Mercoledì, 12 novembre 2025


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mercoledì, 12 novembre 2025 Aggiornato alle 08:00blog - il viaggiatore curioso

Curiosando attorno al Duomo

di Roberto Maggi

Non esiste persona che non provi incanto e armonia quando giunge in piazza del Duomo, a Firenze, e che, guardandosi intorno, non si senta avvolta da tutta quella bellezza come in un abbraccio

 

 

Il Duomo di Santa Maria del Fiore, il campanile di Giotto, il Battistero e la cupola del Brunelleschi parlano un linguaggio fatto di arte e di meraviglia che lascia l’ignaro passante senza parole.

 

Il viaggiatore curioso, però, anche se consapevole di questa melodia che incanta come non mai, cerca quelle atipiche rarità che saziano il suo animo affamato di inezie squisitissime. E qui, in questa fantastica piazza, gremita di turisti e di visitatori, indizi di curiosità ce n’è più di uno. Per questo, andiamo a cominciare.

 

Senza mancare di rispetto e senza abbandonarsi alla volgarità, la prima cosa che balza all’occhio la troviamo proprio sulla facciata di Santa Maria del Fiore. Il portone di destra è decorato con angeli scolpiti nel marmo e rappresentanti l’Apocalisse. Tra questi ce n’è uno – stremato - che sta cercando un appoggio. Nel farlo sembra lasciarsi andare al gesto dell’ombrello.

 

Un angelo maleducato? Niente di tutto questo. Eppure i fiorentini arguti lo hanno battezzato “l’angelo del vaffa”. E qualcuno racconta che tutti gli angeli un giorno se ne andarono a pranzo; quando a fine pasto dovettero decidere chi avrebbe pagato il conto si rivolsero a quel povero angelo che espresse il suo disappunto con i gesti.

 

 

Mi muovo attorno al Duomo, attratto dalle sculture che qua e là fanno capolino o sostengono colonne. Come il leone e la leonessa che reggono con il dorso le graziose colonnine a tortiglione che decorano sul fianco destro la porta di Balla o dei Cornacchini.

 

Ai primi del Quattrocento, un fiorentino di nome Anselmo una notte sognò di essere sbranato dal leone del Duomo, davanti al quale passava tutti i giorni. Destatosi e accertato che si trattava soltanto di un sogno, vi si recò di buon mattino e quasi a sfidare la sorte, inserì la mano nelle fauci della belva di pietra. Uno scorpione che vi si annidava gli punse un dito. E il povero Anselmo morì miseramente.

 

 

Una testa di bue con tanto di corna a guisa di doccione, invece, spia dall’alto i passanti. Anche lui ha una sua singolare storia risalente ai tempi della costruzione del duomo.

 

In una casa di fronte, infatti, abitava un sarto gelosissimo dell’avvenente consorte. A quanto pare, questa se la intendeva con un capomastro dell'opera del Duomo. La testa di bue è proprio rivolta verso le finestre dell'ignaro sarto a conferma di quanto si dice che “se le corna fossero lampioni, Gesù, che illuminazioni!”.

 

 

Giunto dietro l’abside, verso via dell’Orviolo, scorgo nel pavimento stradale una rotonda lastra di marmo bianco. Indica il punto in cui il 17 febbraio del 1600, a causa di un fulmine, cadde la grossa palla di rame dorato che sovrasta la cupola del Brunelleschi. Proprio quello stesso giorno a Roma veniva bruciato sul rogo Giordano Bruno. Funesta coincidenza?

 

 

E infine tra i negozi contrassegnati con in numeri 54 e 55, scorgo una lapide di marmo rosa con cornice liscia di marmo grigio, su cui è riportata la scritta “sasso di Dante”. Si dice infatti che in quel punto sedesse il divino poeta a guardare i lavori del Duomo.

 

E sembra che in questo luogo sia avvenuto il celebre incontro tra Dante e uno sconosciuto che, passando, rivolse al poeta la seguente domanda:

“Qual è il cibo più gustoso?”.

“L’uovo!” rispose l’Alighieri senza pensarci.

 

Passato un anno esatto, lo sconosciuto ripassò di lì e trovò ancora Dante seduto. Così gli parlò:

“Con che cosa?”.

E Dante prontamente rispose: “Con il sale!”. Confermando così la sua prodigiosa memoria.

 

Il sasso di Dante è però oggi oggetto di discussione. Secondo alcuni, infatti, sarebbe posto alla destra dell’abside del duomo, in piazza delle Pallottole, dove è possibile vedere una roccia su cui una targa avverte trattarsi del “vero sasso di Dante”. Trovarlo è facile, un po’ meno sedervi sopra. E argutamente i fiorentini dicono che: Chi siede sulla pietra fa tre danni: inghiaccia, diaccia il culo e guasta i panni.

 

Disquisizioni a parte, proprio lì si trova un antico ristorante mica male. Il locale “Il Sasso di Dante” offre cucina casereccia fiorentina in un’atmosfera accogliente e tradizionale.

 

Mi sa che per cena ci faccio un pensierino!

 

 


 

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