Giovedì, 4 settembre 2025


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mercoledì, 3 settembre 2025 Aggiornato alle 08:00blog - il viaggiatore curioso

Sotto la cupola ellittica più grande al mondo

di Roberto Maggi

Da ore sono in viaggio, direzione ovest, con una sola fermata nel cuore delle Langhe, a Santo Stefano Belbo, per omaggiare Cesare Pavese, che qui nacque nel 1908

 

 

All’ingresso del locale cimitero, sulla sinistra, visito la sua umilissima tomba sulla quale è scritto semplicemente “Ho dato la poesia agli uomini”. Fuori dal centro abitato, sulla strada che porta a Canelli, la grande casa del poeta-scrittore custodisce oggetti a lui appartenuti e alcuni manoscritti.

 

 

Riparto e ho sempre di fronte a me il profilo piramidale particolarmente simmetrico e appuntito del “re di pietra”, il Monviso, il monte da cui nasce il Po, che con i suoi 3841 metri è visibile da tutta la pianura piemontese. Gianni Agnelli sosteneva che fosse la montagna simbolo del vecchio marchio della Paramount, la casa cinematografica statunitense. E forse lo è stato davvero: in Paramount, infatti, lavoravano alcune maestranze di origine piemontese.

 

Mentre percorro in lungo e in largo le dolci colline del basso Piemonte, non so più dove finisca la langa astigiana e dove cominci quella cuneese. Ripenso ai personaggi dei romanzi di Pavese e di quelli di Fenoglio, e ai luoghi in essi richiamati: la casa in collina, la cascina del Pavaglione, Gaminella, località cuore de “La luna e i falò”, gli intricati sentieri percorsi dal partigiano Johnny. Le colline si rincorrono e cedono il passo a boschi e a noccioleti. Mentre sullo sfondo si fa sempre più nitida e vicina la catena delle Alpi. Le antiche torri di avvistamento, che un tempo servivano per contrastare le invasioni dei Saraceni, appaiono qua e là, silenti sentinelle di pietra, memori di un passato e di un dolore ormai lontani.

 

“Guida poco che devi bere!”, mi direbbero qui in Langa. Ma per bere e assaggiare qualche prodotto tipico ci sarà tempo al ritorno.

 

Ed eccolo apparire là in fondo, maestoso e imponente! È il santuario-basilica di Vicoforte, detentore di un primato mondiale. Quando vi sarò entrato, infatti, potrò dire a me stesso di trovarmi sotto la cupola di forma ellittica più grande al mondo. Già dall’esterno il santuario è una costruzione che impressiona. Un ampio piazzale caratterizzato da un porticato simmetrico semiottagonale detto “la palazzata” accoglie il tempio come un’indescrivibile quinta scenografica cui fanno corona le vette alpine innevate. Al centro svetta il monumento a Carlo Emanuele I di Savoia che con questa immensa opera d’arte volle onorare la devozione che la popolazione locale manifestava per un’antica immagine mariana dipinta su un tabernacolo.

 

 

La solennità di questo santuario fece esclamare a papa Pio VIII: “Non credevo esistesse un simile monumento fuori Roma!”.

 

Vi entro. Il profluvio di stucchi, affreschi, dipinti, sculture, giochi di luce e di chiaroscuri, lascia senza fiato. È l’esplosione artistica del barocco piemontese influenzato dai francesismi rococò, che si presenta in tutta la sua meraviglia. La cupola ellittica lascia letteralmente senza parole. Una balaustra ad altezza considerevole la incornicia e da queste parti organizzano visite guidate lassù, su quella balconata che permette di vedere da vicino la bellezza dei dipinti e provare una sensazione da capogiro. Alta 75 metri, conta un diametro maggiore di 37 metri e uno minore di 25. Il poema pittorico, costituito da un ciclo di affreschi che si estendono per più di 6000 metri quadrati, fu concluso nel 1752.

 

 

Al centro del santuario, il tabernacolo con la miracolosa immagine della Vergine che sul finire del Quattrocento un fornaciaio aveva dipinto e che, con il titolo di “Vergine del Pilone”, per secoli fu oggetto di grande devozione. Il quadro presenta un foro di pallottola che la tradizione attribuisce all’errore di un cacciatore che confessò l’accaduto in punto di morte e che donò il proprio archibugio alla parrocchia del santuario.

 

 

Nel dicembre del 2017, Vicoforte balzò agli onori della cronaca perché vi furono traslate, rispettivamente da Montpellier e da Alessandria d’Egitto, le salme di Elena del Montenegro e del marito, il re d’Italia Vittorio Emanuele III. Ora sono sistemate l’una accanto all’altra in una cappella del santuario. E anche questa è sicuramente una curiosità! Aggiungendo anche la sepoltura di Carlo Emanuele I, che qui riposa, Vicoforte può considerarsi una “succursale” di Superga.

 

 

Il viaggio di ritorno si presenta piuttosto lungo e impegnativo, ma c’è tutto il tempo per fermarsi in una di quelle osterie che nelle Langhe sono dette piole, dove la tradizione vuole che si mangi, si beva e si canti.  E il tempo per una buta stupa (una bottiglia stappata) da queste parti è sicuramente ben speso! 

 


 

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