16 Ottobre 2023, 09.02
Blog - Eppur si muove

Niente di nuovo sul fronte occidentale?

di Leretico

Ogni volta che scoppia una battaglia tra Israele e i palestinesi ci sovviene il titolo di un famoso libro scritto da Eric Maria Remarque intitolato “Niente di nuovo sul fronte occidentale”. Una storia di guerra finita male.
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Ogni volta che scoppia una battaglia tra Israele e i palestinesi nel mondo ci sono fazioni, partiti, gruppi, gruppetti che puntualmente, stracciandosi le vesti, vogliono marcare il confine facendoci conoscere da che parte stanno, cosa veramente poco interessante.
Così ci tocca sentire di volta in volta la propaganda filo russa, filo palestinese o filo occidentale sul tema, piena di notizie inventate, false, distorte e strumentali ad aumentare la polarizzazione ed alimentare la tensione. È un circuito di rinforzo che possiamo sintetizzare con questa brachilogia: “la guerra chiama sempre altra guerra”.

Tutti sappiamo che durante i grandi conflitti armati muoiono molti innocenti, quello che pochi immaginano è quanto vertiginosamente sia aumentata, negli ultimi duecento anni, la percentuale di vittime civili rispetto a quelle militari, passata dal 5% al 95%.

Se le cose stanno così, e poiché stanno così, si può affermare che ogni volta che una nazione dichiara guerra ad un’altra, qualsiasi siano i motivi che la spingono, essa si pone l’obiettivo che muoiano almeno 9 civili su 10 della popolazione avversaria. Terribile, ma vero.
Più o meno nelle stesse proporzioni è ciò che sta accadendo in Ucraina e in queste ore in Israele.

Non vengono attaccati gli eserciti avversari, se non in parte minima, ma gli innocenti civili disarmati nelle loro case, mentre dormono o sono a cena al ristorante mentre mangiano una pizza.

Per questa ragione
, vista la sproporzione nel prezzo da pagare, dovrebbe essere la popolazione a decidere se entrare in guerra contro un’altra nazione, attraverso uno strumento di democrazia diretta, usato in via straordinaria, un referendum per costringere i leader a tener conto anche delle correnti contrarie in una decisione tanto gravida di letali conseguenze per la maggioranza della popolazione costituita da innocenti e inermi. Ma questo non avviene mai, tanto meno nei paesi a regime dittatoriale.

Sono i leader, dittatori se va male, a decidere in merito, anche se i gruppi che li sostengono raramente rappresentano il 90% della popolazione che potenzialmente rischia di morire.
Ricordiamoci poi che dichiarare una guerra sposta la crisi dall’interno all’esterno dei confini.

Così i Putin, o i miliziani di Hamas, non solo non tengono conto delle migliaia di vittime che provocheranno con i loro attacchi, ma infondo mirano a spostare la crisi politica in cui si dibattono dall’interno all’esterno dei propri confini di influenza.

Stesso discorso vale per Israele, indebolita internamente da una crisi politica e istituzionale profonda e perdurante, ritrova in questi giorni l’unità direi solo attraverso la necessaria controffensiva da portare avanti contro Hamas, accaduta stranamente e tragicamente quando era più necessario. Coincidenze inquietanti.

I signori della guerra di ogni fazione
supportano indirettamente, ma a volte volutamente, la fazione avversaria conducendo la guerra contro di essa, ottenendo in questo modo l’autogiustificazione della propria presenza, della propria azione e quindi della propria esistenza.

Cose gia viste, insomma, se non fosse che stavolta, rispetto ai conflitti del passato scoppiati tra israeliani e palestinesi, qualcosa è cambiato: il clima internazionale, la nuova guerra fredda inaugurata lo scorso febbraio 2022, fanno convergere i vari scontri in corso in diversi luoghi del mondo, lungo una linea comune: la lotta contro l’Occidente.

Le crisi militari in Africa, la guerra in Ucraina, lo scontro tra Israele e palestinesi, la crisi dei migranti nel Mediterraneo, sono inequivocabilmente aspetti dello stesso fenomeno, versioni regionali di un scontro mondiale in cui Russia e Cina tirano le fila da una decina di anni contro gli Stati Uniti e l’Europa, per generare un nuovo equilibrio, da cui purtroppo siamo ancora molto lontani.

Non sappiamo come finirà in Israele, ma possiamo affermare con sicurezza che l’attacco di Hamas ha anche, e sopratutto, lo scopo di generare una escalation nella regione mediorientale, cosa che invece l’Occidente vuole assolutamente scongiurare.
Non altrettanto vuole la Russia, pronta ad approfittare, insieme ai suoi alleati iraniani e siriani, di ogni piccolo cedimento sul “fronte occidentale”, tanto che non è irragionevole pensare che dietro gli orrori dello scorso 7 ottobre in Israele si nascondano proprio loro.

Un nuovo mondo emergerà nei prossimi anni, molto diverso da quello che conosciamo e forse peggiore.

Leretico

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