28 Novembre 2021, 09.00
Gavardo
Blog - Maestro John

L'incanto di Limone

di John Comini

Domenica scorsa ho partecipato ad “Autumn in Limone”, passeggiata con il Cai ed i racconti di Simona Tebaldini, alla scoperta della suggestiva borgata


Simona aveva accompagnato mamma Giuseppina, nell’80° compleanno, nei luoghi della sua giovinezza. Dieci anni fa ne aveva tratto un libro straordinario, “Raccontami Limone” (liberedizioni). Insieme alle associazioni “Clisis” e “Rebus” fu creato un evento durato tre giorni, con gastronomia, giochi per bimbi, mostra fotografica ed un musical nella suggestiva cornice del borgo. Simona è bravissima a raccontare aneddoti, fatti storici, personaggi caratteristici. Dalle sue parole pare che, come per magia, prenda vita il borgo: il suono delle campane, le risate dei bambini che giocano nella piazzetta, il chiacchiericcio delle donne alla fontana, le grida dei contadini che passano con i buoi,  lo scalpitare dei cavalli del Conte per la caccia alla volpe…Mentre ascoltavamo i racconti di Simonetta camminando, con Angiolino Goffi ad arricchire il fluire delle storie, era come rivivere dentro il film “L’albero degli zoccoli” di Olmi.

Limone oggi sembra un borgo quasi abbandonato, ma pochi anni fa era una comunità piena di vita: aveva la sua bella chiesa, la sua scuola mista, nell’incanto dei campi e della collina Faita. Una comunità solidale, in cui le famiglie si aiutavano e avevano un forte legame di rispetto con i proprietari terrieri della nobile famiglia dei Bruni Conter, i famosi “Brù de Limù”. Una comunità dove oltre alla coltivazione della vite, in ogni casa le famiglie dei mezzadri allevavano il baco da seta: una coltura molto faticosa, ma che consentiva di guadagnare qualche soldo.
Alle feste religiose accorrevano tutti nella storica chiesa dedicata a Sant’Antonio Abate, con il Battistero fatto costruire dal Brù “ex voto” per la guarigione dei familiari da gravi malattie. Certi ragazzi alle invocazioni in latino rispondevano con un ritornello di loro invenzione: “vesper cum vesper sigale manester braghe sciancade sigole tacade”.

Per le nozze o le prime comunioni si faceva venire il fotografo da Gavardo per immortalare l’evento. La gente poteva ammirare l’arrivo della carrozza o dell’automobile dei  signori e delle eleganti signore, ospiti nel palazzo del conte. La sera si sentivano le serenate alle ragazze: erano molte, e molto corteggiate…Ci fu un pretendente che mentre cantava i suoi versi amorosi cadde nella gabbia dei conigli, tra le risate delle ragazze (ah le donne!). Nelle fredde sere d’inverno si stava nella stalla a recitare il rosario e a sentir raccontare le storie.

Una sera per gioco si fece l’elenco delle famiglie di Limone: al fienile ci sono i Maruelli che hanno sostituito i Pasini, in piazza dietro il campanile ci sta il Tonni che è arrivato quando se n’è andato il Bachetti, in piazza ci sono le tre famigli Zigliani. Gli Scalfi quelli del Benedetto, con il Bepi Simù e lo zio Beser sono sotto la volta. Lungo la salita vivono i Bologna e il Carlo Simù. Poi i Cherubini vicino alla piazza, i Crescini alle Schiave e i Garofolini a Terzago. I Gazzorelli in piazza nelle case nuove, il prete nelle case sopra la volta, i Reoletti alla Palazzina in Faita, l’Angelo Simù in Caià, gli Zambelli delle Tese e gli Zambelli verso Terzago, gli Ziliani lungo la strada per Muscoline, vicino a Gioanì, i “Simù” in piazza vicino alla pozzetta, i Rizzi e i Sedena alle Tese, i fratelli Nino sotto le scuderie del Brù e i Podavini, gli “scapì”, al centro…Poi i Pipù, la Margì, l’Angela e l’Anita Bonomini, la stalla del Gionela… Se si pensa che c’erano una cinquantina di famiglie di mezzadri, ciascuna con un nugolo di figli, si può immaginare quanto fosse animato quel borgo! Ogni tanto giungeva il dottor Rossini, che correva sempre per tutti. Lo chiamassero un povero, il Podestà, un prete o il Brù, lui accorreva: il malato veniva sempre prima di tutto e di tutti.

C’erano ben 14 donne con il nome Maria, come la Maria de Caià e la Maruela, la Maria Gioanela e la Maria della Pina, la Maria da Be, la Gasorela e la Simuna, quella delle Tese e quella delle Sciae, la Maria del pret, la Sedena e la Pipuna, chela del Cuco e la siura Maria…
Accanto alla chiesa, la scuola. La mamma di Simona è giunta fino alla terza elementare, ma ha imparato perfettamente a leggere, scrivere e far di conto. La maestra teneva in classe una gallina, che le permetteva di avere un uovo ogni giorno. Quando è arrivato l’ispettore scolastico, la maestrina è stata redarguita: subito qualche buon’anima ha accolto la gallina nel proprio pollaio, così la maestrina poteva continuare ad avere il proprio ovetto. Adesso in certe scuole gli alunni accudiscono gli animali in cortile, in un progetto che insegna ai piccoli il rispetto dell’ambiente: dunque quella maestrina era all’avanguardia!

Nei campi di Limone si coltivavano frumento e granoturco. Il lavoro era molto duro e l’unico aiuto era quello dei buoi: ogni bue aveva un nome e le famiglie li accudivano come fossero esseri umani. I campi erano indicati con un nome, mantenutosi per via orale, magari talvolta storpiato nell’arco dei secoli.

La trebbiatura del frumento avveniva in piazza, perché nessun cortile era abbastanza grande per contenere la “macchina”. Tulle le famiglie si riunivano a ‘scarfoià’, lavorando e cantando, come nella vendemmia. Gli ‘scarfoi’ servivano per fare il ‘paiù’, una sorta di materasso.
I due fratelli Paolo e Momolo Pipù possedevano anche qualche ulivo e riuscivano ad avere olio sufficiente per la famiglia. I due fratelli, scapoli molto buoni ma altrettanto originali, la sera compivano il loro rito: si toglievano gli zoccoli e si lavavano con l’acqua fresca della fonte, poi scalzi si avviavano verso casa.

Sulla strada in Faita (dalla quale i bravi amici del coro hanno preso il nome) Simona ci ha mostrato “el Casì del Roda”, dove il Cecco Maioli da ragazzo era stato assunto per badare alle pecore. In quella casa arrivò un giovane soldato gavardese, Nino Persavalli, sfuggito alle truppe tedesche. Maria e Giuseppe Avanzi lo nascosero: lo conoscevano bene perché aveva un fratello sacerdote, il grande don Andrea.
C’era l’antica leggenda che la casa fosse abitata da fantasmi, e Sonia Braga (anche lei presente alla camminata, insieme alla bella Olivia) ne aveva parlato su “Il Gattopardo”, concludendo: “Gli scettici si dividono in due gruppi: quelli che non credono agli strani rumori e quelli che li giustificano con la particolare posizione della casa, posta su un’altura con argini sia sul versante nord che su versante sud, cosa che favorirebbe una fortissima eco.”

Simona ha scritto parole commoventi sulla morte di don Bruno Guerra, vittima del tragico bombardamento di Gavardo: “Il sacerdote fu portato a Limone dove i contadini a turno lo vegliarono fino al giorno dei funerali. Era sera quando il feretro uscì di casa per raggiungere la natia Barghe; il cielo era limpido e la luna riflessa nella neve creava strani bagliori, gli uomini si levarono il cappello e si inginocchiarono nella neve fresca.” Numerose famiglie gavardesi decisero di sfollare a Limone: gli Avanzi (genitori di mia moglie), furono ospitati a casa del Simù, i Fenaroli a casa Gionela, i Devoti a casa di Gioanì e così molti altri. In un angolo della spianata della Faita, alla cascina Bruni, il Brù ospitava le “Umili serve del Signore” di Gavardo, anche loro sfollate. Più in basso, lungo il sentiero per la Faita, vicino al “Roccolo Bruni” c’era la Chiesa della Beata Vergine di Caravaggio (con le lapidi della famiglia Bruni-Conter)  trasformata in dormitorio per le orfanelle che vivevano con le suore. Anche il padre del dottor Marco Marzollo con la famiglia fu ospite dei Bruni Conter.

A guerra finita a Limone arrivarono gli americani. La Gisa Cherubini vide in piazza un soldato stanco, sporco e con l’elmetto slacciato. Era bellissimo! Dopo qualche mese Gisa partì per l’America con l’anello al dito. Se non è un film questo!

Durante la Festa della Madonna della Neve il paese si vestiva a festa. Ogni casa era addobbata con festoni colorati, i giovanotti preparavano delle assi di legno sagomate ad archi ricoperte dal muschio verde raccolto a Vallio. In una di quelle feste si inaugurò la lapide per ricordare don Bruno Guerra nella Chiesa di Sant’Antonio, voluta dal Brù, pagata dai contadini e dettata dal grande monsignor Ferretti. Una cosa che mi commuove: don Bruno nel suo testamento aveva nominato eredi i poveri di Limone.

All’ora di pranzo si aggiravano due simpatici individui: “la “Canipa” e il “Zanela”: a loro un piatto di minestra non veniva mai negata.
Il Momolo aveva acquistato una Gilera nuova fiammante, e la provò scorrazzando per tutto il paese finché la sera si presentò il problema della benzina nel serbatoio…

La domenica gli uomini della contrada giocavano a bocce, tra discussioni continue che si placavano solo all’ora di cena.
E quando nel 1955 arrivò la televisione, venne chiamata “l’è chela laura che te te vedet de luntà”, ti permetteva cioè di vedere cose lontane.
Avrei tante cose che ho appreso da Simona, ma le trovate nel suo libro! Alla fine della camminata devo ringraziare gli amici dell’Avis, che hanno anche preparato un ottimo aperitivo, alla presenza dell’anfitrione Aldo Amici, di Ivano Maioli e di altre belle persone. Non ho potuto assaggiare i gustosi panini col salame, perché ero invitato a mangiare la trippa dalla mia amica Irma. Sarà per un’altra volta!

Concludo ricordando che a Limone, in questo luogo dove il tempo sembra essersi fermato, c’è la prestigiosa Villa dei Campi Boutique Hotel. Ma anche l’Agriturismo Morso46, dove suonano gli amici del Km0 e dove ogni anno c’è l’incontro con i “vecchi” curati di Gavardo divenuti parroci. I boschi sono un paesaggio ideale per stupende passeggiate e trekking a cavallo. E quante volte grazie a don Erminio Bertuzzi son salito a Limone, da ragazzo, a fare il chierichetto nella splendida chiesa ed a stampare il giornalino “Petit monde”. Ma questa è un’altra storia. Viva Limone!  “Ed è bellissimo perdersi in questo incantesimo…” (Battiato)

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo. W il Chiese! Mai mollare!
maestro John

Nelle foto:
1 e 2.-  Immagini tratte dal libro “Raccontami Limone”
3) Una classe con la maestra (grazie al coscritto Carlo Zanetti per la foto)
4) Simonetta Tebaldini in una foto pubblicata da “Famiglia Cristiana” per un’intervista come Dirigente dell’ITIS Castelli di Brescia




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