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mercoledì, 22 gennaio 2014 Aggiornato alle 07:44Scienze

L'antimateria a portata di mano

di Redazione
Per la prima volta, con la collaborazione degli scienziati bresciani, al Cern di Ginevra è stato prodotto un fascio di atomi «anti-idrogeno»

L’esperimento Asacusa al Cern di Ginevra, al quale collaborano anche fisici italiani dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare è riuscito per la prima volta a produrre un fascio di atomi di anti-idrogeno.
Il risultato è presentato in un articolo pubblicato ieri su Nature Communications, nel quale la collaborazione scientifica spiega di aver rivelato in modo inequivocabile 80 atomi di anti-idrogeno 2,7 metri a valle della sorgente.

“Il risultato appena pubblicato – spiega Luca Venturelli dell’INFN di Brescia e dell’Università di Brescia che coordina il gruppo italiano della collaborazione – rende molto più concreta e vicina la possibilità di realizzare misure di precisione con gli atomi di anti-idrogeno”.
“E sondare le caratteristiche dell’antimateria – prosegue Venturelli – può aiutare a risolvere uno dei grandi misteri della fisica moderna: la prevalenza di materia rispetto all’antimateria nell’universo visibile”.

Una tecnica innovativa.
Oggi è possibile produrre quantità significative di anti-idrogeno mescolando antielettroni (detti anche positroni) e antiprotoni a bassa energia prodotti dal deceleratore di antiprotoni del Cern.
La difficoltà però sta nel mantenere gli antiatomi prodotti lontano dalla materia ordinaria, per evitare che annichilino (materia e antimateria, infatti, quando entrano in contatto si annichilano vicendevolmente). 

Per fare ciò gli esperimenti hanno sfruttato finora le proprietà magnetiche dell’anti-idrogeno utilizzando campi magnetici fortemente non uniformi per “intrappolare” gli antiatomi abbastanza a lungo per studiarli.
Tuttavia, i campi magnetici perturbano questi sistemi di anti-atomi compromettendo così la precisione delle misure e quindi lo studio del loro comportamento.

Per consentire una spettroscopia pulita ad alta risoluzione, la collaborazione Asacusa ha sviluppato una tecnica innovativa: produrre un fascio di antiparticelle in modo da studiare gli antiatomi “in volo”, lontano dai campi magnetici.
A 2,7 metri di distanza dalla sorgente, infatti, l’influenza dei campi magnetici utilizzati inizialmente per produrre gli antiatomi è piccola, quindi lo stato del sistema subisce perturbazioni minime.

Perché studiare l’antimateria.
Al momento del Big Bang, materia e antimateria si sono prodotte in uguali quantità.
Ma noi oggi viviamo in un mondo fatto di materia e dell’antimateria primordiale non è mai stata trovata traccia.
La materia ha quindi prevalso sull’antimateria e l’origine di questa asimmetria non è nota.

Essendo composto da un singolo protone e un singolo elettrone, l’idrogeno è il più semplice atomo esistente e uno dei sistemi investigati con maggior precisione e meglio compreso nella fisica moderna.
Così confrontare atomi di idrogeno e anti-idrogeno costituisce uno dei modi migliori per eseguire test di alta precisione sulla simmetria tra materia e antimateria.

Gli spettri di idrogeno e anti-idrogeno sono previsti essere identici: ogni piccola differenza tra loro potrebbe aiutare a risolvere il mistero dell’asimmetria e aprire una finestra sulla “nuova fisica”.

Fonte: comunicato stampa