28 Marzo 2021, 09.40
Gavardo
Blog - Maestro John

Antonio, il Tesio, i nipoti ed un amico

di John Comini

Il caro Antonio Poli lo incontravo d’estate, quando in paese ci si scioglieva per il caldo e allora salivo a leggere i libri, e “il vento odo stormir tra queste piante”.


Lo vedevo talvolta insieme all’affezionato nipote Marco, bravo a scuola e grande esperto nella raccolta di funghi. Antonio mi parlava di mille cose, passava dai ricordi del passato al racconto umoristico dei fatti della vita, ma sempre con un’appassionata visione dei tempi odierni. Poiché sapeva che scrivo spettacoli, un giorno mi raccontò della sua divertita partecipazione ad uno spettacolo della Filodrammatica (se non erro, “I due sergenti”). Erano lavori teatrali per soli attori maschi, poiché le regole vigenti allora per le sale cattoliche vietavano le compagnie promiscue (come ai tempi di Shakespeare!).

Sceso a casa, cercai quel copione nei libretti regalatimi dall’amico Gabriele Devoti, il cui padre si racconta fosse un vero mattatore sul palco. Qualche giorno dopo gli feci la sorpresa di portarglielo. Quasi si commosse! Non gli pareva vero di ritrovare un testo che aveva utilizzato per calcare le scene!

Il nipote Luca al funerale ha letto una commovente, stupenda lettera al nonno, e mi ha fatto il regalo di poterne riportare alcuni brani…
“Quanto ti piaceva parlare e parlare con tutti, di qualsiasi cosa, non eri di certo uno che si tirava indietro, sia quando c’era da parlare sia quando c’era da fare qualcosa insieme agli altri, o per gli altri, per la comunità e il paese.

La verità è che non si è mai pronti lasciare andare qualcuno, non lo sarà mai perché siamo umani non macchine, e a maggior ragione lasciare andare una persona come te che ha sempre fatto sentire tutti in sicurezza, attenzione, fratellanza, amore e cura. Che ora sia Dio ad avere cura di te.

Te ne sei andato lo stesso giorno con il tuo amico Giovanni Avanzi, ultimi pilastri di una grande e numerosa compagnia gavardese che univa le classi di ferro del ‘32, del ‘33, del ‘34, una compagnia di persone che hanno vissuto Gavardo nella sua interezza e totalità, per strada, nelle vie, nei borghi, nelle piazze, quando ancora non esistevano tante cose e tante distrazioni, quando per fare festa non si andava di certo in discoteca, ma si faceva festa insieme a Gavardo per il paese in piazza nei bar e nelle case, uniti tutti insieme con tavolate infinite e senza troppi complimenti o rancori ma sempre grandi compagnie e tavolate. E spesso con gite fuori porta soprattutto in montagna, della quale da buon fedele Alpino eri un grande amante.

Una generazione la vostra che non aveva nulla, che aveva ancora tutto da costruire, che quindi ha costruito e che ha fatto tanto per il paese, e di cui le generazioni successive ne hanno raccolto i frutti. Una generazione che ha rinforzato le basi per la Gavardo che oggi tutti conosciamo, un modo di vivere che aveva una sola parola davanti a tutte le altre, prima ancora di soldi, ricchezza, strafottenza, ambizioni c’era una sola parola e quella parola era: rispetto…

Ho avuto la fortuna e il privilegio di essere il primo tra i tuoi 10 nipoti e pronipote, con una differenza tra me e il tuo più piccolo nipote di quasi trent’anni. E da qualche mese eri anche bisnonno.
Il mio asilo da piccolo è stata la tua bicicletta. Io seduto di traverso, sulla canna di quella bicicletta ci sono cresciuto, in giro per ogni angolo di Gavardo.

Se vedevi qualcosa da sistemare bisognava passare dal Comune a dirlo altrimenti non eri contento, se c’era un sasso in mezzo alla strada dovevamo scendere dalla bici e andavi a spostarlo oppure se vedevi una carta per terra dovevi prenderla perché il paese fosse pulito e in ordine. Si andava avanti sulla bici a rilento perché ogni 20 metri ti fermavi a salutare qualcuno e parlare di tutto, la parola non ti mancava di certo per attaccare bottone con tutti, dal comune si passava al consorzio agricolo, alla chiesa di San Rocco, al mulino, al bocciodromo, a prendere il pane, in chiesa, a volte andavamo a Soprazocco alla tua casetta chiamata “Tirai”, o all’Isolo scendendo di fianco al ponte, prima di andare a pranzo al bar a bere il merlo. E quando a mezzogiorno suonavano le campane di San Rocco era ora di tornare a pranzo dalla nonna Mariangela.

Quanti possono dire di essere saliti 6-7 volte sul campanile della propria città? O di aver vendemmiato e schiacciato l’uva con i gambali? O di aver visto nascere la farina al mulino e imparato le cose dai propri occhi anziché leggendo su un libro a scuola? Io tutte queste cose oggi posso dirle, e tutti noi quante cose possiamo dire di aver fatto grazie a te. Prima ancora di iniziare a andare a scuola io sapevo già tantissime cose grazie a te, la mia prima scuola sei stato tu.

Tu che senza troppo riguardo ti prendevi il diritto di avvisare in comune che andava sistemato qualcosa, ti spostare un sasso da in mezzo alla strada, di aiutare chi stava lavorando nel paese dando una mano. Eppure non avevi nessun ruolo, nessun incarico scritto per farlo, nessun diritto scritto. Ma la vita di paese non è fatta solo di diritti scritti ma di regole invisibili e buone norme, di regole non scritte e quella regola non scritta si chiama senso civico. Grazie per il tuo senso civico che mi permetto di definire unico per il tuo paese e tutti noi te ne dovremmo essere grati…

Lode a te per la vita esemplare che hai condotto e allora oggi se tutto è come crediamo, dovrebbe esserci un’autostrada dritta verso il Paradiso con il cancello spalancato da San Pietro. Gloria a te.

Grazie a tutta Gavardo intera che si è unita in questi giorni ad Antonio nonostante la difficoltà immensa che tutto il mondo sta attraversando
Grazie al corpo degli Alpini di cui Antonio andava fiero

Grazie a tutta la parrocchia intera, a tutti i don, al coro parrocchiale di cui faceva parte e anche al Coro La Faita.

Hai avuto tutto quello che di importante c’era da avere dalla vita: amore, salute, bellezza, una famiglia. Sei stato il miglior nonno, il miglio padre e il miglior marito che potessimo desiderare dalla vita. Di meglio non potevamo avere. Io che credevo di non sapere niente sull’amore, in realtà mi sono accorto di sapere tutto sull’amore. Mi è bastato guardare per trenta lunghi anni te e la nonna Mariangela per rendermi conto che: io oggi sull’amore so tutto.”

Grazie, Luca, davvero! Ed ora riporto le affettuose, intense parole che Antonio Abastanotti ha scritto in ricordo dell’amico.
“Ho avuto il piacere di incontrarlo nei primi anni 50, quando ero membro del direttivo della D.C. e Lui era tra i nostri attivisti di partito. Antonio aveva allora 20 anni, ma era già molto impegnato per diffondere anche il giornale settimanale del partito “IL Cittadino”, edito dalla D.C. di Brescia, anche per contrastare la propaganda del Partito Comunista Bresciano che usciva con il giornale la “Verità”.  

Nei momenti più impegnativi per le elezioni dei due Parlamenti o quelle Amministrative per Regioni, Provincia, e Comunali, ogni partito che vi partecipava poteva affiggere dove voleva dei manifesti propagandistici. A quel tempo non vi erano spazi appositi e si affiggevano ovunque, se vi era spazio anche sulle pareti delle case, e si cercava di essere i primi ad incollare manifesti. Antonio, classe 1932, era sempre presente per questo lavoro, con gli amici Francesco Massolini suo coscritto e Renato Paganelli 1927, Giuseppe Lani, e Giuseppe Grumi 1926, Vittorio Bontempi 1928, ed  i miei cuginetti Vittorino 1931 e Agostino 1932. In sede si preparavano i pentolini con colla fatta con la farina bianca e acqua; consegnati i vari pennelli ci dividevamo in gruppi e si assegnavano le vie da fare. Qualche volta si potevano suscitare anche dei contrasti per accaparrarci gli spazi. Per tutti noi era come un divertimento.

Antonio negli anni che seguirono ha sempre aderito alla D.C. fino alla chiusura del Partito, aderendo attivamente, anche alcune volte come membro del direttivo, poi al Partito Popolare.

Con Lui ci incontravamo spesso in paese dove cercava di essere sempre presente: quante discussioni si facevano in merito ai problemi più urgenti del nostro caro paese. Con Antonio ho perso un caro amico.

Antonio voleva molto bene al suo paese ed ha sempre collaborato con tutte le amministrazioni Comunali, qualunque fosse il Partito che la guidava, con consigli e anche critiche se occorreva. Era anche molto impegnato perché il nostro paese fosse possibilmente sempre in ordine, controllando le zone dei cassonetti perché fossero utilizzati a dovere. Credo che il nostro paese abbia perso uno dei suoi migliori Cittadini.”

Un’ultima riflessione. Mio cognato Giovanni era amico di Antonio Poli, andavano in montagna insieme e condividevano molte cose della vita. Il Signore ha voluto che lasciassero questa terra insieme, e anche il funerale è stato celebrato nello stesso giorno, a distanza di poche ore. Approfitto per ringraziare, oltre ai fanti, il maestro Luigino Bertuetti e l’amico Beppe Mangiarini che hanno cantato in modo emozionante. E grazie a mio cognato Gabriele, che ci ha commosso per le parole dedicate al fratello. Ora Giovanni Avanzi ed Antonio Poli potranno festeggiare la Pasqua nell’infinito Amore di Dio.

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo
maestro John
                                                                                                                       
Nelle foto:
1) Antonio Poli in montagna
2) Con la dolce moglie Mariangela, sul Tesio (1979)
3) La grande famiglia di Antonio (e ne manca qualcuno!)
4) Campione di bocce
Grazie a Luca ed a Giovanni Goffi, grazie al mitico Antonio Abastanotti




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