19 Maggio 2023, 09.13
Valsabbia
Blog - Aqua Alma

Di chi è l'acqua?

di Mariano Mazzacani

Di chi è l'acqua? Questa è la domanda che dovremmo porci ogniqualvolta “dissertiamo” della risorsa più importante per la vita umana, perché l'acqua entra in tutti i processi umani e attraversa la vita di tutti gli esseri viventi senza che ce ne accorgiamo!


L’acqua è fondamentale per tutti
i processi umani ma in realtà la domanda è falsa, la vera domanda è “cos'è l'acqua”, perché prima di definire di chi è l'acqua dobbiamo definire esattamente cosa sia l'acqua. Dunque, cos’è l’acqua? Una risorsa naturale, un servizio economico, un diritto umano, un bene comune, un bene pubblico oppure un bene economico (merce) da vendere secondo le regole del (libero?) mercato?

Partiamo da un dato di fatto incontestabile:
il 28 luglio del 2010 è stata approvata una risoluzione (https://contrattoacqua.it/public/upload/1/2/tab_elms_docs/1404320102n0947935.pdf ) che inserisce l’accesso all’acqua tra i diritti umani fondamentali e riflette l’imprescindibilità di questa risorsa relativamente alla vita umana. In particolare, la risoluzione sottolinea che oltre ad essere un diritto di ogni uomo, più degli altri diritti concerne la dignità della persona ed è essenziale al pieno godimento della vita e fondamentale per tutti gli altri diritti umani.

Ci sono voluti oltre sessant'anni
per arrivare a dichiarare l'acqua “diritto umano” e tale principio dovrebbe, grazie alla sua progressiva applicazione, spingere gli organismi internazionali a trasformarlo in diritto garantito a tutti.

La stessa Comunità Europea pur essendo, prima di tutto, un organismo economico-finanziario, ha esplicitato una netta posizione nella Direttiva Quadro in materia di acque 2000/60/CE in cui si dichiara esplicitamente che “l'acqua non è un prodotto al pari degli altri bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale”.

Pertanto, grazie a questi due riferimenti normativi,
il primo che afferma il diritto all’acqua ed il secondo in cui si sostiene che “l’acqua …è patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale” si può ben affermare che l'acqua o meglio l'accesso all'acqua in quanto diritto non può essere mercificato. Questo è un primo punto inoppugnabile!

Riteniamo necessario approfondire
anche la tematica sui beni comuni visto e considerato che, spesso, si sente affermare che l’acqua, come molte altre cose, è un bene comune. La maggior esperta di beni comuni è certamente Elinor Ostrom, premiata col premio Nobel per l’economia proprio per il lavoro ricompreso ne il “Gestire i beni Comuni” sulla gestione delle risorse collettive. Uno studio avviato sull’onda del dibattito sui beni comuni scatenato da Garret Hardin.

L’ecologo statunitense
che nell’articolo “The Tragedy of the Commons” (1968) sulla gestione dei pascoli comuni lo pone a metafora dell’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali causato dalla crescita incontrollata della popolazione umana. La Ostrom approfondisce gli studi analizzando varie esperienze sparse in tutto il mondo sulla gestione condivisa di risorse comuni e definisce i confini e le caratteristiche dei beni comuni.

Questi sono “spazi o risorse collettive gestite da un gruppo circoscritto di utilizzatori che costituiscono una comunità locale e che sulla base di sistemi di regole condivise, accettano di preservare questa risorsa”; per far questo è necessario che la gestione sia in capo alla comunità che usa questa risorsa ed ha interesse alla sua preservazione ma secondo regole ben precise, cioè “il riconoscimento della comunità stessa” ma soprattutto “la non ingerenza dello Stato” e delle sue diramazioni.

Ostrom si spinge da affermare
che sia necessario “superare la dicotomia stato mercato” perché (nostra nota) è ormai acclarato che lo stato e il mercato non sono altro che due facce dello stesso sistema.

Per completare il quadro sui beni comuni,
va ricordato che la loro sommatoria non ci dà come risultato “il bene comune” che è piuttosto la capacità del vivere insieme della nostra comunità, con meno stato, maggiore autogoverno e la partecipazione attiva dei cittadini.

Soprattutto va evidenziato
che non vanno confusi i beni comuni naturali essenziali alla vita come l'acqua, l'aria e la terra con i beni comuni culturali (conoscenza e le opere d'arte), digitali (gratuità della rete) o sociali (servizi pubblici) poiché i primi, cioè i beni naturali essenziali alla vita, sono sistemi finiti e non riproducibili e questo è un dogma non in discussione. Riccardo Petrella esperto e studioso dei beni comuni, grande difensore dell'acqua bene comune, ha fissato i cardini dei beni comuni. Questi cardini sono:

• Inclusione cioè nessuno può essere escluso dall'accesso ad un bene comune;
• Concordia, la non rivalità, non è necessario entrare in competizione con altri per avervi accesso;

Riccardo Petrella, economista, (https://it.wikipedia.org/wiki/Riccardo_Petrella) approfondisce la tematica delineando le caratteristiche dei beni comuni che sono:

1. Insostituibilità ed essenzialità per la vita umana: l'acqua indipendentemente dalla variabilità dei sistemi sociali nel tempo e nello spazio rispetta tale principio. È essenziale ed insostituibile oggi come lo era per l'uomo del lago Lucone di 4000 anni fa.
2. Indissolubilità dai diritti umani e sociali: il riferimento del valore di un bene comune è la vita, il diritto alla vita e non il costo associato alla sua disponibilità, non si tratta di beni di consumo per la soddisfazione di domande individuali e dipendenti da dinamiche variabili di costo.
3. Responsabilità e proprietà collettiva poiché si tratta di beni la cui responsabilità e proprietà deve essere pubblica in una logica di solidarietà collettiva.
4. Proprietà, governo e gestione in mani pubbliche nell'interesse pubblico: è imprescindibile che ciò avvenga se non vogliamo reiterare un modello che, indipendentemente dai vincoli imposti nelle convenzioni di affidamento, vengano gestiti nell'interesse dei potenti, dei privilegiati, dei più ricchi, forti e furbi come accaduto troppo spesso; è fondamentale che vi sia totale integrazione tra la proprietà del bene stesso e il suo governo e gestione da parte di soggetti pubblici.

È fondamentale affermare il principio del carattere pubblico sia della proprietà del bene (acqua, foreste, etc.) che delle infrastrutture (reti idriche, energetiche, trasporti) ma soprattutto della gestione dei servizi. Deve esserci completa integrazione tra proprietà, governo e gestione da parte di soggetti pubblici perché la finalità di un bene comune è quello di essere al servizio dell'interesse collettivo della comunità e di afferire al campo dei diritti. È un ossimoro dissertare di interesse pubblico e gestione privata poiché non c'è giustizia sociale nella dicotomia tra proprietà pubblica del bene e gestione del servizio per l’interesse privato. (Vedasi Tomaso Montanari Privati del patrimonio Einaudi editore).

Ribadiamo un concetto fondamentale: quando parliamo di proprietà formale e sostanziale cioè di proprietà del bene e gestione privata è una contraddizione già evidenziata negli anni 30 grazie al lavoro di Berle e Means proprio sulla separazione tra proprietà e controllo. Grazie al lavoro dei giuristi italiani è ormai prassi consolidata affermare che il potere sta nelle mani di chi ha l'effettivo governo del bene. Da ciò ne discende che un bene è pubblico solo se gestito da un soggetto formalmente e sostanzialmente pubblico nell'interesse esclusivo della collettività.

5. Partecipazione diretta dei cittadini al governo dei beni comuni: il passaggio naturale deve essere la partecipazione reale dei cittadini al governo dei beni comuni in antitesi all’estraneità della democrazia nel funzionamento di una società di capitale, anche a partecipazione pubblica, perché il capitale si concentra sull'utente/cliente ricorrendo alla pubblicità la cui finalità non è d'informare ma è di manipolare per sconfiggere il concorrente. L’obbiettivo di una società per azioni è l’utile non certo la tutela dell’interesse pubblico. Perciò il ruolo dello Stato è centrale nella partita dei beni comuni.

Ugo Mattei, giurista, (https://it.wikipedia.org/wiki/Ugo_Mattei) ribadisce alcuni concetti fondamentali sulla questione dei beni comuni affermando che sono l'opposto della proprietà che è fondata sull'esclusione, sulla rivalità e sulla verticalità del potere. All’opposto i beni comuni invece sono esperienza di apertura ed inclusione ma soprattutto di diffusione del potere e di solidarietà. In tempi non lontani si è anche tentato di normare, grazie alla Commissione Rodotà, il “diritto dei beni pubblici” in cui ricomprendere i beni comuni (Commissione Rodotà - per la modifica delle norme del Codice civile in materia di beni pubblici). L’obbiettivo era di addivenire in tempi brevi a norme a tutela del patrimonio pubblico e dei beni comuni. L’iniziativa che dava forma normativa ai beni comuni ne dava una definizione specifica: ...cose che esprimono utilità funzionali all'esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero arbitrio della persona. I beni comuni devono essere tutelati e salvaguardati dalle norme anche a beneficio delle generazioni future… in particolare (per quanto riguarda l'acqua) sono beni comuni i fiumi, i torrenti, le loro sorgenti, i laghi e le altre acque.

Questa è una prima analisi della risorsa idrica da un punto di vista umanistico e sociale del bene. Una risorsa che nessuno può negare sia al centro di interesse contrapposti perché (sempre più) scarsa, depauperata e dunque sempre più preziosa.

Continua...


Commenti:
ID83162 - 19/05/2023 16:22:52 - (gino) - Vero ma...

Vero ma non applicabile con la mentalità e la cultura che c'è, per tutelare un bene come l'acqua e necessario intervenire in 2 modi: il primo è far pagare, si, far pagare. Non è possibile soprattutto in periodi come gli ultimi 2 anni vedere l'acqua potabile utilizzata per lavare auto, piazzali, per riempire piscine. Perché lo facciamo? Perché costa poco, non teniamo 30 gradi in casa a gennaio perché costa ma la piscina da 20000 litri non ce la facciamo mancare perché per trenta euro chissene....ma questo metodo favorirebbe comunque chi si potrebbe permettere, esagero, indipendenteme dagli di lasciarla scorrere 365 gg h24.Il secondo modo sarebbe razionarla con sistemi innovativi applicati alle utenze, siamo nel 2023 e la tecnologia esiste ma se ci arriveremo sarà comunque tardi.In parti della Svizzera ci sono 2 acquedotti in paese, da anni, uno per la potabile ed uno per utilizzi diversi con costi e volumi differenti. Non

ID83163 - 19/05/2023 16:37:55 - (gino) -

☆indipendentemente dagli importi da pagare, persa una riga per strada. Non ci arriveremo, e se ci arriveremo, mi ripeto, sarà tardi. In Sardegna c'è un sistema di dighe interconnesse tra loro e in grado di sopperire ad un triennio senza precipitazioni garantendo acqua potabile per la popolazione ed acqua per l'agricoltura. In Sardegna, non in Israele dove addirittura la estraggono dall'umidità dell'aria. Il governo deve investire ed evolvere le infrastrutture secondo le necessità del presente e del futuro ma velocemente, non tra 20 anni. Le sorgenti regrediscono, le falde si abbassano, non sono inesauribili. Oltre al governo dobbiamo cambiare tutti la nostra cultura sull'utilizzo di questa risorsa vitale, senza il nostro contributo abbiamo già fallito.

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