Inquietudine e stupore a Milano, nella chiesa di san Bernardino alle Ossa
È difficile immaginare che nel pieno centro della metropoli lombarda, a due passi dal Duomo e da piazza Fontana, un tempo sorgesse un piccolo ospedale circondato da campi, orti e minuscoli cimiteri. Eppure è stato proprio così! Anch’io fatico a immaginare tutto ciò, mentre mi dirigo in piazza Santo Stefano, in quella che un tempo era detta la zona del Verziere, in riferimento alla coltivazione e alla vendita al mercato di frutta e di verdure. Lo stesso Carlo Porta, il poeta del dialetto milanese, ricorda questi luoghi in una delle sue più famose poesie, “La Nineta del Verzee”.
Sulla piazza si affacciano due belle chiese: a sinistra, con la facciata simile a un palazzo, quella di San Bernardino alle Ossa; nel centro quella di Santo Stefano in Brolo, nella quale fu assassinato il duca Galeazzo Sforza il 26 dicembre 1476, come ricorda una lapide all’ingresso del tempio.
Qui anticamente sorgevano ospizi e ricoveri deputati ad accogliere i trovatelli. In pieno Medioevo la gestione di tali ospedali passò alla congregazione dei Disciplini che vi costruirono una chiesa dedicata a San Bernardino. Quella che oggi vi sorge non è la chiesa originaria poiché essa venne distrutta nel 1642 quando il campanile della vicina chiesa di Santo Stefano crollò distruggendo completamente l’antica pieve di San Bernardino. Ricostruita nell’attuale stile tardo-barocco, essa si presenta di forme ottagonali ed è forse la testimonianza più lampante della presenza spagnola a Milano.
Luogo da vero brivido. Se l’interno è ampio e spazioso, entrando a destra, invece, uno stretto, basso e cupo corridoio decorato alle pareti da numerosi ex-voto, conduce a una cappella a pianta quadrata che a prima vista sconcerta e lascia senza parole. Le pareti, infatti, sono interamente ricoperte da ossa.
L’odore del passato e della morte sembra avvolgermi con la sua reale presenza. Non si tratta - come qualcuno potrebbe pensare – delle ossa dei morti della peste – ma di una pietosa e ordinata composizione dei resti delle salme tumulate nei cimiteri locali, unite anche a quelle di carcerati e condannati a morte.
L’origine di tutto questo risale addirittura al XIII secolo, quando il piccolo cimitero costruito nei pressi dell’ospedale cominciò a rivelarsi inadeguato a contenere tutte le salme.
Sopra l’altare, in una nicchia protetta da un vetro, è possibile ammirare una Pietà nella quale fa da contrasto alla nudità del Cristo morto e disteso a terra, la sfarzosa eleganza dell’abito di Maria, inginocchiata e piangente, prezioso esempio di gusto spagnoleggiante e barocco, che rimanda ai tempi in cui il Ducato di Milano fu sottomesso al dominio spagnolo.
Altro contrasto si nota tra il luminoso affresco della cupola, che rappresenta le anime che ascendono verso il Paradiso, circondate dagli angeli, e la cupa atmosfera della cappella con i suoi cornicioni decorati di teschi e la lettera “M” (di Maria) creata con le ossa.
I teschi ammucchiati nelle nicchie, disposti a forma di croce, sono stati per secoli oggetto di pietà e devozione. Molti di essi sono visibilmente lisci e splendenti come l’avorio perché per secoli sono stati toccati da ignote mani e a lungo accarezzati.
Alcuni di essi sono stati addirittura “adottati” da fedeli che entravano in chiesa, pregavano per la salvezza di quei poveri resti e lasciavano nelle orbite vuote degli occhi, biglietti con richieste, preghiere e suppliche. Alcuni di questi biglietti si possono ancora vedere.
Al di sopra della porta d’entrata, in una cornice con ripiani, sono custoditi i teschi dei “cattivi”. Si tratta, infatti, di malviventi giustiziati o morti in prigione; su di loro veglia, in una teca di vetro, una testa di Cristo probabilmente in cera. Impressionante è scorgere sotto l’altare, tra le altre ossa, un arto non ancora del tutto scheletrizzato, probabilmente mummificato. È una gamba con piede ancora rivestito da brandelli di epidermide.
Una leggenda racconta che nella nicchia a sinistra dell’altare, tra le altre ossa, vi siano quelle di una ragazzina, e che ogni anno, la notte dei morti, queste si ricompongano ed escano dal tumulo. Lo scheletro della giovinetta, svolazzerebbe intorno alla cupola trascinando con sé tutti gli altri scheletri della chiesetta. La brigata inscenerebbe una danza macabra all’interno della cappella e all’esterno, nella strada, si sentirebbe rumore di ossa in movimento. Fantasia o verità? Bisognerebbe provare!
Rimane il fatto che San Bernardino alle Ossa è uno dei luoghi più originali e inquietanti di tutta Milano. Le superfici di colore scuro, il tremolio dei ceri accesi, la luce fioca che filtra dalle finestre, sono tutti elementi che accompagnano il curioso visitatore nella riflessione sulla caducità della vita e sul memento mori.
Il resto dell’edificio è, invece, un fulgido esempio di architettura rococò, finemente decorata e illuminata da ampi finestroni attorno alla cupola. Ciò per rispondere ad un’esigenza spirituale: chi lasciava la cappella delle ossa, ove il senso della morte era davvero forte, accedendo alla chiesa, veniva illuminato, quasi trafitto, da una forte e rassicurante luce che infondeva serenità e spingeva l’animo verso la resurrezione.
Una griglia al centro del pavimento lascia intravedere una scala che scende nel sottosuolo e che accede a una cripta. Qualche anno fa sul fondo, fu scoperta una camera sotterranea (nella quale la respirazione si fa difficile) dove i Disciplini seppellivano i loro confratelli defunti. Lungo la parete a semicerchio è costruito un coro su cui venivano fatte sedere le salme, vestite del loro abito religioso, e lasciate lì come testimonia la presenza di alcuni scheletri seduti.
Un altro particolare attira l’attenzione del visitatore curioso: lo stemma di Cristoforo Colombo, recante la scritta “Colon diede il nuovo mondo alla Castiglia e al Leon”. Sarebbero infatti qui sepolti, in una introvabile tomba di famiglia, i discendenti da parte materna del grande navigatore genovese.
Benedetta sia la curiosità che ci permette di arricchire le nostre conoscenze!
Ma ora ho bisogno di aria. Dopo essermi calato nella profondità della nostra misera condizione umana, forse anche lo smog di Milano può darmi un leggero giovamento!
Non prima però di aver scelto uno di quei teschi e di averlo a modo mio “adottato”.