La vergogna di essere italiano
E mentre si scopre che paesi europei come Polonia, Francia, Ungheria, Olanda, Russia, Belgio, Inghilterra, Austria e Repubblica Ceca hanno un loro padiglione visitabile, si scopre anche che l’Italia il padiglione ce l’ha, il n° 21. Ma è chiuso al pubblico dal 2011.
A spiegarcelo è la nostra guida nella visita ai campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau.
E’ polacca, e da anni si dedica a mantenere viva la memoria “perché i giovani sappiano, perché” dice “non accada mai più”.
E questa mancanza dell’Italia la tocca molto.
La storia del Blocco 21 inizia nel 1971, quando l’Aned (associazione nazionale ex deportati) ha il consenso polacco alla predisposizione di un memoriale sulla deportazione degli italiani. Il tempo passa, e si arriva al 1980 quando avviene l’inaugurazione.
Nel 2007 erano infatti entrate in vigore le nuove linee guida approvate dal museo che richiedevano allestimenti di taglio pedagogico-illustrativo.
Si è aperto così un contenzioso con i vari governi italiani che si sono succeduti alla guida del Paese, senza però che si trovasse un’intesa.
Così, nel 2011, il Blocco 21 è stato chiuso d’autorità dalla direzione del memoriale “perché non corrispondeva più agli standard”.
Ed è scomparsa anche la targa che assegna questo padiglione all’Italia.
Possibile che il Governo (di oggi o di ieri, di sinistra o di destra) non trovi la strada per poter, a fianco dell’Aned, riaprire il Blocco 21 per ridar fiato alla memoria di ciò che è avvenuto e non deve più accadere?
Certo è che ad oggi per il “Giorno della Memoria” si evidenzia una cosa sola: l’Italia che conta, quella che ci governa, per semplici contrasti ideali o finanziari preferisce, rispetto ad un sempre possibile accordo tra le parti, “dimenticare”.
L’Olocausto, per i governi italiani succedutisi nell’ultima decina d’anni, non c’è mai stato. O se c’è stato, si è preferito dimenticarlo.
Ed anche quest’anno, come avviene ormai dal 2012, per gli italiani che si recheranno ad Auschwitz il padiglione italiano (Blocco 21) che ricorda il dramma della deportazione dall’Italia, non aprirà ai visitatori.
E, come ha detto lo storico Marco Patricelli, “È sconcertante vedere che il nostro Paese è assente dagli itinerari della memoria per incomprensibili e ingiustificabili motivi burocratici”.
.in foto: la rotaria che portava i treni carichi di ebrei; L’ingresso con la scritta “arbeist mach frei” (il lavoro rende liberi); scarèe lasciate da chi finiva nel forno; i forni crematori.