Il pianto di Gavardo e di Muscoline
Attorno alle 11 quasi non si parla d’altro, soprattutto fra i giovani. «È tutto vero?», si chiedono uno con l’altro increduli. Purtroppo è tutto vero. Cristian Bossoni, Paolo Seminario e i due amici minorenni, Sead Ljatifi e Nicolò Toscano, sono stati protagonisti di una carambola sconvolgente: due morti, due feriti e una vettura ridotta ad un ammasso deforme di lamiere.
I VICINI DI CASA di Sead raccontano che i genitori e i fratelli del sedicenne di origini kosovare, appena saputa la notizia sono scesi in lacrime ai piedi della scalinata, straziati dal dolore. È una famiglia numerosa e unita quella del giovane studente slavo, arrivata da una decina d’anni in Italia, prima a Vallio Terme e poi a Gavardo, dove si è ben integrata. Lui, il figlio nato nel 1991, aveva frequentato le scuole medie e si era in seguito iscritto all’istituto professionale «Scar» di Roè Volciano, per imparare i principi della meccanica.
Come lui anche Nicolò, che abita a pochi metri dall’amico e compagno di scuola morto nell’incidente. Un altro futuro meccanico, solo di un anno più vecchio. Hanno tanto in comune i due, a partire dalle amicizie e dall’abitudine a frequentare il bar dell’oratorio di Gavardo, oppure il parco vicino.
Molto diversa la situazione familiare, perché il diciassettenne vive solo con la madre in un moderno appartamento ai piedi del Monticello di Gavardo. «Povera donna – dice una signora -: abbiamo parlato l’altro giorno, diceva di essere fiduciosa per il futuro di suo figlio». «Io ancora non riesco a crederci – racconta un giovane che conosce bene entrambi i ragazzi -. Ho visto Sead l’ultima volta venerdì, aveva una mano fasciata perché si era fatto male in casa. E ora è morto. Speriamo che almeno Spongi ce la faccia...». Gli adolescenti gavardesi chiamano così Nicolò, con quel curioso soprannome che adesso è sulla bocca di tutti. «Due ragazzi come ce ne sono molti – aggiunge un insegnante -: svegli, a volte magari troppo esuberanti, ma con me sempre educati».
PAOLO SEMINARIO per imparare la meccanica era andato all’Itis di Vobarno, ma aveva anche lavorato in estate nell’azienda del padre, a Castrezzone di Muscoline, dove viveva. Chi lo conosce dice che era solare come pochi, con quel viso da bambino, nonostant a luglio avesse raggiunto la maggiore età. Era diabetico, ma non si lasciava condizionare dalla malattia. «Alle sette di mattina i genitori vagavano ancora in cerca del figlio - dicono in paese -. Quando ha saputo della morte il padre si è buttato a terra gridando: sembrava delirasse».
Cristian Bossoni, elettricista di professione, interista, da qualche tempo preferisce stare con quelli più giovani. I rapporti con le vecchie compagnie di coetanei si sono logorati. «Sempre di corsa il Boss, anche nel parlare –spiega un amico-. Un carattere particolare, ma in fondo buono. Solo troppo fragile».
di Luca Cortini