Resistere per la libertà
“La guerra è finita!”, fu questo il pensiero degli italiani, seguito da un sospiro di sollievo, alla notizia della caduta del Fascismo e dell’arresto di Mussolini il 25 luglio 1943...
Fu però una mera illusione rinnovata l’8 settembre dall’annuncio alla radio da parte di Pietro Badoglio dell’armistizio firmato.
Erano tutti felici: iniziarono i festeggiamenti, ma l’entusiasmo e l’allegria erano destinati a spegnersi in poche ore. Pochi furono coloro che avevano compreso la gravità della situazione. Quando Romolo Ragnoli, futuro comandante partigiano, vide passare degli autocarri tedeschi, capì immediatamente che la guerra non era finita, anzi stava ricominciando.
Il 9 settembre iniziò, infatti, l’occupazione tedesca del territorio italiano, mentre i fascisti si stavano già riorganizzando.
A sua volta l’esercito italiano rimase senza alcuna disposizione dopo la ignominiosa fuga del Re e di Badoglio a Brindisi. Alla richiesta di collaborare con i tedeschi e di continuare la guerra al loro fianco, però, ben pochi accettarono; mentre quanti si rifiutarono, furono deportati e 50 mila di loro non sono più tornati.
Il loro sacrificio va ricordato nella ricorrenza odierna quale forma di resistenza passiva alla logica del dispotismo.
Quei pochi militari italiani che avevano compreso la gravità della situazione venutasi a creare all’indomani dell’armistizio e non avevano perciò atteso il previsto arrivo delle truppe naziste di occupazione, agirono in fretta e si ripararono sulle montagne.
Erano giovani uomini che non intendevano rassegnarsi ai nazisti e ai fascisti, uniti da un comune sentimento di delusione, ma soprattutto di ribellione.
Avevano alle spalle poca se non nessuna esperienza di guerra, ma avevano il forte desiderio di fare qualcosa, di riscrivere le brutte pagine di storia che avevano vissuto fino a quel momento.
Ben presto la Resistenza si trasformò in una guerra civile che oppose italiani a italiani: da una parte i partigiani, che combattevano per la libertà, per l’uguaglianza e per la democrazia, e dall’altra i fascisti delle “Brigate Nere” fedeli a Mussolini e alla Repubblica di Salò.
Fu una guerra civile, ma soprattutto fratricida: giovani che fino a quel momento erano cresciuti insieme, ora si ritrovavano a combattere gli uni contro gli altri in una guerra sanguinosa.
L’unica cosa che li differenziava era la loro ideologia politica. Erano tutti cresciuti negli anni in cui il regime fascista, fedele al proposito di accompagnare l’individuo “dalla culla alla tomba”, era riuscito a plasmare la mente dei cittadini. Nonostante ciò, alla caduta del regime furono pochi, come già detto, coloro che continuarono a dimostrare la loro fedeltà al Duce.
È opportuno ricordare che le radici della Resistenza italiana vanno ricercate nel ventennio della dittatura, una silenziosa ma crescente opposizione a un regime spietato contro quanti si opponevano ad esso.
Tali radici sono maturate durante la Seconda guerra mondiale, voluta dalla cieca politica espansionistica di Mussolini.
Dunque, tra l’antifascismo dei primi anni e la guerra delle brigate partigiane, non vi fu alcuna differenza se non il cambiare dei metodi al mutare della situazione.
Gli effetti dell’insurrezione partigiana si manifestarono con la liberazione di molte città.
La guerra di Resistenza si prolungò per venti mesi, fino a quando il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia lanciò l’ordine di insurrezione generale il 25 aprile del 1945, che oggi ricordiamo come il giorno della Liberazione.
Si conclusero così le sanguinose rappresaglie tedesche e fasciste contro i partigiani e la popolazione civile.
La Resistenza fu un “secondo Risorgimento” poiché i partigiani dovettero rifare l’opera che era stata già compiuta con le Guerre di Indipendenza, liberando il territorio nazionale nuovamente invaso.
I suoi valori sono diventati da quel giorno la base per la costruzione di una nuova Italia, che andava ricucita dal punto di vista materiale, ma soprattutto morale. Venne condannata ogni forma di oppressione, lasciando il primato invece alla libertà, all’uguaglianza e alla democrazia: valori sanciti dalla Costituzione italiana come diritti inviolabili di ogni essere umano.
Contro ogni forma di totalitarismo venne promossa la Repubblica, con la partecipazione diretta del popolo, a cui appartiene la sovranità e che si impegna a dimostrarsi solidale per il perseguimento del bene comune.
Pertanto, la Costituzione italiana che conosciamo oggi è nata dalla lotta per la liberazione delle brigate partigiane di orientamento cattolico, liberale, comunista e socialista: è il risultato, quindi, di un compromesso tra le diverse forze politiche con le loro diverse visioni.
Ogni forza politica ha rinunciato a qualcuno dei propri ideali per garantire la convivenza democratica tra tutti dando vita così a una Costituzione che tenesse conto di tutti.
In molte città e paesi sono stati eretti negli anni monumenti e sono state dedicate piazze e vie alla memoria dei caduti della lotta partigiana.
I partigiani combattenti in Italia furono 240.969 riconosciuti, di cui 35.001 donne, e i caduti furono 44.270.
«Mamma: quando avrai la triste notizia benedicimi e prega sempre».
«Ora, carissimi, vi saluto tutti per l’ultima volta; vi abbraccio con affetto filiale e fraterno».
«Non ho rimpianti nel lasciare questa mia vita perché coscientemente l’ho offerta per questa terra che immensamente ho amato».
Queste le ultime parole scritte ai familiari rispettivamente dai partigiani Perlasca, Bettinzoli e Pelosi la notte precedente alla loro fucilazione.
Anche se è evidente che un lungo cammino sulla via del rinnovamento è stato percorso, è difficile affermare con certezza se gli obiettivi della Resistenza si siano realizzati.
Questo dà un significato più vivo e attuale alla Resistenza stessa, perché significa che i valori per cui hanno combattuto i partigiani devono restare ancora oggi un obiettivo per gli italiani, ogni giorno e non solo il 25 aprile.
La “lotta di liberazione” invita a non dimenticare i caduti che hanno resistito per permetterci di essere liberi oggi e insegna, soprattutto, ad imparare dalla storia per non ripetere gli errori del passato e rivivere la tragedia e la follia della guerra.
Dabo Awa 5A Servizi per la Sanità e l’Assistenza Sociale