Flotilla per Gaza: quando l’attivismo ignora il buonsenso
Una missione umanitaria si trasforma in crisi diplomatica e rischio per i cittadini italiani
L'azzardo incosciente della Flotilla: un costo umano e diplomatico inaccettabile.
La decisione della Global Sumud Flotilla di ignorare gli appelli internazionali, compresi quelli delle autorità italiane, e di procedere a ogni costo per forzare il blocco navale di Gaza, non è un atto di eroismo, ma un azzardo politico e umano dal costo incalcolabile.
Questa ostinata navigazione, presentata come missione umanitaria, pone in grave pericolo decine di cittadini europei e italiani, obbligando lo Stato italiano a un dispiegamento di risorse e a uno sforzo diplomatico senza precedenti e dagli esiti incerti.
Un’eroica irresponsabilità che pesa sulle casse statali.
L’Italia, mossa dal dovere di tutela dei propri connazionali, è stata costretta a inviare la fregata della Marina Militare Alpino. Un’operazione tutt’altro che gratuita: comporta un notevole costo operativo per il contribuente, tutto a causa di un convoglio che ha scelto deliberatamente la via della provocazione.
Il Ministro della Difesa Guido Crosetto è stato chiaro: i rischi sono “elevatissimi e non gestibili”.
Se gli attivisti avessero accettato la mediazione — come il corridoio umanitario proposto anche dal Patriarcato Latino di Gerusalemme — questi pericoli sarebbero stati evitati. Invece, l’intransigenza ha trasformato una potenziale missione di solidarietà in una crisi di sicurezza nazionale.
Diplomazia sotto scacco.
Il vero prezzo da pagare non è solo economico, ma diplomatico. Rifiutando ogni mediazione, la Flotilla ha sminuito gli sforzi della Farnesina e del Ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnati in trattative con Israele e gli alleati per garantire la sicurezza degli attivisti.
Quando un governo è costretto a dichiarare di non poter “dichiarare guerra a Israele” per salvare i propri cittadini, è evidente che si è oltrepassato il confine tra attivismo e sfida pericolosa non autorizzata.
L’obiettivo degli aiuti umanitari avrebbe potuto essere raggiunto in modo sicuro attraverso i canali già disponibili, ma l’attivismo radicale ha preferito lo scontro al risultato concreto.
Una domanda inevitabile.
L’onere di risolvere questa situazione è ora sulle spalle della diplomazia italiana, costretta a muoversi con estrema cautela per non compromettere relazioni internazionali vitali.
Se l’epilogo sarà tragico, la responsabilità non potrà che ricadere su chi, con irresponsabile determinazione, ha ignorato ogni avvertimento.
Qual è il limite oltre il quale l’attivismo politico diventa una minaccia alla sicurezza che lo Stato non può più tollerare?
Marco Morandi – Vobarno
Di fronte al genocidio in corso e all’usurpazione sistematica delle terre nella Striscia di Gaza, io scelgo di esprimere il mio pieno sostegno all’azione non violenta intrapresa da questa cinquantina di equipaggi.
Affidandosi unicamente al diritto internazionale, mettono in luce – con coraggio e determinazione – l’impotenza e l’ipocrisia della politica occidentale, incapace di difendere i principi che proclama.
Nata dal basso, questa iniziativa rappresenta, a mio avviso, una nuova forma di Resistenza, pacifica e globale, come richiedono i tempi. Un gesto necessario, che tenta di recuperare, oltre le logiche di convenienza politica ed economica, un barlume di umanità condivisa.
Un azzardo? Certo.
Ma anche un esempio prezioso, concreto, da parte di chi rifiuta l’indifferenza e decide di agire.
Un gesto che merita il nostro rispetto e, ancor più, il nostro sostegno.
Ubaldo Vallini