri, sempre utilizzando l’energia elettrica. Si era quindi recato in Inghilterra ed aveva cominciato a lavorare servendosi di cadaveri di condannati a morte. A Londra aveva conosciuto Lord Byron e spesso nelle loro conversazioni aveva rivelato i suoi intenti sperimentali. Si potrebbe quindi ipotizzare che il Byron, amante della sorellastra di Mary Shelley, le abbia confidato le intenzioni strampalate dell’amico italiano. E chissà che la Shelley sulla base di quei racconti non abbia tratto ispirazione per il suo “Frankenstein”?
In conclusione, lasciamo i racconti dell’orrore e le inquietanti atmosfere fin qui narrate e concludiamo con qualcosa che ci restituisca un po’ di buon umore. Perché Bologna sa essere anche gaudente e goliardica. La fontana del Nettuno, in Piazza Maggiore, è opera del grande scultore Giambologna. Questi, all’atto della presentazione dei bozzetti, fu contestato per l’audacia dei suoi nudi e costretto a rivedere il suo lavoro.
Quando la fontana fu realizzata, l’abile artista si era preso la sua rivincita: una vendetta - diremmo - in prospettiva. Infatti basta guardare il Nettuno di spalle in linea con il tridente che tiene con la mano destra e l’illusione ottica che si crea è quella di un prorompente e spropositato organo sessuale in erezione. Per verificare l’inganno ottico basta posizionarsi su una pietra più scura delle altre che si trova sul selciato. Cambiando prospettiva, poi, si può riscontrare che il cosiddetto “orgoglio di Bologna” altro non è che il pollice della mano sinistra protesa in avanti.
Tutto ciò fa sorridere. Nel tempo i bolognesi, riconoscendo la virilità del potente Nettuno (Il Gigante, come lo chiamano qui), gli hanno attribuito una fidanzata altrettanto prorompente e sensuale, ovvero la sirena che troviamo a porta Galiera fra le scalinate del parco della Montagnola.
La conturbante “ambràusa” (fidanzata) del Nettuno colpì anche il Carducci che le dedicò i seguenti versi:
Bella mia, dal fondo algoso
Del mar nostro vieni su!
In te vuole il suo riposo
La mia bronzea gioventù.
E siccome a parlare secondo le intenzioni del poeta, è il Nettuno di Piazza Maggiore, ogni esplicito riferimento carnale si riveste di quel palpito lirico che riesce a ingentilire i dialoghi più audaci. E in questo a Bologna sono davvero maestri.















