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martedì, 1 aprile 2025 Aggiornato alle 08:04Eco del Perlasca

Il caso Pifferi

di Federico Tononi

Morta di stenti a 18 mesi, la piccola Diana lasciata a casa da sola per sei giorni da sua madre

 

 

Spesso abbiamo l’impressione che i casi di cronaca dei quali sentiamo parlare al telegiornale ci siano molto distanti, oltre al pensare che non potrebbe mai capitare una cosa del genere a noi.

 

Questo è dovuto probabilmente dal fatto che spesso casi di questo tipo avvengono fuori dal nostro paese, oppure perché risalgono a diversi anni fa, ma ciò non cambia il fatto che questa idea è falsa e che casi simili, se non uguali, possono accadere anche al giorno d’oggi e a pochi passi di distanza da casa nostra.

 

A dimostrazione di ciò c’è il caso di Diana e Alessia Pifferi, avvenuto a Milano nel 2022 e con novità risalenti a poco tempo fa.

 

A Milano, il 20 luglio 2022, la trentasettenne Alessia Pifferi rientra a casa, ma nota subito qualcosa di insolito: sua figlia Diana, di solo 18 mesi, è nel suo lettino, ma non si muove. 

Alessia, preoccupata, va da lei e prova a chiamarla, a darle da bere, a scuoterla, ma Diana non respira. A quel punto Alessia va a chiedere aiuto alla vicina di casa e successivamente le due chiamano il 112.

 

I soccorsi, una volta entrati in casa, notano subito un dettaglio preoccupante: i piedi, le mani e le palpebre della piccola Diana sono completamente neri; questo è dovuto al fatto che ormai i suoi arti sono necrotici siccome la bambina era morta dalle 24 alle 48 ore precedenti.

 

Questo fatto, insieme al continuo cambio di testimonianza della madre riguardante i giorni precedenti, fanno capire immediatamente alle autorità che la morte della piccola Diana celava qualcosa di molto più oscuro e agghiacciante di quello che si sarebbero mai potuti aspettare.

 

La risposta non tarda molto ad arrivare, grazie ai dati dell’autopsia si è arrivati alla conclusione che Alessia Pifferi aveva abbandonato per sei giorni la figlia Diana di 18 mesi a casa completamente da sola, lasciando nel lettino accanto a lei solamente due biberon di latte, due bottigliette d’acqua e una di “teuccio”, come lo chiama Alessia. 

Infatti, la morte avviene a seguito di una forte disidratazione, aggravata dalle pressanti temperature del mese estivo, e dalla fame che, come testimonia uno degli operatori del 112 che accorsero sul luogo del decesso, era così grave che la bambina aveva provato a mangiare il suo stesso pannolino per sopravvivere.

 

Mentre avviene l’autopsia, Alessia viene portata in Questura e viene interrogata dalle autorità.

 

Lei racconta di trovarsi in una relazione tossica con un uomo aggressivo e possessivo di nome Angelo Mario e che nelle settimane precedenti era già capitato numerose volte che per il fine settimana, da venerdì sera a lunedì mattina, lasciasse da sola a casa Diana per passarlo con Angelo. 

Ha specificato che, come ogni volta che tornava a casa, la bambina era in ottime condizioni; questo fino ad arrivare a giovedì 14 luglio, quando uscì di casa come suo solito lasciando la bambina da sola, per poi tornare mercoledì 20 luglio, trovando la figlia “sorprendentemente” morta.

 

Nell’interrogatorio le viene chiesto come mai, al contrario delle altre volte, in questo caso non era stata via solo il fine settimana, bensì quasi una settimana intera. 

Lei risponde dicendo che non lo sapeva con certezza e che non era nei suoi programmi rimanere fuori così a lungo, cosa che però va in contrasto con il fatto che la valigia con cui era uscita di casa il 14 luglio aveva al suo interno 30 vestiti da sera, e ciò le autorità glielo fanno notare. 

Lei però si difende dicendo che è fatta così e che si porterebbe dietro 30 vestiti da sera anche se dovesse uscire solo per due giorni, in quanto le piace cambiarsi di continuo.

 

Successivamente le viene chiesto se le era venuto in mente di passare da casa per vedere come stava Diana, ma lei dice di no; poi le viene chiesto se nei sei giorni in cui era rimasta fuori casa fosse mai stata a Milano e lei di nuovo risponde di no, ma ciò verrà poi smentito al processo, in quanto il 18 luglio Alessia passò da Milano insieme ad Angelo Mario, mentre Diana era ancora viva da sola a casa e, se solo Alessia fosse passata a trovarla quel giorno dandole da mangiare e da bere, Diana non sarebbe morta il giorno seguente di stenti.

 

Dopo questo interrogatorio Alessia viene arrestata e a marzo del 2023 inizia il suo processo in cui viene accusata di omicidio volontario pluriaggravato.

 

Nel corso del processo testimoniano anche Angelo Mario, la madre e la sorella di Alessia che si sono costituiti parte civile e quindi hanno preso le distanze da Alessia, non testimoniando a suo favore.

 

Nel corso del suo processo la difesa prova di tutto per far ottenere ad Alessia l’infermità mentale chiedendo l’assoluzione, ritenendo Alessia non capace d’intendere di volere, d’altra parte l’accusa richiede l’ergastolo in quanto considera che l’atto era premeditato e che Alessia avesse voluto sbarazzarsi di Diana in quanto la considerava come un peso per la sua libertà.

 

Durante il processo emergono nuove prove a favore dell’accusa, come il fatto che Alessia mentisse di continuo e avesse raccontato una versione diversa dei fatti a tutte le persone vicino a lei. 

Inoltre, come ha detto l’accusa, da alcune chat di Alessia, emergeva come lei considerasse Diana un peso per la sua libertà e di come la trascurasse continuamente, arrivando anche a sedarla pur di farla stare buona.

 

Il 13 maggio del 2024 infine viene emanata la sentenza e Alessia Pifferi viene dichiarata colpevole senza l’aggravante della premeditazione, viene condannata in primo grado all’ergastolo, oltre a dover elargire un risarcimento di 20.000 euro alla sorella e 50.000 euro alla madre.

 

Alessia successivamente ha fatto ricorso in appello e la richiesta è stata accettata.

La data del processo d’appello era stata fissata al 29 gennaio 2025, il giorno in cui la piccola Diana avrebbe compiuto 4 anni.

 

Si torna in aula il 2 luglio prossimo per l'esame dei periti che per 90 giorni, a partire dallo scorso 26 marzo, avranno modo di valutare se la Pifferi al momento dei fatti fosse in gradi di intender e di volere.

 

Di Federico Tononi, 4A Grafica

 

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