21 Gennaio 2022, 09.35
Gavardo
Lettere

La scia nera

di Redazione

La posizione anche se non particolarmente elevata della loggia permetteva in diverse circostanze di avere una visuale più ampia delle cose.


Da là sopra, quando ancora giù in campagna c’era la ferrovia, si poteva intravvedere e sentire il piccolo treno merci che andava e veniva dalla valle Sabbia, era a binario unico e passava a fianco del Naviglio e della strada sterrata. La ferrovia costruita al tempo della prima rivoluzione industriale meccanizzata che c’era stata su tra le montagne dove da tanto le miniere e le fucine davano materia per le vanghe, cannoni, tubi e condotte, insomma tutto ciò che all’uomo serve per dominare il mondo, aveva cominciato a tramontare con l’avvento di una nuova rivoluzione industriale che adottava il trasporto su gomma.

Alla fine degli anni sessanta il treno passava poche volte la settimana finché ad un certo punto aveva smesso di passare. Ancora per un po’ il binario era rimasto là abbandonato invaso dall’erba alta e i carri da fieno che andavano e venivano dalla campagna ci passavano sopra liberamente senza dover rallentare.

Dopo un poco ancora veniva smontato un pezzo alla volta e lungo il suo tracciato venivano costruite case.

La Maria che era della mia stessa contrada quando si era sposata era andata ad abitare giù al Naviglio nella sua nuova casa costruita dove prima passava la ferrovia. Per un po’ di anni era stata una sposa felice fino a quando non veniva deciso che proprio là sarebbe passata la statale nuova. Come molte delle cose che vengono decise senza pensare se ciò che si vuol fare sarà cosa buona, da quelle parti la nuova strada aveva fatto fatica ad andare avanti perché aveva trovato una certa opposizione. Non abbastanza forte per il vero perché ormai la gran parte della gente non andava più in campagna, era per lo più chiusa in fabbrica, nessuno stava dietro a certe cose, nemmeno quando veniva messa in gioco la loro vita. La gente non si fermava più a pensare a cosa sarebbe successo dopo, forse non era mai avvenuto per davvero che la gente si fermasse a pensare alle conseguenze del fare e del non fare, andava sempre a finire che erano pochi quelli che ci pensavano e decidevano per tutti.

La Maria invece si era battuta perché quella strada non venisse fatta, vedeva già la fine del suo sogno, la fine della bellezza che le serviva per essere felice. Diventava matta, sapeva che la sua vita sarebbe diventata un’altra cosa quando a fianco alla sua casa sarebbe passata una strada trafficata ma nessuno l’aveva sostenuta nella sua battaglia. Ce ne sarebbero volute tante di Marie per fermarne il corso. Benché fossi di un'altra contrada capivo le ragioni della sua disperazione ma ormai avevo sciolti da tempo i miei legami con quel territorio, non sarebbe potuta essere la mia battaglia, come tutti anch’io avevo altri fronti sui quali stare. Ma non potevo certo tenere gli occhi e gli orecchi chiusi, tenere i sensi addormentati, non potevo non cogliere le trasformazioni che avvenivano quando tornavo dove ero nata. Non ricordo esattamente quando, finita l’opera, la strada venne aperta e fu come quando improvvisamente in un canale vuoto viene fatta scorrere l’acqua. Senza saperlo ero tornata al momento giusto per osservare che qualcosa di tangibile e perturbante avveniva.

Sin dal primo giorno, osservando dalla loggia in lontananza, appena sopra il tracciato della nuova strada era comparsa una scia scura nera compatta che rimaneva sospesa nell’aria come un tracciato speculare alla strada. La scia era rimasta fissa e ferma per qualche giorno come se tutti gli elementi attorno presi da stupore non riconoscessero quella sostanza comparsa d’improvviso e la contenessero da una parte e l’altra, come se le parti invisibili dell’aria e dall’acqua del naviglio che scorreva accanto per un poco l’avessero tenuta isolata. Dopo una settimana quella scia scura era meno definita, sfumava si espandeva cedeva le sue sostanze a tutta l’atmosfera intorno e gli elementi che in un primo tempo l’avevano contenuta non potevano più fare resistenza, perdevano di purezza.

A distanza di un altro po’ di tempo non vi era più alcuna apparente evidenza degli scarichi del traffico che senza requie passava sulla strada ma il cielo tutto intorno non aveva più la stessa luce e il colore di prima, i fumi si diffondevano per una vasta area ormai intaccata. Era ormai chiaro che non solo la povera Maria aveva perso la sua battaglia per difendere il suo pezzetto di paradiso ma che tutti proprio tutti avevamo perso qualcosa, anche quelli delle contrade più lontane, tutti gli abitanti della terra avevano perso qualcosa, il mondo diventava un poco più infernale di come era prima.

Lucia R.


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