24 Febbraio 2023, 09.30
Valsabbia
Blog - Aqua Alma

Climate change, Guterres: attendiamoci esodi biblici!

di Mariano Mazzacani

Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti. Il nostro Lago di Garda si trova in condizioni che a memoria d’uomo non si erano mai viste, una situazione estremamente critica certificata anche dai report di Ispra


«Il progresso umano non è automatico, né inevitabile. Dobbiamo accettare il fatto che domani è oggi, confrontarci con la furiosa urgenza del presente. In questo groviglio di vita e di storia che si sta dipanando, potrebbe essere troppo tardi [...]. Potremmo implorare il tempo di interrompere per un attimo il suo viaggio, ma il tempo è sordo a ogni richiesta e corre via. Sulle ossa sbiancate e i resti abbandonati di numerose civiltà, vi è una triste scritta: troppo tardi». Martin Luther King Jr.

 I corsi d’acqua sono sempre più asciutti ed il clima sempre più imprevedibile. La complessità dei sistemi naturali non può essere interpretata e corretta con le conoscenze tecniche attuali a cui l’uomo si aggrappa per trovare soluzioni ai danni da lui stesso causati. Ma quello lanciato da António Guterres segretario generale delle Nazioni Unite è un allarme che non può essere ignorato.

In un'intervista al Guardian lancia l’allarme sui drammatici effetti dell’innalzamento del livello dei mari, causato dallo scioglimento dei ghiacci, in seguito al cambiamento climatico. Il segretario chiede un'azione urgente poiché l'aumento del livello degli oceani causato dal clima porterà "un torrente di problemi" a quasi un miliardo di persone.

Un aumento del ritmo dell’innalzamento del livello del mare è una minaccia tale da doverci attendere “un esodo di intere popolazioni su scala biblica”, ha avvertito il segretario generale delle Nazioni Unite.

La crisi climatica sta facendo aumentare il livello del mare più velocemente di quanto atteso, travolgendo quasi un miliardo di persone nei cinque continenti, mentre alcune nazioni potrebbero addirittura scomparire sommerse dalle onde!

Rivolgendosi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, Guterres ha affermato che è necessario ridurre drasticamente le emissioni di carbonio, poiché già oggi bisogna affrontare problemi, come la povertà, che amplifica gli effetti dell'innalzamento del mare sulle comunità ma al contempo è necessario sviluppare nuove leggi internazionali per proteggere coloro che sono rimasti senza casa compresi gli apolidi.

Sempre Guterres ha affermato che l'innalzamento del livello del mare è un amplificatore delle minacce che colpiscono le aree critiche impattando su vite umane, economie e infrastrutture, che avrà "implicazioni drammatiche" per la pace e la sicurezza.

Un significativo innalzamento del livello del mare è già inevitabile con gli attuali livelli di riscaldamento globale, ma le conseguenze della mancata risoluzione del problema sono “impensabili” tanto da dover affrontare una concorrenza sempre più feroce per l'acqua dolce, la terra e altre risorse.

“I diritti umani delle persone non scompaiono perché le loro case scompaiono”, visto che esiste il diritto internazionale dei rifugiati."

Una nuova raccolta di dati dell'Organizzazione meteorologica mondiale (WMO o OMM) mostra come il livello del mare stia aumentando rapidamente e l'oceano globale si sia riscaldato più velocemente che mai nell'ultimo secolo.

Il professor Petteri Taalas,
segretario generale dell'OMM, ha dichiarato: «L'innalzamento del livello del mare impone rischi per le economie, i mezzi di sussistenza, gli insediamenti, la salute, il benessere, la sicurezza alimentare e idrica e i valori culturali nel breve e lungo termine».

Guterres concludendo: «Anche se il riscaldamento globale sarà miracolosamente limitato a 1,5°C, ci sarà comunque un considerevole innalzamento del livello del mare».

Un rapporto delle Nazioni Unite di ottobre ha affermato che "non esiste alcun percorso credibile verso 1,5°C ". Gli attuali obiettivi nazionali, se raggiunti, significherebbero un aumento della temperatura di 2,4°C.

Leggere le parole di Guterres fa tornare alla mente gli allarmi lanciati negli ultimi decenni da ambienti scientifici, sulla necessità di una più stringente lotta ai cambiamenti climatici. Basti ricordare quanto riportato nel rapporto per lo sviluppo umano di UNDP del 2007-2008 in cui si dichiarava “abbiamo solo pochi anni per invertire il processo in atto” riferendosi ovviamente alla produzione di CO2 e degli altri Gas Climalteranti.

«Ciò che facciamo oggi riguardo ai cambiamenti climatici avrà conseguenze che si protrarranno per un secolo o più. La parte di tali cambiamenti dovuta alle emissioni di gas a effetto serra non sarà reversibile in un futuro prevedibile. I gas serra che libereremo nell’atmosfera nel 2008 vi rimarranno fino al 2108 e oltre. Le scelte di oggi, dunque, influiranno non solo sulla nostra vita, ma ancora di più sulla vita dei nostri figli e nipoti. È questo aspetto che rende i cambiamenti climatici diversi e più complicati di altre sfide politiche.».

Oltre 15 anni sono passati
dalla pubblicazione di quel rapporto e purtroppo oggi stiamo affrontando i nodi arrivati al pettine.

Il rapporto proseguiva con «ci stiamo gradualmente avvicinando ai «punti di svolta», cioè eventi imprevedibili e non lineari che potrebbero aprire la porta a catastrofi ecologiche», ed eravamo nel 2007! Il risultato non poteva essere diverso visto la complessità dei sistemi naturali, di cui l’uomo ha una limitata conoscenza, tanto che oggi ci si rende conto che le previsioni erano fin troppo ottimistiche: la velocità di impatto sui sistemi naturali a causa del cambiamento climatico è molto più alta di quanto preventivato! La cosa drammatica, al di là delle cifre e delle misurazioni, è un semplice dato di fatto: stiamo amministrando in modo sconsiderato l’interdipendenza ecologica del pianeta. La nostra generazione sta accumulando un debito ecologico insostenibile, che graverà sulle spalle delle generazioni future.

Per confermare quanto dichiarato da Guterres
, già nel rapporto citato, si affermava che l’aumento delle temperature globali di 3-4°C avrebbe causato il trasferimento temporaneo o permanente, a causa di inondazioni, di 330 milioni di persone!

La scelta reale con cui oggi i leader politici e gli individui devono fare i conti è tra i valori umani universali da una parte, e la partecipazione alla diffusa e sistematica violazione dei diritti umani dall’altra ed è palese che nessuna nazione può vincere da sola la battaglia contro i cambiamenti climatici perciò l’azione collettiva non è un’opzione, ma un imperativo.

Un imperativo che ogni individuo deve fare proprio, ognuno di noi deve fare la propria parte agendo in modo che tutti, intorno a lui e nei luoghi deputati alle decisioni agisca per fermare l’orologio dell’apocalisse evitando di essere catapultati in un mondo post apocalittico alla Mad Max.

Dobbiamo agire in fretta ma applicando quel principio di precauzione spesso disatteso soprattutto quando ci sono in gioco “forti interessi”.

E quando si parla di “energia” gli interessi in gioco sono sempre a nove zeri e più. Perciò non dovremmo farci ingannare dal dito che indica la luna, adottando risorse e tecnologie “nuove” che potrebbero rivelarsi cure peggiori della malattia da curare col risultato di amplificare ulteriormente l’impatto sui sistemi naturali.

Ed oggi quel dito è rappresentato dall’Idrogeno verde (?) che lascia però in sospeso grandi questioni da approfondire relative allo stoccaggio e trasporto della risorsa, come ben descritto in un approfondimento di Altreconomia. (https://altreconomia.it/lillusione-dellidrogeno-verde-che-non-aiuta-la-transizione-in-europa/).

Dunque è sempre più evidente
lo scollamento tra la cruda realtà dei fatti e le decisioni degli opinion maker politici pressati dal sistema lobbistico e purtroppo il divario tra l’evidenza scientifica e la risposta politica non accenna a diminuire tanto che viviamo in un quotidiano “Don’t look up”. Nonostante lo scenario sia preoccupante, esperienze positive non mancano.

La fornitura di energie rinnovabili è in aumento
, grazie anche agli incentivi concessi in diversi stati, pur tuttavia, i progressi nel complesso sono molto inferiori alle potenzialità e non sono soddisfacenti in termini di mitigazione.

La sfida climatica del XXI secolo
del riscaldamento globale è già in corso. Le temperature mondiali sono aumentate di oltre 1°C dall’avvento dell’era industriale e il tasso di incremento sta accelerando.

Esiste una schiacciante quantità di prove scientifiche che collegano l’aumento della temperatura all’incremento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera.

Non esiste una linea di demarcazione rigida tra cambiamenti climatici «pericolosi» e «sicuri» tanto che gran parte degli abitanti più poveri e degli ecosistemi più fragili del pianeta sono già costretti ad adattarsi ai mutamenti pericolosi del clima.

Oltre la soglia dei 2°C di aumento, però, crescerà enormemente il rischio di gravi inversioni di tendenza dello sviluppo umano e di catastrofi ecologiche irreversibili. Entro la fine del XXI secolo, lo spettro di conseguenze ecologiche catastrofiche potrebbe trasferirsi dai confini del possibile a quelli del probabile.

I recenti dati sull’accelerazione del collasso delle calotte di ghiaccio dell’Antartide e della Groenlandia, la scomparsa dei ghiacciai alpini e Himalayani, l’acidificazione degli oceani, l’arretramento delle foreste pluviali e lo scioglimento del permafrost artico sono tutti fenomeni che possono portare, separatamente o in interazione tra loro, a «punti di svolta».

Ogni nazione contribuisce in maniera molto diversa alle emissioni dei gas serra nell’atmosfera terrestre. Il 15 per cento della popolazione mondiale, le nazioni ricche, ha inciso fortemente sulla produzione di CO2. Oggi sono entrate a far parte di questo club anche Cina e India rispettivamente primo e quarto produttore mondiale.

I cambiamenti climatici impongono all’umanità scelte sostanziali per evitare inversioni di tendenza dello sviluppo umano per il XXI secolo e rischi catastrofici per le generazioni future, ma solo intervenendo con urgenza che purtroppo, al momento, è un termine non presente nelle agende dei decisori politici.

Nella retorica dei governi il problema dei cambiamenti climatici è definita una «crisi per la sicurezza globale», ma le azioni, o piuttosto inazioni, politiche in materia di riforme energetiche non corrispondono alle intenzioni dichiarate. Non mancano anche voci discordanti che non ritengono reali questi pericoli: i negazionisti del clima sono purtroppo ormai una folta schiera.


Un primo passo
in direzione dell’intervento e della leadership politica è il riconoscimento da parte dei governi che la minaccia da affrontare potrebbe essere la peggiore mai posta all’umanità. Affrontare tale minaccia comporterà sfide su più fronti.

Significa, soprattutto e prima di tutto, mettere in discussione il nostro modo di intendere il progresso. La realtà climatica è la miglior dimostrazione che il progresso umano non coincide con la creazione di ricchezza economica.

Se permangono le attuali politiche energetiche, la crescente prosperità economica andrà di pari passo con minacce sempre più gravi per lo sviluppo umano di oggi e per il benessere delle generazioni di domani.

L’attuale crescita economica ad alta intensità di emissioni è sintomatica di un problema più grave poiché è evidente che il modello economico alla base di questa crescita, e i consumi sregolati che la accompagnano nei paesi ricchi, sono insostenibili dal punto di vista ecologico.

Non è più possibile ragionare
di crescita all’infinito in mondo finito misurando al contempo la ricchezza delle nazioni con un indice il PIL che comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana un indice che cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.. (Robert Kennedy).

Per il nostro concetto di progresso, non c’è sfida più grande che quella di riallineare le attività economiche e i consumi con le realtà ecologiche. La lotta ai cambiamenti climatici ci impone di mettere gli imperativi ecologici al centro dell’economia, a partire dai paesi industrializzati, e senza indugio. È prioritario giungere a un accordo internazionale vincolante per ridurre le emissioni di gas serra nel lungo termine, che preveda però anche obiettivi rigorosi per il breve e medio periodo.

I principali paesi in via di sviluppo
devono essere coinvolti nell’accordo e impegnarsi a ridurre le rispettive emissioni. L’impegno, però, deve essere commisurato alle loro condizioni e capacità, e rispondere al dovere imprescindibile di sostenere il progresso nella riduzione della povertà. Qualsiasi accordo multilaterale che non contempli restrizioni quantitative anche per i paesi in via di sviluppo non avrà la credibilità necessaria in termini di mitigazione dei cambiamenti climatici.

Al contempo, un accordo del genere è impensabile in assenza di misure per il trasferimento di fondi e tecnologie da parte dei paesi ricchi, che hanno la responsabilità storica dei cambiamenti climatici. Il mondo è comunque destinato a un sostanziale innalzamento delle temperature nella prima metà del XXI secolo, anche in presenza di interventi rigorosi di mitigazione.

Per la generazione attuale, la sfida è quella di mantenere aperta la finestra di tempo utile, portando a una flessione delle emissioni di gas serra. Avviare questo processo è un’opportunità di portata storica per l’intero pianeta ed una priorità per l’interesse delle future generazioni.

Fonti:
The Guardian Damian Carrington Febbraio 23; UNPD REPORT 2007-2008;

https://ourworldindata.org/grapher/annual-co2-emissions-per-country?tab=chart


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