17 Marzo 2022, 06.38
Pertica Alta
La nostra storia

Dove si abbracciano il paesaggio e la storia

di Alfredo Bonomi

Al borgo di Livemmo sono stati destinati 20 milioni del Pnrr come unico progetto regionale sulla "rigenerazione culturale, sociale ed economica", contro lo spopolamento. Col professor Alfredo Bonomi ripercorriamone la storia


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Salendo da Nozza verso la Pertica Alta, procedendo verso Livemmo, c’è un punto panoramico dal quale lo sguardo coglie le peculiarità del borgo.
Adagiato su un poggio arioso, con dimore solide che denotano una consistenza storica ed una passata decorosa economia, si impone sulla sottostante Valle come testimonianza visiva di una storia non di poco conto. Storia e tradizioni si fondono e diventano corpose a partire dall’anno mille.

Sicuramente nei secoli XII e XIII il paese era già solidamente organizzato, prima nella «vicinìa» con il possesso di boschi e di malghe (da qui l’allevamento del bestiame, uno dei pilastri dell’economia locale, sino quasi ai nostri giorni), poi con il «comune», uno dei più dinamici della «Universitas Pertichae Vallis Sabij», già attiva nella prima metà del 1300.
Accanto all’allevamento, favorito da vasti possedimenti pascolivi, fondamentale è stata la lavorazione del ferro. In questo settore si sono distinte parecchie famiglie del paese, per attività ed ingegno, diventando determinanti nella conduzione del forno fusorio sorto sul torrente Tovere a partire dall’inizio del 1400.

La vicenda del forno fusorio è stata fondamentale per l’economia del borgo.
È tutta una costellazione di famiglie, tra le quali i Turrini, i Turri Zanoni, i Piccini, i Bonomini, i Rossini, i Redolfi, gli Sdonio, gli Zanolini, i Tomasini, i Meschini, i Tovaglia; da queste sono venuti abili «impresari del ferro», commercianti abituati ad uscire dall’orizzonte di Livemmo e della Pertica ed a misurarsi con i mercati sparsi per l’Italia, in primis con quello di Venezia.

Non si spiega la distinta architettura delle dimore, la ricchezza dei portali in pietra scolpita, le artistiche inferriate senza questo «connubbio di ingegno e di lavoro» con le città mercantili. L’«aria della storia» si muove ancora tra le vie e gli scorci architettonici del borgo.

È significativo che l’ultimo Sindaco della Comunità di Valle di veneta memoria fosse proprio di Livemmo, quell’Antonio Turrini che incitò i valligiani a rivoltarsi contro l’occupazione francese nel 1797 che, a suo modo di vedere, avrebbe dato un colpo mortale all’economia ed alla storia del paese.

Livemmo ha avuto anche una fertile storia religiosa
.
Posto vicino alla chiesa di Barbaine, la prima a staccarsi dalla Pieve di Mura per diventare la chiesa di riferimento dei borghi di Livemmo, Avenone e Prato dall’inizio del 1400 sino al 1603, il paese ha sempre «fatto sentire la sua voce» nelle vicende legate a questa antica chiesa.
La devozione alla Madonna del Carmelo, con il ricchissimo altare ligneo nella parrocchiale, è la testimonianza di questa «religiosità attiva».

Quando per comodità la sede parrocchiale è stata spostata dallo splendido poggio di Barbaine nella chiesa costruita nel borgo, dedicata proprio a San Marco in segno della grande fedeltà a Venezia, la popolazione ha voluto il tempio bello, ricco di opere d’arte, con intagli dei «Boscaì», ma anche con tele di pregio come quella di Andrea Marone dei primi anni del 1600 e di Pietro Scalvini della metà del 1700.

La terribile peste del 1630 che portò la popolazione di Livemmo da 700 a 100 persone, non bastò a fermare la bussola della vita del paese, ancora vivace sino alla metà del 1800. La storia economica, quella religiosa e quella civile hanno accompagnato lo scorrere dei giorni di questa gente di media montagna.

Lo scenario mutò alla fine del 1800 e nei primi anni del 1900. La crisi di una economia collaudata da secoli che garantiva non certo ricchezza, ma però una vita decorosa, colpì il paese come tutta la montagna.
Ma anche in questo contesto non facile Livemmo brilla per alcune intelligenti iniziative sul piano turistico.

Anticipando i tempi, prima ancora della costruzione della nuova strada di collegamento con Nozza, il creativo cav. Angelo Piccini, allora segretario comunale, proprio all’inizio del 1900, concretizza l’idea di costruire un moderno albergo che attirasse a soggiornare a Livemmo distinte famiglie bresciane.

Con la nascita dell’Albergo «Prealpi» nei primi due decenni del 1900 salgono a Livemmo per soggiorni estivi personaggi di spicco come l’on. Molmenti, il senatore Ugo Da Como, il musicista Chimeri e molti altri. Sono uomini di cultura e di economia.
Il «Registro degli Ospiti dell’Albergo» è una «reliquia» di firme importanti e di pareri lusinghieri sul paese. Porta anche la firma dell’avv. Giorgio Montini, il papà del Santo Papa Paolo VI.

Si impone così l’immagine di un paese bello per il paesaggio, con aria sana, degno di essere meta estiva.
Le antiche tradizioni folkloristiche prendono forma nel «Carnevale», tra i più significativi della Provincia. Il Novecento è storia recente, con i problemi legati allo spopolamento della montagna che si conoscono, con le progettualità per non lasciare morire i borghi che hanno la dignità per continuare ad essere abitati ed anche la bellezza del paesaggio per attirarne altri.

Livemmo ha un consolidato di storia che gli dà un timbro ancora solido e la consapevolezza di aver avuto e di avere ancora un ruolo da recitare.
È stato ridimensionato nella sua consistenza numerica, ma ha ancora una solidità complessiva per poter guardare con fiducia anche al futuro.

Alfredo Bonomi




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