Domenica, 16 novembre 2025


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domenica, 5 ottobre 2025 Aggiornato alle 08:00lettere

In memoria di Luca

di Luciano Pace

 

È mattina presto. C’è buio e una foschia d’autunno smorza le luci dei lampioni. La strada rasenta luoghi familiari, in cui scorre la normale quotidianità. Ma da ieri sarà quella su cui ha tragicamente perso la sua giovane vita il nostro caro Luca.  Ci si sente spaesati a percorrerla. La tristezza, simile a nebbia, disorienta il cuore e rende difficile scorgere la via su cui procedere. Tutto appare identico, immobile e si percepisce solo freddo, silenzio e solitudine.

 

Conviene fermarsi in attesa. Nonostante non si intraveda molta speranza di rischiaramento si desidera quiete. Si cerca qualche parola per scaldarsi, ma non è facile trovarle. Come rami secchi e inumiditi ti scivolano via dal pensiero. E, in situazioni simili, ti accorgi di quanto sia difficile accendere anche solo una tenue fiamma, nonostante senti l’impellente bisogno di scaldarti.

 

Un unico pensiero è rimasto a martellare l’anima: Luca non c’è più! Una scivolata con la sua cara moto gli ha stroncato l’esistenza. La notizia è corsa veloce ed è giunta a chi legittimamente ti chiede di scrivere qualcosa su chi era questo giovane bionese, su quale scuola frequentava, se era attivo o no in oratorio. Il giornalista, caro ex-studente, te lo chiede perché sa che sei quello che educa i giovani del tuo paese.

 

Nonostante le circostanze avverse in cui l’anima si trova, ti fai forza e capisci che è necessario dire qualcosa. E che cosa dire, ora? Quali parole adeguate esistono quando ci si sente così smarriti? Posso solo dire che tutti quanti noi suoi educatori d’oratorio di Bione e suoi amici gli volevamo bene. Quel bene che si prova verso ciascuno degli adolescenti a cui hai il previlegio e la responsabilità di stare accanto. Non appare come benevolenza particolare verso un singolo. È più simile al mare in cui ci si tuffa insieme d’estate: grande allo stesso modo per tutti.

 

È il bene che ti faceva percepire Luca come “uno di noi”, di quelli che in vacanza si fa insieme il Grest per accudire i bambini e mostrare loro cos’è la gioia della fraternità umana e cristiana. Un bene quotidiano, fatto di legami così pacifici e naturali di cui non ti accorgi: li dai per certi, così scontati che non immagini possano finire da un momento all’altro. E invece, ieri sera, si è intromessa lei a disilluderci: quella da cui tutti fuggiamo con angoscia, perché sappiamo che esiste, che ci riguarda e arriverà di sicuro, non potendo stabilire né dove, né quando, né come finché puntualmente non si presenta.

 

A Luca si è presentata ieri sera, al momento da lei deciso, intorno alle 18:00. Era la festa di san Francesco d’Assisi, quello che cantò la morte come una creatura dalla quale nullo homo mortale può scappare. Osò chiamarla addirittura “sorella”, quel folle. Può darsi lo fece perché, mentre scriveva il Cantico di Frate Sole, pensava alla sua morte in una condizione di particolare santità. Nessuna forma di fraternità verso la morte si sente in animo quando stronca le vite di coloro a cui si è affezionati.

 

A tutti noi che volevamo bene a Luca la morte non appare come sorella, ma come aguzzina, giunta decisamente troppo, troppo presto, data la sua giovane vita. Il che ci fa arrabbiare: che senso ha tutto questo? Nemmeno chi educa i giovani lo sa, anche se insegna religione cattolica. Il senso del vivere e del morire rimane celato ad ogni umana comprensione. È un mistero, e tale rimane. La sofferenza provata di fronte ad esso per tutti noi che piangiamo la morte di Luca non fa altro che confermarlo tragicamente.

 

Ora a noi, a cui è concesso di passare ancora un po’ di tempo in più in questa vita mortale, non rimane che il suo ricordo a farci compagnia, tanto più doloroso quanto più collegato all’immagine di un adolescente allegro e spensierato, sul volto del quale la simpatia si mostrava copiosa. La sopportazione di questo dolore sarà dura. Sarà necessario farsi forza a vicenda per come ne siamo capaci.

 

Intanto, il buio si è diradato. Gli lascia il posto una luce fredda senza raggi di sole. C’è ancora foschia e le parole si sono consumate. Rimangono le braci a rammentare a tutti che nessun'altra informazione su chi sia stato il povero Luca potrà far meglio affrontare questa tragedia a chi la vive. Anche le parole, a un certo punto devono spegnarsi e diventar cenere, lasciando spazio ad un sacrosanto silenzio. 

 


 

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