Domenica, 5 ottobre 2025


Banner
ValleSabbiaNews logoBanner


 

domenica, 5 ottobre 2025 Aggiornato alle 08:00psicologia

Adolescenti e tecnologie

di Marzia Sellini

Genitori preoccupati perché i figli, non comunicano più con loro, con la stessa frequenza e modalità che adottavano prima. Perché? Che sta accadendo?

 

 

"Dottoressa non so più che fare con mio figlio! Da un mese a questa parte, quando torna a casa, pranza e poi si chiude subito in camera e lì rimane tutto il pomeriggio. A tavola giusto, giusto due battute. Io esordisco con un rassicurante: "Com'è andata oggi?" E lui, dal canto suo, replica con un serafico: "Tutto bene." Fine. La conversazione finisce lì.

 

Non so nulla di più di quel che gli sta accadendo, di quel che sta vivendo, di chi sta frequentando, di come gli vanno le giornate. È al primo anno di liceo, a scuola non ci ha mai dato problemi, ma non so davvero come sta, come si trova coi nuovi compagni, con i docenti. Lui dice bene, ma sarà davvero cosi? Devo credergli? È così risoluto con quei "bene", che il sospetto che ci sia dell'altro mi viene.

 

Possibile che non mi racconti mai nulla di quel che accade in aula? Che non ci siano episodi di cui parlare? Che non ci siano vicende coi suoi nuovi compagni che lo colpiscono? Io ho provato a sondare un po' il terreno, ma la risposta è sempre la medesima. Pensi che alle elementari era un chiacchierino, mi raccontava tutto, parlava per ore, adesso è chiuso come un riccio e parla a monosillabi.

 

Il pomeriggio, finiti i compiti, si sdraia sul letto e si mette a scrivere col cellulare, … almeno cosi mi pare, perché quando entro, in realtà, s'insospettisce e nasconde immediatamente quell'affare. Sa che io non voglio che abusi delle tecnologie. Sono preoccupata, avverto di non aver più possibilità di controllo. Anche il mio compagno lo è.

 

Sappiamo che a scuola i cellulari non li possono più utilizzare, e pensiamo che questo possa essere un vantaggio per la socializzazione; lui è rispettoso delle regole, perciò non dubito che le osservi, il problema sorge a casa, dove la sua stanza pare essere diventata una celletta di comunicazioni segrete. Come dobbiamo comportarci con lui? Ha dei consigli da darci?"

 

 

Questa è una delle richieste educative più tipiche e frequenti che ricevo negli ultimi anni da parte dei genitori. Genitori preoccupati perché i figli, non comunicano più con loro, con la stessa frequenza e modalità che adottavano prima.

 

Perché? Che sta accadendo?


Iniziamo col chiarire un primo punto: i figli credono di non comunicare, in verità, sappiamo da una delle principali teorie sulla comunicazione, proposta da Paul Watzlawick che non si può non comunicare. Che vuol dire? Vuol dire che l'essere umano è obbligato e inscritto in contesti che generano significati, pertanto è per lui impossibile non passare agli altri messaggi, perché comunicare non coincide col parlare, col dire.

 

Facciamo un esempio, posso rimanere seduto per ore sul divano, col pc sulle ginocchia a scrivere e vedere video, senza proferir parola, eppure, coloro che si trovano in quella stanza con me, leggeranno il mio comportamento, più o meno consapevolmente, come disinteressato, staccato, impegnato in altro, isolato, etc.

 

Il mio fare, o non fare, comunica qualcosa ai familiari. Questo punto andrebbe, gradualmente e con grande delicatezza, passato ai figli che stanno diventando grandi. Li aiuta a sviluppare una teoria della mente relazionale. Ricordiamo che il cervello non è dotato di teorie, queste si acquisiscono grazie all'apprendimento.

 

Dopodiché occorre chiarire cos'è l'adolescenza, l'adolescenza è quel periodo della vita in cui il giovane non è più un bambino, col diritto al gioco del bambino, ma non è nemmeno un adulto, con l'idea di libertà massima ed assoluta che ritengono detenga l'adulto. L'adolescente è in quella fase della vita, in cui sta esercitando, e sempre più sperimentando il suo diritto e la sua facoltà di "volere", pertanto, che accade? Accade che se, e quanto più l'adulto, comanda al figlio di comunicare, questo si chiude, esercitando così il suo volere. In questo caso il cellulare, luogo privato, diventa per il ragazzo anche una soluzione per sentirsi libero e grande.

 

Come uscire da questa empasse?

 

Il genitore può adottare diverse strategie. Ve ne indico tre, quelle che solitamente passo ai genitori, quando faccio i miei corsi di formazione, ma è chiaro che ce ne possono essere altre e che quanto più si conosce il ragazzo, quanto più si possono dare indicazioni particolari, costruendo un abito su misura.

 

Il genitore può sedersi a tavola e raccontare lui un episodio della sua giornata, in modo coinvolgente, simpatico, divertente ... è probabile che a quel punto, il piacere di raccontarsi la giornata si dilati.

 

Il genitore può accogliere il figlio con saluti diversi ogni giorno, a volte, quel che infastidisce gli esseri umani, è la ripetizione, posta come abitudine, rischia di risultare vuota di senso e sentimento. Può chiedere per esempio: "Che è accaduto di bello oggi?", "Qualche compagno oggi ha mostrato di esser preoccupato per qualcosa?", "Hai notato se qualcuno ha bisogno di te o tu puoi dare un mano?", "Sai che pensano i tuoi compagni della situazione tragica che stanno vivendo a Gaza? Ne avete parlato?".

 

Oppure, se il figlio, mostra segni di piccola ribellione, può semplicemente comunicargli che non ha tempo di ascoltarlo, o che non vuole parlare con lui, o addirittura che non può parlare, a quel punto, è molto probabile che sarà il figlio stesso a mostrare l'intenzione di dire la sua.

 

Concludo con una riflessione, credo che il senso più alto dello stare al mondo risieda soprattutto nel porre attenzione. L'attenzione è la più alta forma d'amore.

 


 

Leggi anche...