Giovedì, 25 settembre 2025


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mercoledì, 24 settembre 2025 Aggiornato alle 08:00blog - il viaggiatore curioso

San Galgano: un universo leggendario

di Roberto Maggi

Lungo la valle del fiume Merse, affluente dell’Ombrone, una pace di tempi lontani avvolge nel silenzio il verde paesaggio conferendogli una mistica atmosfera

 

 

Qui, nel borgo di Chiusdino, da nobile famiglia, Galgano Guidotti nasce nel 1148. Come molti giovani del tempo, appartenenti al suo ceto, si dedica alla vita cavalleresca con spensieratezza e talvolta anche con prepotenza.

 

Poi, come accadrà anche a Francesco d'Assisi, qualcosa si spezza nella sua vita. L’insoddisfazione, la consapevolezza dell'inutilità delle sue azioni cominciano a prendere il sopravvento. Il cambiamento è accompagnato da due mistiche visioni nelle quali l'arcangelo Michele lo guida nelle scelte che la sua misteriosa chiamata gli imporrà di fare.

 

Così avviene che, nella prima di queste, è invitato ad abbandonare la vita cavalleresca e a lasciare la casa paterna. Successivamente, in sogno, Galgano vede Michele che gli indica un prato oltre un fiume al di là del quale, passando per una profonda grotta, giunge a un luogo dove i dodici apostoli sono seduti in cerchio all'interno di una costruzione circolare. Capirà in seguito che si tratta della collina di Montesiepi, dove si ritirerà in eremitaggio.

 

 

La visione lo impressiona a tal punto che Galgano vaga alla ricerca del «luogo del sogno». E lo troverà per intervento miracoloso. Il suo cavallo, infatti, non obbedendo ai comandi del padrone, lo porta proprio a Montesiepi.

 

Qui Galgano si costruisce con le frasche una capanna circolare e si dedica alla preghiera. Come rinuncia definitiva alla vita cavalleresca e a tutto ciò che era stato fino a quel momento, conficca la spada in una roccia affiorante dal terreno della sua capanna e la utilizza come croce davanti alla quale sostare in preghiera.

 

Né lui né nessun altro riuscirà più a estrarla.

 

 

Galgano salirà al cielo a soli trentatré anni, il 3 dicembre 1181. Lo stesso anno in cui, ad Assisi, nasce Francesco.

 

Sulla tomba del santo – oggi scomparsa – sorse un piccolo tempio romanico, una sorta di mausoleo circolare al centro del quale sta la spada conficcata nella roccia. Si tratta di una chiesa a pianta circolare con abside sormontata da una grande cupola semisferica.

 

Pochi anni dopo la morte del santo, si stabilirono a Montesiepi i monaci Cistercensi che nei primi decenni del Duecento iniziarono la costruzione della grande abbazia nella piana sottostante. La storia di questo luogo racconta di una rapidissima e consistente floridezza. Così come rapidissima fu la decadenza.

 

Dalla metà del XV secolo i monaci cominciarono ad andarsene e l’abbazia lentamente perse d'importanza fino al punto da essere definitivamente abbandonata. E in quell'immensa solitudine, la costruzione cominciò a collassare. Prima cedettero le volte e infine il campanile, che, crollando sulla chiesa, ne sfondò il tetto lasciandola scoperchiata e conferendole quell'aspetto spettrale che la contraddistingue.

 

 

Entrare a San Galgano è un'esperienza da provare almeno una volta nella vita. Il silenzio ti penetra dentro. I tuoi passi sulla ghiaia scandiscono il cammino lungo le navate e tra i pilastri cruciformi con i capitelli scolpiti.

 

Se la prima impressione che ti conquista è quella di un fascino unico che ti trascina in un'atmosfera atemporale, quando poi lentamente alzi lo sguardo, ti senti pervadere dalla profonda tristezza che ti comunicano le orbite vuote delle monofore e dei rosoni. Hai l’impressione di trovarti all'indomani di una grande battaglia; tra i resti sopravvissuti a un disastro.

 

Ti porti sul fondo della navata principale, verso la facciata, e ti volti a guardare l'abside con le sue sei monofore e il grande rosone e, provando a immaginare com’era a suo tempo, pensi: ricca di vetrate e decorazioni, chissà come sarà stata bella questa chiesa! A restituire serenità alla tristezza che ti attanaglia, sarà la vista del cielo che in contrasto con il travertino delle pareti, costituisce un soffitto che sa di oltre, di ascensione verso l'infinito.

 

 

A questo punto, dopo aver attraversato quel che resta dell'antico chiostro, è il momento di entrare nella Sala Capitolare, con le sue ardite volte a crociera, sedersi con lo sguardo rivolto all'esterno, al di là delle ampie bifore aperte sul chiostro, e riflettere sul fatto che San Galgano costituisca un unicum sul territorio italiano.

 

Un immaginario filo di mistero, infatti, la congiunge al mondo leggendario del ciclo bretone e carolingio. Molte, infatti, sono le assonanze tra la vicenda arturiana e quella del santo toscano. Solo la spada nella roccia basterebbe. Ma c'è dell'altro. La rotonda di Montesiepi che ricorda la tavola rotonda di Camelot; il nome Galgano quasi sovrapponibile a quello di Galvano, nipote di Artù. E infine c'è il luogo.

 

Chi giunge a San Galgano sembra improvvisamente lasciare la dolcezza del paesaggio collinare toscano per proiettarsi in un habitat nordico fatto di brughiere nebbiose e gelide, puntellate qua e là di ruderi gotici. Il clima qui è infatti umido e freddo. All'alba è facile scorgere l’abbazia avvolta da una nebbia fitta.

 

 

A sera, soprattutto dopo i temporali, piccoli rospi si aggirano nei dintorni. E qui conviene provare un'ultima esperienza prima di lasciare questo luogo con in cuore il desiderio di tornarvi un giorno: aspettate che cali la sera e avviatevi in silenzio verso l’abbazia avvolta dall'oscurità della notte e leggermente illuminata dai crepuscolari

 

Se non siete deboli di spirito, sostate per un po’ e sicuramente non vi sentirete più soli. Attorno a voi fantasmi di monaci, di mercanti, di cavalieri vi terranno compagnia senza spaventarvi. Vi ricorderanno un passato glorioso; vi narreranno storie che sanno di preghiere, di studio e di lavoro; di guerre e di devastazioni, di carestie e di abbandono.

 

Forse un po' di inquietudine potrebbe impossessarsi di voi. Volgete allora lo sguardo alla sovrastante collina di Montesiepi. L’eremo illuminato vi restituirà serenità.

 

 

Voltate le spalle all’abbazia e dopo averla salutata incamminatevi lungo il viale per tornare al parcheggio.

 

Se percepite che qualcuno vi stia seguendo, non temete. Nessuno vi nuocerà. Forse un piccolo rospo potrebbe, saltellando, passarvi fra le gambe.

 

 


 

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