29 Gennaio 2023, 09.43
Gavardo
Blog - Maestro John

Neve

di John Comini

Ad Auschwitz c’era la neve. E nevicava sulla steppa russa, nella Gavardo bombardata e nelle foibe in Istria. Ricordo dei militari internati. Poi eventi, 6 compleanni e due addii


La neve. Candida, silenziosa, stende un velo di bellezza e di poesia. Ma in quei giorni di infinita tristezza, per le vittime che già soffrivano la fame la neve era solo fredda, glaciale, aumentava la tragedia. Ho ascoltato Liliana Segre, ho visto il film “Edith Una ballerina all’Inferno”. Come si fa a non piangere? Perché tanto male? Perché “ancora tuona il cannone”?

Vorrei ricordare alcuni militari italiani
che dopo l’8 settembre 1943 furono fatti prigionieri nei lager nazisti. La Repubblica di Salò tentò di convincerli a ritornare liberi in Italia e ad arruolarsi: ma seicentomila (il 95%) dissero “no”. Anche la loro vicenda è stata per decenni pressoché dimenticata. Ricordo Zucchetti Carlo, fratello del mio caro cognato Mario.

Virgilio Filippini, fratello del celebre pittore Felice Filippini, era nato il 13 dicembre del '15 (il padre Placido era sarto ed aprì il negozio di tessuti sotto i portici di Piazza Zanardelli). Militare a Vipiteno, sergente nel corpo di guardia alla frontiera, dopo l'8 settembre Virgilio fu arrestato a Bressanone e deportato in un lager ad Amburgo. Avrebbe potuto rientrare in Italia aderendo alla Repubblica di Salò, ma (come risulta dalle lettere inviate alla sorella Aldina) ha rifiutato la proposta. Virgilio fu liberato dagli inglesi nel maggio del '45, pesava solo 38 chili e venne curato per un mese al mare del Nord. Al ritorno in Italia sposò la signora Letizia Portesi il 20 maggio del '46.

Domenico Buccella, mitico fotografo a Gavardo
, era nella Regia Fanteria e fu uno dei pochi che riuscì a lasciare il lager di Bergen-Belsen, uno dei più terribili campi nazisti, dove denutrizione e malattie causarono la morte di migliaia di persone, tra le quali una ragazza di nome Anna Falk…«Mi trasferirono ai lavori forzati in uno zuccherificio e poi in un salumificio: fu la mia salvezza. Sgobbavo come uno schiavo, ma almeno lì non crepavo di fame. Ho continuato a salare pancette sepolto in una cantina insieme a un prigioniero russo fino al 10 aprile ’45, giorno in cui in città sono entrate le truppe americane.»

Il graduato alpino Isidoro Codenotti, per tutti “Doro”, fu inviato al fronte prima in Francia, nel 1940, poi in Grecia e in Albania e infine nella tragica campagna di Russia. Riuscì a tornare a casa, dopo aver trascorso due anni in un lager tedesco, dove incontrò Padre Marcolini. Le sue memorie sono raccolte nel “Diario di un alpino”.

Anche il marinaio Silvio Venturelli dopo l’8 settembre viene arrestato dai tedeschi e trasferito in pieno inverno su carri bestiame in un lager: baracche umide, nauseanti, con finestrini senza vetri, su letti privi di paglia e lenzuola. Riesce a nascondere sotto la cintura dei pantaloni un piccolo quaderno per farne un diario. Fame, sempre fame. Lavora in una fabbrica con reparti di trafileria e laminatoio. Lavora insieme a civili tedeschi, non sono cattivi e alcuni hanno un figlio al fronte: molti si prodigano per saziare la loro fame arretrata. Silvio stringe amicizia con Vitus, è buono e gentile e di lui si ricorderà per tutta la vita. Lungo la strada incontra una ragazza dagli occhioni grandi. Si chiama Stilla. Lei gli porterà qualche sigaretta e qualche bollino per il pane (sicuramente se li è tolti di bocca per lui) e rimarrà nel cuore come una grande amica.

Il generale degli alpini Giuseppe Giacobinelli (Beatrice Meloni ha curato la raccolta dei diari di prigionia col titolo “Quattro quaderni segreti”) nel ‘43 era colonnello comandante il 7° Reggimento Alpini a Belluno, venne fatto prigioniero ed internato in Polonia e Germania. Le condizioni dei militari italiani nei lager erano crudeli: privati della qualifica di “prigionieri di guerra” in quanto considerati dai nazisti come dei traditori, non potevano essere assistiti dalla Croce Rossa: gli unici generi di conforto erano i pacchi inviati dalle famiglie. Ma anche lui rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò, per la fedeltà al giuramento che aveva fatto al Re.

Il capitano del Genio Giuseppe Zane
, nato a Gavardo nel 1900 e richiamato alle armi, venne rinchiuso nei campi di concentramento nell’ottobre del ’43. Nel suo diario parla della fame, della paura della morte: tornò a Gavardo nella primavera del ’45, riprendendo la professione di geometra.

Anche il graduato alpino Mario Bertuetti, nato a Gavardo nel ’14, venne richiamato ed inviato sul fronte francese. Inquadrato nel battaglione Valchiese, partì per la Russia, al ritorno venne internato in un lager a Lipsia, vicino alla fabbrica di bombardieri dove fu costretto a lavorare. Anche lui rifiutò l’arruolamento nella “Wehrmacht”, perciò fu trattato male dai tedeschi. Scrisse: “Ho detto ‘No’ perché ne avevo piene le scatole della guerra.”

I miei familiari conoscevano il tenente medico Giorgio Pirlo
, nato nel 1913 come mio papà. Come si evince dal suo diario (presentato da Pino Mongiello), era cresciuto assorbendo acriticamente la propaganda di regime. Morì per grave malattia nel gennaio ‘44 ad Atene, prigioniero in un campo di concentramento tedesco: ciò lascia immaginare che in lui fosse maturata una coscienza critica del fascismo.

Vittorio Pontiggia, detto Rino, venne colto dall’8 settembre col suo battaglione della Regia Fanteria di stanza a Grenoble, nelle alpi francesi. Finì prigioniero in un lager di Berlino: rifiutò l’adesione alla Repubblica di Salò, venne impiegato in duri lavori nelle fabbriche. “I ragazzi tedeschi ci sputavano addosso.” Tornò a casa solo nel settembre del ’45.

Mio papà fu internato in un campo di lavoro in Polonia:
era destinato a lavorare in miniera, ma grazie alla conoscenza di nozioni della lingua tedesca gli venne conferito il ruolo di interprete tra i prigionieri ed i soldati tedeschi. Il destino ha voluto che, da giovane, avesse frequentato le lezioni della mamma del senatore Fabiano De Zan presso la Giovane Salò. Poi si fece spedire un vocabolario tedesco-italiano da casa: i libri a volte salvano la vita. Il 21 ottobre ‘43 cercò di prendere oltre il filo spinato una carta utile per i suoi bisogni, un altro prigioniero lo precedette e la guardia sparò, uccidendolo. Per il terrore mio papà ebbe la dissenteria per giorni. Tornato a casa, seppe che quel giorno era nata mia sorella Rita: “Mé dusie mörer chèl dé là!”

Dedico alle vittime del bombardamento la commemorazione che fece il mio amico Andrea Deni Giustacchini nel 2021.

“Sappiamo.
Sappiamo com’era bella la giornata e come brillava la neve e come brillavano le ali dei cacciabombardieri sulle teste volte all’insù dei bambini curiosi, dei passanti spaventati.
Sappiamo l’ora e il minuto, sappiamo il rumore assordante e il silenzio di gelo.
Sappiamo i volti sbiancati e la neve annerita, sappiamo la coltre della polvere e le pozze del sangue.
Sappiamo le urla e il pianto, le bestemmie e le preghiere.
Sappiamo che qualcuno si è salvato entrando in casa e che qualcuno si è salvato perché fuori di casa.
Sappiamo le travi che hanno protetto e le travi che hanno ammazzato.
Sappiamo i nomi degli uccisi e i nomi degli uccisori.

Sappiamo che si lavavano piatti, che si prendeva legna dai solai, che si leggevano giornalini intorno al tavolo, che si entrava e usciva dalle osterie, che si saliva in camera per un pisolino e che svegliandosi di soprassalto ci si affacciava alla porta divelta e non si trovava più niente davanti, se non un baratro e in fondo la famiglia sterminata.

Sappiamo la stalla dove si attendeva la fine dell’incubo e il tranquillizzare delle madri e l’irrequietezza del cavallo al cadere delle bombe.

Sappiamo di chi dalle colline vide gli aerei scendere e le bombe cadere e i piloti in faccia. Sappiamo dei corpi intatti e dei corpi straziati.

Sappiamo del buio e del tempo che non passa mai sotto le macerie che premono e della mamma che incoraggia il figlio e del figlio che grida aiuto e più grida più la polvere arde in gola.

Sappiamo della cioccolata sparsa fra i calcinacci fuori dalla vetrina della bottega sventrata e sappiamo della cioccolata che di lì a tre mesi i bambini avranno in regalo dai soldati americani accolti come liberatori.

Sappiamo dell’amica allegra e gentile che solo ieri scherzava e giocava a palle di neve e che ora sta lì a braccia aperte con la bocca piena di terra e con i suoi orecchini che il giorno dopo non si troveranno più.

Sappiamo del farmacista che ferma buttandola a terra la ragazza che sta attraversando il ponte e che così facendo le salva la vita.

Sappiamo del sacerdote che piange e soccorre e benedice e del sacerdote che seduto al tavolo di cucina della canonica indica muto dove stanno i confratelli morti.

Sappiamo che non ci fu troppo tempo per il dolore, perché c’era da soccorrere, da scavare, da recuperare il poco che restava, da ricongiungersi ai propri cari, da pulire la cucina dai vetri andati in polvere e rattoppare col cartone il vuoto delle finestre, da trovare presto e a fatica un posto dove sfollare, lontano da lì, da quel ponte rimasto in piedi sì, ma chissà per quanto...

Sappiamo delle donne che vollero, opponendosi con forza all’autorità repubblichina, portare a braccia le loro amiche al cimitero.

Sappiamo degli sbandati, di quelli che si erano dati alla macchia per non aderire alla repubblica fascista e che avrebbero voluto correre a dare una mano, poi, ma non lo fecero per non essere arrestati e che dalla collina, il giorno dei funerali, udirono la voce di un uomo di Dio, nitida come se risuonasse lì accanto a loro, scandire dal cimitero lontano: “Una voce si udì in Rama; un pianto e un ululato senza fine. È Rachele che piange per i suoi figli e non accetta consolazione, perché essi non sono più.”

Sappiamo, perché abbiamo voluto ricordare; e sappiamo che abbiamo voluto ricordare perché nessuno di noi e nessuno dei nostri figli e nessuno dei figli dei nostri figli sia messo un giorno nella condizione di giustificarsi dicendo: “Eseguivo soltanto degli ordini.”


Grazie, caro Deni, poeta e amico mio.

Alcuni eventi:

* oggi, domenica, ad Agnosine per la Giornata della Memoria alle 17 nella Sala delle Comunità film “Edith Una ballerina all’Inferno”
* a Gavardo alle 18.30 nella Chiesa Parrocchiale commemorazione delle vittime del bombardamento, Messa solenne presieduta da S.E. Cardinale Giovanni Battista Re poi in piazza De Medici orazione di Matteo Simoni e Andrea Pasini, presenziano il sindaco Comaglio ed il Corpo Musicale Viribus Unitis
* Importante: le mattine successive nella biblioteca di Gavardo gli studenti delle classi terze delle Medie incontreranno i testimoni ancora viventi del bombardamento, con la mappa realizzata da Andrea Pasini ed un racconto dell’amico Maurizio Abastanotti con le illustrazioni della brava Chiara Abastanotti
* sempre domenica a Nuvolento alla Sala polivalente “Un Uomo, Primo Levi” con Sergio Mascherpa
* a Villanuova pomeriggi Danzanti al Circolo ACLI
* a Nuvolera nel teatro dell’Oratorio il gruppo bresciano dei “Klezmorim” incontro-concerto legato alla cultura ebraica e alla Shoah
* lunedì sera a Villanuova all’Auditorium Garda “Il Paradiso inaspettato” di Lucilla Perrini e con Sergio Mascherpa per la Giornata della Memoria
* lunedì a Gavardo per la Festa di San Giovanni Bosco serata educativa “Evangelizzazione e social” nella Chiesa di Santa Maria
* mercoledì a Gavardo in Biblioteca dalle 15 alle 18 “Hub tecnologico” per ragazzi 11-17 anni, creiamo adesivi personalizzati
* sempre mercoledì alle 16.30 a Gavardo in Biblioteca “Junior Atelier” laboratorio per bambini 5-10 anni (prenotazione obbligatoria tel. 0365377463)
* mercoledì sera a Gavardo in Biblioteca “Gruppo di gioco” con favolosi giochi da tavolo
* mercoledì sera a Gavardo nella sala Bruni Conter del Museo per il corso “Alle origini del Gattopardo” Elisa Zentilini in “Tracce di antichi romani a Gavardo, tra strade, epigrafi e stazioni di sosta” (prenotazione obbligatoria)
* giovedì sera a Gavardo in Biblioteca per il ‘Festival Giallo Garda’ Ben Pastor presenta “La Venere di Salò”, modera Gabriele Marazzina, letture dell’Associazione Larosaelaspina
* venerdì dalle 14.30 al Centro Sociale di Gavardo gioco burraco condotto da Mariangela
* venerdì alle 19 a Roè Volciano per ‘Sapori e profumi del territorio’ visita guidata alla Cantina Scolari, poi cena di tartufi e vini alla Trattoria Ricomilla (prenotazione obbligatoria)
* venerdì a Gavardo c/o Auditorium C. Zane serata celebrativa del 75° di fondazione del CAI Gavardo “8000 è solo un numero” con Roberto Manni (alpinista valsabbino) ed il “gnaro” Silvio Mondinelli (alpinista valtrumplino)
* sabato sera al Salone Poi XI di Gavardo “Te… le… canto” per la Festa di San Giovanni Bosco, ospite speciale il Corpo Musicale Viribus Unitis
* domenica a Gavardo Festa di San Giovanni Bosco: Messa in Parrocchia, in Oratorio pastasciuttissima, giochi, spettacolo di giocoleria dei preadolescenti di Vallio e Gavardo, merenda per tutti e alle 17.30 Vespri solenni in Santa Maria
* Novità: al Museo Archeologico della Valle Sabbia (aperto anche il giovedì pomeriggio 14-17) dal 1° febbraio ingresso gratuito per tutto l’anno ai residenti di Gavardo

Il 31 gennaio compie gli anni
il baffuto Gabriele Bonvicini, che recitò nel Gruppo Teatrale Gavardese insieme al caro Tano Mora ed a tanti amici. “Bonvi” ha sempre avuto la passione nel dipingere ritratti. Ho conosciuto sua sorella e mia coscritta suor Annamaria Bonvicini, ora in Paradiso. Auguri, grande “Bonvi”, e cerca di star bene!

Favolosi auguri a mia nipote Donata Franceschetti, sorella dello juventino Marcello e figlia del mio caro cognato Sergio e di mia sorella Rita. Con Alberto Amaglio ha creato una meravigliosa famiglia, con i bei figli Francesco, Caterina ed Alessandra. Donata ha un carattere sempre allegro, entusiasta, propositivo. È sempre di corsa, impegnata in mille cose: famiglia, scuola, oratorio, catechismo, ACR, coro... ed è brava a lavorare a maglia e uncinetto!

Auguri a Renato Savoldi, il 3 febbraio compie 86 anni, ma è ancora un giovinotto. Un tempo lo vedevo al Bar Italia, ora lo incontro sulla via Romana e parliamo degli alti e bassi della nostra Juve. Grande appassionato di ciclismo, con gli amici seguiva spesso le gare, recandosi anche sulle Alpi per incitare i suoi beniamini al Tour. È nonno di Michele, il nipotino che adora.

L’amico Giuseppe Lavo il 5 febbraio compie 90 anni, ma sembra più giovane di me! Lo conobbi sulla via Romana, talvolta mi ha accolto nella sua casa a Villanuova, dove c’è la sua dolce moglie. Ha una cultura profonda ed una squisita sensibilità, è stato fra i pionieri del Gruppo Grotte Gavardo, ama la natura e si arrabbia per le ingiustizie del mondo. Parlare con lui è un piacere: mi racconta dei suoi nipoti (come Pietro MacDonald, bravo nello storytelling), di don Milani, delle lotte operaie. Ama leggere e rileggere “I promessi sposi”, le poesie di Edgar Lee Masters e Cesare Pavese, ma anche gli autori cinesi e indiani. Amabilia Ventura (Mabi) mi raccontava che da ragazza è stato lo zio Beppe a farle apprezzare Dostoevskij e l’incanto della natura. Auguri, grande uomo!

Auguri anche alla mia amica Marì Zecchi, brava maestra a Prevalle e grande camminatrice: è mamma di Stefano Lombardi e del mio amico musicista Luca.

E fantastici auguri a mia nipote Marcella Avanzi, bella figlia della mia cara cognata Giovanna Maccarinelli e di Luigi. Marcella è mamma di Mary Jo, fiore di primavera. Il papà è Cristian Bonomini: simpatico, per carità, peccato non sia juventino come Matteo, il fratello di Marcella.

Solo ieri ho saputo che ci ha lasciati Giuseppe Troncana. Come il caro Renzo Mosca, ha vissuto con me e l’amico Deni gli anni dell’Istituto Magistrale ed ogni tanto ci rivedevamo con gli ex compagni di scuola, tra i quali c’era sempre Luca Ferremi di Bagolino, che saluto. Giuseppe, detto Beppe, era di Orzinuovi: è stato alpino, poi maestro e dopo la pensione si dedicò alla gestione delle piscine di Rovato e Palazzolo. Mando un grande abbraccio alla famiglia.

Ci ha lasciati a soli 64 anni Giovanna Bettinzoli. Quando la incontravo esclamava sorridendo “Ciao Giovanni!”. La conobbi quando la mia famiglia abitava nel “grattacielo”: lei era al quarto piano, accanto alla signorina Bianca Simoni. Giovanna girava con il triciclo sul grande terrazzo, mentre mia sorella Rita stendeva la biancheria. A scuola era molto brava, disegnava perfettamente, e questo l’ha preso di certo dalla mamma Flaminia Amici, professoressa di disegno alle Medie e per anni una dei preziosi testimoni del bombardamento con Piero Simoni, Giovanni Tobanelli, Luigi Orlini e l’amico Antonio Abastanotti. Poi la famiglia si è trasferita al primo piano, proprio sotto l’appartamento dei miei. Giovanna è la sorella maggiore di Dina e di Gianangelo (che ha preso il nome dai due nonni, Gian e Angelo). Era sempre vestita in modo elegante ed originale, sempre sorridente, sempre accogliente. So che aveva fatto la bibliotecaria a Brescia. La ricorderò sempre con quel sorriso luminoso, che quando mi incontrava esclamava “Ciao Giovanni!”

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo.

W il Chiese! Forza Chiara!

maestro John


Nelle foto:

1) I funerali delle vittime del bombardamento di Gavardo (l’omelia fu tenuta dal grande Monsignor Luigi Ferretti)
2) Soldati gavardesi in partenza per la Russia. Da sinistra in piedi: 1° n.n., Gosetti (disperso), Abbaino, Codenotti, Bertera, Bertera, Codenotti, Bresciani. Seduti: Bresciani, Merlini, Piovanelli, Bresciani, Bignotti (Dal libro “Gavardo che cambia” -Pro Loco del Chiese)
3) Giuseppe Lavo sul Brenta nel 1978 (foto del fratello Giovanni, che saluto)
4) Mia nipote Donata Franceschetti
Alcune notizie sono tratte dal bel libro di Marcello Zane “Dire di no: gavardesi nei lager nazisti” (liberedizioni)



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