Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi, emozioni…
“Capire tu non puoi … tu chiamale se vuoi emozioni …” cantava negli anni ‘60 Lucio Battisti, interpretando il testo scritto da Mogol. La pensiamo così anche oggi? Le emozioni sono ciò che non si può capire? Sono una dimensione dell’esperienza umana irrazionale che nulla a che fare con i pensieri? Che sono le emozioni dunque?
Nella letteratura scientifica troviamo che le emozioni sono “stati mentali e fisiologici associati a modificazioni derivanti dalla relazione con stimoli interni o esterni, naturali o appresi; processi multicomponenziali, cioè articolati in più componenti e con un decorso temporale che evolve.”
Vale a dire, per una parte dei teorici il nostro corpo si attiva al suo interno, biologicamente, ed anche a livello mentale facciamo un’esperienza diversa rispetto a quella che percepiamo quando invece ci sentiamo rilassati, quieti, tranquilli e calmi.
Ma a che servono le emozioni? Quale funzione può svolgere, per noi esseri umani, sudare freddo … avvertir palpitar il cuore … arrossire fino a diventar paonazzi … sentire i morsi nello stomaco … riconoscere la rabbia che sale … percepir un peso alla testa …? A che serve tutto ciò?
Ricoprono una funzione relazionale e una funzione autoregolativa importantissima, cioè ci permettono, di COMUNICARE con gli altri e con noi stessi. In effetti per il paradigma evoluzionista, in termini darwiniani, la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza.
Secondo le teorie fisiologiche, ci attiviamo con la funzione di mettere in allerta l’organismo, quando uno stimolo, che può essere un evento, una scena, un’espressione del volto o un particolare tono di voce, viene elaborato, tale elaborazione avviene, in prima istanza, dai centri sottocorticali dell’encefalo, in particolare dall’amigdala che riceve l’informazione direttamente dai nuclei posteriori del talamo (via talamica o sottocorticale) e provoca una prima reazione autonomica e neuroendocrina.1
In questa fase vi sono diverse modificazioni somatiche, come ad esempio la variazione delle pulsazioni cardiache, l’aumento o la diminuzione della sudorazione, l’accelerazione del ritmo respiratorio, l’aumento o il rilassamento della tensione muscolare.
Dal talamo viene inviata un’informazione, un impulso, alle cortecce associative, dove viene elaborato in maniera più lenta ma più raffinata.
A questo punto, secondo la valutazione, viene emessa un tipo di risposta considerata più adeguata alla situazione, soprattutto in riferimento alle “regole di esibizione” che appartengono al proprio ambiente culturale.
Secondo questa teoria le emozioni, quindi, inizialmente sono inconsapevoli; solo in un secondo momento noi “proviamo” l’emozione, attribuiamo cioè un significato ed un senso a quel che sta accadendo. Normalmente l’individuo che prova una emozione diventa cosciente delle proprie modificazioni somatiche (si rende conto di avere le mani sudate, il battito cardiaco accelerato, etc.) ed applica un nome a queste variazioni psicofisiologiche (“paura”, “gioia”, “disgusto”, ecc.).2
Tuttavia queste teorie a dominanza fisiologica sono state criticate, in quanto, per esempio, persone con lesioni al midollo spinale esprimono comunque emozioni, inoltre molte reazioni fisiologiche simili causerebbero simili emozioni, difficili quindi da individualizzare.
In alcuni casi, specialmente per le forti emozioni, si ha comunque un’associazione diretta tra manifestazione fisiologica ed emotiva, senza però sapere quale ne sia la causa, se la prima o la seconda.
Si possono avere delle reazioni emotive, delle quali però si è inconsapevoli, anche in assenza di modificazioni psicofisiologiche, iniziano a dire alcuni, tra questi il neurolopsicologo Antonio Damasio.
Dunque quando parliamo di emozioni ci stiamo riferendo ad altro, non all’attivazione di impulsi fisiologici, bensì all’esperienza qualitativa del nostro accadere, espresso anche col corpo. Cioè si comincia a dire, in questi anni, contraddicendo la dicotomia mente-corpo che ci ha passato in eredità Descartes, Cartesio, che mente e corpo non sono distinti: la mente è somatizzata ed il corpo mentalizzato.
In particolare, seguendo la posizione più recente espressa da Rom Harrè le emozioni sono l'espressione dell'emozione.
A tal proposito lo psicologo americano Paul Ekman, ha identificato una caratteristica importante delle cosiddette emozioni fondamentali o primarie, ovvero che vengono espresse universalmente, cioè da tutti in qualsiasi luogo, tempo e cultura attraverso modalità simili.
Ha anche analizzato come le espressioni facciali corrispondenti ad ogni singola emozione interessino gli stessi tipi di muscoli facciali e allo stesso modo, indipendentemente da fattori quali latitudine, cultura e etnia.
Tale indagine è stata suffragata da esperimenti condotti anche con soggetti appartenenti a popolazioni che ancora vivono in modo “primitivo”, in particolare della Papua Nuova Guinea.
La sorpresa si manifesta sul volto con le sopracciglia alzate e incurvate, la pelle sotto il sopracciglio stirata, rughe orizzontali attraverso la fronte, le palpebre aperte, quella superiore sollevata e quella inferiore abbassata, la mascella si abbassa ma senza alcun stiramento o tensione della bocca.
La paura si manifesta sul volto attraverso le sopracciglia sollevate e ravvicinate, le rughe della fronte sono al centro e non attraversano la fronte, la palpebra superiore sollevata e la bocca aperta con le labbra leggermente tese o stirate all’indietro.
Il disgusto si manifesta principalmente nella parte bassa del viso e nella palpebra inferiore, precisamente con il labro superiore sollevato, il labro inferiore sollevato e premuto a quello superiore oppure abbassato e lievemente protruso, il naso arricciato, le guance sollevate, pieghe sotto la palpebra inferiore e sopracciglia abbassate spingendo verso la palpebra superiore.
La rabbia si manifesta sul volto attraverso le sopracciglia abbassate e ravvicinate, rughe verticali tra le sopracciglia, palpebra inferiore tesa ma non necessariamente sollevata, sguardo fisso e occhi che possono sembrare sporgenti, le labbra serrate con gli angoli diritti o abbassati o aperte e tese e le radici possono essere dilatate.
La felicità si mostra sul volto attraverso gli angoli della bocca stirati all’indietro e sollevati, la bocca chiusa o aperta, una ruga che scende dal naso fino oltre gli angoli della bocca, le guance sollevate, la palpebra inferiore con rughe sottostanti ma non tesa e zampe di gallina agli angoli esterni degli occhi.
La tristezza si manifesta sul volto attraverso gli angoli interni delle sopracciglia sollevati, gli angoli della bocca piegati in giù o le labbra tremanti e l’angolo interno delle palpebre superiori sollevato.
E per esprimere le emozioni impariamo a modulare i segnali che emettiamo col nostro corpo. Pertanto si tratta di competenze, ovvero capacità che manifestano quando abbiamo intenzione di comunicare qualcosa del senso di quel che ci sta accadendo o che vediamo sta accadendo.
Secondo John Watson il neonato evidenzia tre emozioni fondamentali che vengono definite “innate”: paura, amore, ira, ed entro i primi cinque anni di vita manifesta altre emozioni fondamentali quali vergogna, ansia, gelosia, invidia.
L’evoluzione delle emozioni consente al bambino di comprendere la differenza tra il mondo interno ed esterno, oltre a conoscere meglio se stesso.
Dopo il sesto anno di età, il bambino è capace di mascherare le sue emozioni e di manifestare quelle che si aspettano gli altri da lui.
A questo punto dello sviluppo il bambino deve imparare a controllare le emozioni, soprattutto quelle ritenute socialmente non convenienti, senza per questo indurre condizioni di disagio psicofisico.
Ma sempre il nostro grande studioso Harrè critica la posizione innatista, infatti riscontra che i ragazzini che sono stati trovati a vivere nella foresta e sono cresciuti coi lupetti, alla Mowgli per intenderci, il protagonista de “Il libro della giungla”, abbiamo avuto casi veri di tali vicende, non sanno esprimere emozioni.
Non sanno quando ridere, spaventarsi, piangere … fanno solo versi e azioni animalesche.
Le competenze emotive perciò si acquisiscono e sviluppano vivendo con i nostri consociati, condividendo esperienze ed accadimenti, e sono mediate dal pensiero che attribuisce un significato a quel che accade.
Dunque, non sono innate sono culturalmente costruite, in modo INTENZIONALE, talvolta espresse in modo INCONSAPEVOLE ed AUTOMATICO.
Molti si chiedono se gli animali provano emozioni, come suggerisce il titolo del libro di Darwin, “L’espressione delle emozioni negli uomini e negli animali” (1872), anche gli animali provano emozioni: hanno circuiti neurali simili, hanno reazioni comportamentali simili e le modificazioni psicofisiologiche da essi sperimentate svolgono le stesse funzioni.
Ma questo abbiamo detto, appartiene alla vecchia concezione delle emozioni parificate agli impulsi biologici, tuttavia noi abbiamo detto che non sono impulsi bensì espressioni col corpo del senso attribuito ad una particolare cosa o evento.
L’incompetenza emotiva può causare diminuzioni o miglioramenti nella capacità di concentrazione, confusione, smarrimento, allerta, e così via. Il volto e il linguaggio verbale possono quindi riflettere all’esterno le emozioni più profonde: una voce tremolante, un tono alterato, un sorriso solare, la fronte corrugata indicano la presenza di uno specifico stato emotivo.
Che fare in questo caso?
Nel contesto comunitario scolastico, per esempio, secondo le attuali indicazioni ministeriali, nei programmi didattici contemporanei, anche nella scuola primaria, diventa essenziale per un insegnante riconoscere gli stati emotivi dei propri allievi e supportarli con il dovuto sostegno ai fini dello sviluppo psichico.
Ciò permette loro di relazionarsi, attraverso un lavoro costante di costruzione, è possibile ricostruire le eventuali caratteristiche che alterano il divenire grandi in modo sereno.
Nel contesto privato, la psicoterapia può diventare quel luogo in cui, nella relazione, si può prendere coscienza del proprio vissuto emotivo, lo si può raccontare e a questo punto si possono attraversare alcuni stati, imparando insieme a modificare il significato ed il senso degli eventi, utilizzando le proprie risorse personali che si credono inesistenti o assopite, approdando insieme a sentimenti generativi di maggior benessere. Si può, attraverso lo sviluppo della coscienza di sé, divenire capaci di comprendere e parlare di sentimenti.
Linguaggio questo che le fresche generazioni, probabilmente anche per l’utilizzo di certi mezzi, hanno smarrito.
Quindi con intenti divulgativi ne riporto un elenco qui di seguito.
Elenco dei sentimenti, delle emozioni e degli stati d’animo
Abbandono (o rinuncia, rassegnazione)
Affetto
Agape (o amore altruistico)
Amarezza (o profondo rammarico)
Amicizia
Amore
Amore a prima vista
Amore platonico
Amore romantico
Angoscia
Angustia (o costrizione psicologica)
Ansia (o nervosismo)
Antipatia (o avversione istintiva)
Appagamento (o contentezza)
Appocundria
Apprensione (o inquietudine angosciosa)
Autostima (o considerazione di sé)
Benevolenza
Calma (o senso di pace)
Certezza (o consapevolezza)
Commozione
Compassione
Confusione
Delirio
Delusione
Depressione (o abbattimento psicologico)
Devozione (o amore trascendentale)
Diffidenza (o sfiducia)
Dignità (o rispetto di sé)
Disgusto (o repulsione, disprezzo)
Disperazione (o sconforto)
Dispiacere
Dissenso (o disaccordo)
Dolore
Eccitazione
Entusiasmo (o euforia)
Estasi
Feeling
Felicità (o allegria, ilarità, gioia)
Fiducia (o fede)
Filantropia
Fobia (o paura irrazionale, repulsione)
Fraternità (o amicizia fraterna)
Frustrazione
Gelosia
Gratitudine (o riconoscenza)
Imbarazzo (o vergogna momentanea)
Incertezza (o insicurezza, dubbio)
Indifferenza (o insensibilità, imperturbabilità)
Indignazione (o offesa)
Ingratitudine
Invidia
Ira (o rabbia, collera, furia)
Inquietudine (o agitazione, irrequietezza)
Ispirazione
Lutto
Malinconia
Meraviglia (o stupore, ammirazione)
Misandria
Misantropia
Misericordia
Misoginia
Noia
Nostalgia
Odio (o avversione, ostilità, malevolenza)
Onore
Orgoglio (o fierezza)
Orrore
Ossessione (o fissazione)
Passione (o amore intenso, amore sensuale)
Paura (o timore, fifa)
Pentimento
Perdono
Piacere (o gradimento)
Pietà (o magnanimità, clemenza)
Preoccupazione
Prostrazione (o avvilimento)
Rammarico (o cruccio)
Rimorso
Rimpianto
Risentimento (o rancore)
Rispetto (o ammirazione, stima)
Saudade (o nostalgico rimpianto)
Schadenfreude
Sehnsucht
Senso di colpa
Serenità
Simpatia
Soddisfazione (o gratificazione)
Sofferenza
Solidarietà
Solitudine (o isolamento)
Sorpresa
Spensieratezza
Speranza
Tensione (o ansia irremovibile)
Terrore (o paura incontrollabile)
Tranquillità (o quiete durevole)
Tristezza
Vendetta
Vergogna
Marzia Sellini
(psicologa, psicoterapeuta)