11 Giugno 2023, 08.00
Valsabbia
Blog - Aqua Alma

Acqua come arma di guerra

di Mariano Mazzacani

L’acqua in molte occasioni è stata utilizzata, all’interno di conflitti, come una vera e propria arma di distruzione di massa


Un ruolo essenziale nell’antichità
grazie, purtroppo, ad azioni come l’avvelenamento delle sorgenti d’acqua sino agli allagamenti per ostacolare l’avanzata di eserciti nemici. Azioni belliche narrate da diversi autori antichi, greci e romani e citate nei manuali di guerra dell’epoca.

Oggi le convenzioni internazionali proibirebbero il ricorso a tali strumenti ma purtroppo, l’animo umano, durante i confitti, si esprime al peggio e spesso, tali accadimenti, si possono rinvenire in conflitti regionali.

La storia umana, quella più recente riguardante gli ultimi millenni, è costellata di azioni militari che hanno avuto come oggetto di offesa ma anche di difesa, le risorse idriche e le relative infrastrutture.

Ciò è dovuto
alle caratteristiche stesse dell’elemento: l’essenzialità per la vita e per tutti i suoi processi comporta che una sua penuria o inutilizzabilità siano in grado di bloccare l’attività umana.

Questo è il filo rosso
che unisce la storia delle comunità umane: nonostante il progresso questo elemento primordiale non è sostituibile!

L’acqua è stato elemento di difesa: utilizzata per i fossati perimetrali o quale ostacolo all’avanzata delle orde nemiche causate da inondazioni “artificiali” provocate dagli eserciti.

Il passato militare umano
è caratterizzato da azioni belliche in cui l’acqua era utilizzata come arma in diversi conflitti, anche nel XX secolo, malgrado regole internazionali ne proibiscano il suo utilizzo come riportato nella Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949.

Soprattutto in quella che viene definita
“guerra asimmetrica”, tipica delle formazioni terroristiche, le risorse idriche sono oggetto di attenzione e molti paesi ritengono opportuno esaminare gli aspetti tecnici e di sanità pubblica per i rischi derivanti da eventuali contaminazioni intenzionale delle acque (ISS, 2005).

Ritornando all’antichità
risalendo fino al generale Quinto Fabio Massimo, che in più occasioni, seppe far uso di tattiche di “guerra asimmetrica” fra le quali va inclusa anche la contaminazione intenzionale dell’acqua di pozzi o sorgenti riguardanti l’impiego di veleni (Fonte Publio Annio Floro).

Un altro episodio
vede protagonista il Generale Romano Aquilio inviato nel 129 a.C. nella neocostituita Provincia Romana di Asia, per reprimere una ribellione che stava dilagando, non esitò a contaminare l’acqua delle città assediate fra le quali anche Pergamo.

Tale espediente era però, anche allora, ritenuto malvagio e dunque da stigmatizzare “e benché affrettasse la vittoria, fu motivo di vergogna, perché aveva disonorato le armi romane attraverso l’uso di droghe, in violazione delle leggi del cielo e delle usanze dei nostri antenati” (Florus Rerum Romanorum Libro I, 35 7)”.

Secondo Ugo Grozio (latinizzato in Hugo Grotius), filosofo e giurista olandese considerato il padre del moderno diritto internazionale, per i Romani contaminare le acque era considerato atto ignobile ed esecrabile ma tuttavia erano consentiti altri usi bellici dell’acqua: “… è da considerarsi accettabile modificare il tracciato di un fiume o interrompere l’alimentazione di una sorgente, in quanto è un fatto permesso per natura e per convenzione” (Grotius De Jure Belli ac Pacis Libro III, 4 16-17).

Se l’avvelenamento delle acque
per i Romani era azione di cui vergognarsi, così non accade per i Greci che, al contrario lo annoverano fra le pratiche militare normalmente accettate tanto che gli Ateniesi accusarono gli Spartani di avere contaminato le cisterne di acqua del Pireo, innescando la grave epidemia che nel 430 a.C. uccise oltre un terzo della popolazione, fra i quali lo stesso Pericle.

In continuità con la tradizione greca
è riportata nel testo militare di riferimento dei Bizantini che la contaminazione intenzionale dell’acqua viene assurta a normale strumento militare.

Nelle massime riportate sullo Strategikon di Maurizio è scritto infatti “Il Generale deve mettere a punto piani per sconfiggere il nemico non solo con le armi ma anche con il cibo e l’acqua, rendendo l’acqua imbevibile e avvelenando il grano...” (Maurizio Strategikon Libro VIII, 2 99), superando con ciò perplessità e critiche che potevano anche essere emerse in precedenza…

Facciamo un salto spazio-temporale
per arrivare ai giorni nostri con uno sguardo a cosa è accaduto in questi giorni in Ucraina. Il governo ucraino ha accusato la Russia di aver fatto saltare la diga Nova Kakhoyka un’infrastruttura cruciale per la parte meridionale del paese e per il rifornimento d’acqua alla Crimea.

Da subito è scattata l’evacuazione della zona critica, lungo i territori sulla riva destra del fiume controllata dagli ucraini, di circa 16mila persone. Da subito sono iniziati i rimpalli sulle responsabilità.

Secondo Mosca l’esplosione è stata causata dai bombardamenti ucraini finalizzata a causare una grave crisi idrica in Crimea mentre secondo la controparte ucraina l’obbiettivo dei russi era di ostacolare l’avanzata del loro esercito impegnato nelle prime fasi, dell’annunciata, controffensiva di massa.

Si levano anche voci neutrali come quello dell’agenzia Interfax che, citando un anonimo rappresentante dei servizi di emergenza regionali, addebitano il crollo ad un cedimento strutturale che parrebbe causato dall’alto livello delle acque raggiunto, il massimo da 30 anni, a causa dello scarso deflusso per le poche paratoie aperte dagli occupanti russi.

Dunque, niente di nuovo sotto il sole? Tattiche di guerra asimmetrica utilizzate già dagli antichi greci e Romani (ma non solo) dobbiamo dunque dar ragione ad Odifreddi quando dice che l’uomo è ormai una chimera provvista di emozioni preistoriche, concezioni medievali e tecnologie avveniristiche? Veramente non siamo in grado di evolvere forse una forma sociale che faccia tesoro della storia passata?

Si tratta di un crimine di guerra?
Secondo la Convenzione di Ginevra, far saltare in aria una diga può essere considerato un crimine di guerra se “può causare il rilascio di forze pericolose e conseguenti gravi perdite tra la popolazione civile”. Il ponte sulla diga oltre che un’infrastruttura idrica rappresentava uno dei due punti di attraversamento sul Dnipro a sud della città di Zaporizhzhia.

L'altro, il ponte stradale Antonivksy a Kherson, era già stato distrutto a novembre dai russi in ritirata. A causa della distruzione della diga, le aree più a rischio di inondazione sono le isole lungo il corso del Dnipro a valle di Nova Kakhovka e gran parte della sponda sinistra controllata dai russi a sud di Kherson.

Le preoccupazioni riguardano però gli effetti collaterali del crollo della diga, in particolare preoccupa la perdita all’accesso all’acqua per il raffreddamento dei reattori della centrale nucleare di Zaporizhzhia.

Secondo la AIEA (Agenzia internazionale per l'energia atomica), gli esperti che monitorano la situazione non vedono rischi immediati per la sicurezza nucleare nell'impianto. L’altro effetto collaterale riguarda invece l'approvvigionamento di acqua della Crimea che potrebbe essere gravemente compromesso dallo svuotamento dell’invaso.

Ma a preoccupare di più
sono i danni collaterali a lungo termine nello specifico ci riferiamo ai danni ecologici, visto che sarà avvelenata la terra, una delle più fertili del mondo, secondo Maxim Ostapenko, ex direttore del parco naturale di Khortytsya, situato a valle della diga.

Il rischio, addirittura, è che la colata di fango “inquinante” raggiunga le coste della Bulgaria e della Romania: «Non voglio neppure pensare ai sedimenti degli impianti metallurgici che ci sono sul fondo del bacino a monte. Se si muovessero, causerebbero un avvelenamento perpetuo», ha aggiunto.

I primi, devastanti, effetti sono già evidenti visto che vari video mostrano la moria di pesci, ricoperti di liquido nero, agonizzanti su una spiaggia di Marynske, nella regione meridionale di Dnipro: una morìa che, secondo le prime ipotesi, è causata dall’olio idraulico fuoriuscito dalla diga. Le conseguenze sull’ecosistema ucraino riguarderebbero anche i tre parchi nazionali visto che animali, pesci e uccelli stanno morendo «in grande quantità».

Tra le zone protette coinvolte c’è la Riserva della biosfera del Mar Nero, patrimonio Unesco nella regione di Kherson, che vanta tremila specie di invertebrati, sessanta di vertebrati e ottanta di pesci. Si tratta della riserva naturale più grande del Paese, contraddistinta da una straordinaria varietà di paesaggi incontaminati: steppe forestali, paludi, deserti sabbiosi, isole e baie marine.

Ai danni ambientali andranno aggiunti danni alle produzioni agricole visto che il crollo della diga lascerà a secco trentuno sistemi di irrigazione sparsi nelle regioni di Dnipropetrovsk, Kherson e Zaporizhzhia.

Nell’oblast di Kherson, gli allagamenti coinvolgerebbero in totale diecimila ettari di terreno agricolo nella sponda destra del fiume Dnipro. In quella sinistra, sotto l’occupazione delle forze armate russe, l’area sommersa potrebbe rivelarsi molto più ampia.

Tutto il delta del fiume Dnipro, secondo Kyjiv, rischia di trasformarsi in un deserto a causa dei problemi di irrigazione.

Chi avvantaggio tutto ciò? Kiev e Mosca naturalmente si accusano a vicenda ma nessuno, sinora ha prodotto prove certe. Secondo esperti USA l’episodio si inserisce nel contesto di quella che potrebbe essere la prima fase di una controffensiva di terra da parte ucraina volta a riconquistare i territori occupati e controllati dall’esercito russo.

Anche per questo, nelle ore immediatamente successive al danneggiamento dell’infrastruttura analisti e osservatori si interrogano su quale delle due parti in lotta trarrà maggiori vantaggi dal rimodellamento che le inondazioni provocheranno lungo la linea del fronte.

Allo stato attuale però
sembra che la distruzione della diga danneggerà sia i territori sotto controllo ucraino sia quelli in mano ai russi. Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ha accusato l'Ucraina dicendo che Kiev voleva “spostare le forze e le attrezzature a difesa di Kherson in altre parti del fronte” per sostenere la sua controffensiva.

Ha suggerito che le inondazioni a valle della diga renderanno più facile per l'Ucraina difendere Kherson con meno forze e armi. Da parte sua, Kiev sostiene che le forze russe hanno fatto esplodere la diga per impedire alle truppe ucraine di attraversare il fiume a valle.

Certamente
chi subirà il colpo più duro saranno le popolazioni di quell’area e che, probabilmente, non avranno responsabilità di sorta riguardo l’accaduto!


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