Mercoledì, 26 novembre 2025


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mercoledì, 26 novembre 2025 Aggiornato alle 08:00blog - il viaggiatore curioso

Dove portano i sogni

di Roberto Maggi

C’è un luogo dove torno più volte e da dove me ne vado sempre con il cuore e l’animo cambiati e felici

 

 

Sto parlando di Colle don Bosco, nel comune di Castelnuovo d’Asti (oggi Castelnuovo don Bosco), non distante da Torino, immerso nel verde delle colline astigiane.

 

È un luogo destinato ai sogni e dove si respira un’atmosfera particolare. Un luogo diviso a metà tra ciò che un’idea ha generato e la dignitosa precarietà dove tutto ebbe inizio. Qui lo spirito del grande santo piemontese aleggia ovunque. Lui che è il mio maestro, l'educatore di riferimento nella mia azione quotidiana in campo scolastico, è stato a suo tempo in questi luoghi un povero fanciullo destinato a una vita grama e faticosa, se non fosse che in quell’estrema povertà si infilò, risoluta e decisa, la volontà di Dio.

 

Il piccolo Giovanni Bosco un giorno darà voce agli emarginati; lotterà per i diritti civili degli ultimi, per la loro dignità; in un’epoca in cui si chiedeva a gran voce nelle aule dei parlamenti e sui campi di battaglia, la presa di coscienza popolare, la primavera dei popoli, uno come don Bosco, intravedendo le prospettive di un futuro che avrebbe dato sempre più importanza alla produzione e all'economia, lavorò perché i suoi ragazzi fossero formati e pronti ad affrontare un avvenire in cui non sarebbero più stati sfruttati.

 

Vide in questo la possibilità per loro di riscattarsi dalla condizione di servi a quella di qualificati artigiani, pronti a raccogliere le sfide della società industriale.

 

Ma tutto questo ebbe inizio in una casetta, poco più di una tettoia, dove oggi una lapide dice: “Questa è la mia casa”. Lì Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815.

 

 

E questa casa racchiude in sé una stanzuccia dove una notte Dio vi presenziò in sogno. Dio venne nella povertà di una famiglia di contadini, una notte dell’anno 1824

 

Giovanni aveva nove anni e dormiva sereno. Nel sogno, si vedeva fuori dalla sua casa, in uno spiazzo che oggi è denominato “prato del sogno”. E si vedeva per quello che era: un monello vivace, un po' selvaggio e di modi spicci.

 

Nel sogno, un perentorio invito gli rivoluzionò la vita. Uno strano individuo lo invitava a occuparsi dei ragazzi e in particolare di quelli più problematici. Avrebbe dovuto farlo con la dolcezza e con la fiducia in loro. Avrebbe trasformato una gioventù perduta e condannata, dandole possibilità e soprattutto un domani.

 

 

Nessuno meglio di lui sarebbe riuscito a capire quei ragazzi. Semplicemente perché era uno di loro. Da quel momento il giovane contadinello piemontese capì a cosa il destino lo chiamava. Capì il senso della sua vocazione.

 

Nella Torino che si avviava a diventare il fulcro dell'azione patriottica e successivamente la capitale del Regno d'Italia, Giovanni Bosco si spese anima e corpo per i giovani, nelle strade, nelle carceri. La sua azione preoccupò ed entusiasmò. I Padri della Patria che lo conobbero e stimarono, non si interposero nel suo apostolato, ma anzi scorsero in lui le grandi virtù e il messaggio di una santità moderna al passo coi tempi, pur se ancorata agli eterni ed immutabili dogmi della fede cristiana.

 

L’insegnamento più grande che don Bosco lasciò ai suoi ragazzi e che andrebbe adottato come motivazione alla vita, è che l’allegria è la prima, irrinunciabile virtù per santificare la propria esistenza

 

Nel settembre di sei anni fa, sul prato del sogno, insieme a un folto gruppo di preadolescenti, riflettemmo sulle parole di don Bosco al termine di una mattinata impegnata a visitare i luoghi natali del santo. Pranzammo al sacco e poi lasciammo un po’ di tempo ai ragazzi per giocare liberamente. E avvenne un prodigio.

 

Giovani abituati allo smartphone, a internet e alla play-station, in pochi istanti scomparvero lungo i pendii delle colline. Sentivamo le loro voci mentre erano impegnati in giochi di libertà e di movimento sull’erba e tra gli alberi. E così pensai che il piccolo Giovanni Bosco stesse giocando con loro. Li spronasse a sognare, a ridere, a progettare in grande la loro vita.

 

Magia di certi luoghi!

 

 

La casa natale di San Giovanni Bosco apre le sue stanze al visitatore che le può ammirare dall'interno di una struttura cui la casetta è addossata. La stanzuccia in cui Giovanni dormiva con i fratelli Antonio e Giuseppe è detta “stanza del sogno”.

 

Mi ci fermo sempre a guardarla in silenzio e non posso non stupirmi al pensiero di dove può portarti la vita quando talvolta si corre il rischio di seguire un sogno.

 

 


 

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