Fine vita: «Disattivare il defibrillatore, un dovere etico e medico»
«Scrivo questa lettera perché quanto accaduto a mio padre nelle ultime ore della sua vita non debba più ripetersi».
Inviata alle Asst degli Spedali Civili di Brescia e al presidio Ospedaliero Cure Palliative – Hospice – Prevalle
La sofferenza causata a mio padre dal defibrillatore cardioverter impiantabile (ICD), mai disattivato nonostante la diagnosi di leiomiosarcoma in fase terminale, è una ferita profonda che deve spingere a un cambiamento nel sistema.
Voglio credere che ciò che abbiamo vissuto possa servire a migliorare il futuro di altri pazienti.
L'uso di ICD è sempre più diffuso per prevenire la morte cardiaca improvvisa.
Tuttavia, nei pazienti con patologie terminali non cardiologiche, come tumori maligni, demenza o malattie polmonari avanzate, l'ICD può trasformarsi da salvavita a strumento di ulteriore sofferenza.
Studi dimostrano che molti pazienti subiscono shock inappropriati, soprattutto nelle ultime 24 ore di vita. Questi shock non solo sono inutili, ma provocano dolore fisico e riducono ulteriormente la qualità della vita nei momenti più delicati.
La comunicazione è il fondamento della cura
Purtroppo, i pazienti e i loro familiari spesso non ricevono informazioni complete sui rischi e i benefici dell'ICD, né sulla possibilità di disattivarlo in fasi terminali.
Questo è stato il caso di mio padre.
Nonostante la tempestività nell'attivare le cure palliative, nessun medico ha affrontato il tema della gestione dell'ICD, lasciando il dispositivo attivo fino all'ultimo istante.
Questa mancanza di comunicazione ha trasformato le sue ultime ore in un calvario: shock continui, fino all'esaurimento della batteria, lo hanno privato di una morte dignitosa.
Il giuramento di Ippocrate parla chiaro: "Mi asterrò dal recar danno e offesa".
Nel caso di mio padre, entrambi questi principi sono stati violati. Gli shock continui hanno rappresentato un danno fisico evidente. L’omissione di informazioni critiche è stata un’offesa alla sua autonomia e al nostro diritto, come famiglia, di accompagnarlo con consapevolezza e serenità.
Una necessità urgente: nuove procedure e maggiore sensibilità
Vi chiedo con forza di intervenire. È essenziale che vengano sviluppate e implementate nuove linee guida per:
1. Discutere tempestivamente la gestione dell'ICD nel fine vita: ogni paziente ha diritto di sapere cosa comporta avere un ICD attivo in caso di malattia terminale.
2. Integrare il tema della disattivazione dell'ICD nel consenso informato: sia prima dell'impianto, sia durante i follow-up, soprattutto in presenza di un peggioramento della condizione clinica.
3. Rafforzare la comunicazione interdisciplinare: i reparti devono collaborare per garantire che ogni aspetto della cura sia considerato, incluso il fine vita.
La mia famiglia ha vissuto l'inferno delle ultime parole di mio padre, scandite da un grido disperato: "AIUTO".
Vi chiedo di ascoltare questo grido, non per noi, ma per chiunque si trovi a dover affrontare la fase terminale della vita con un ICD.
Nessun altro dovrebbe subire una simile sofferenza, se non dopo un chiaro consenso informato e una discussione rispettosa con il paziente e i suoi cari.
Confido che questa lettera possa essere il punto di partenza per un cambiamento reale, affinché la dignità e il rispetto per i pazienti prevalgano sempre.
Grazie per l’attenzione e rinnovo il mio appello: AIUTATECI A CAMBIARE QUESTO SISTEMA.
Cordiali saluti,
Famiglia Cadenelli - Vobarno