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lunedì, 29 luglio 2019 Aggiornato alle 09:58Feste d'estate

Ieri all'Alpo tradizionale Festa del Carbonaio

di Aldo Pasquazzo
In tanti questa domenica sono saliti alla malga a monte di Bondone dove è stato riproposto il pojat per fare il carbone

Dario e Mansueto Scalmazzi, pur avanti di età, sono rimasti gli unici a fare e riproporre le procedure di come fare pojat e carbone.

Nella giornata di ieri, a malga Alpo a monte di Bondone paese, ambedue all'interno della jall - con la sua solita disinvoltura tra fumo, fulligine e arnesi vari - hanno fatto scuola e intrattenimento in occasione della Festa del Carbonaio.

“Formula inderogabile di questo mestiere – avvertono i due – è quello di evitare che la legna prenda fuoco il chè a sua volta manda all'aria il tutto”.

Nella loro ricostruzione Dario e Mansueto ricordano che nel trasloco da casa al mont le sole cose da portare in quota, oltre ai ferri di mestiere, qualche indumento per cambiarsi nonché paiuolo e farina per fare polenta e solo quando andava bene c’era un tetto sotto il quale ripararsi altrimenti l'alcova era fornata da ramaglie fitte, sostenute da robusti pali, dove l'acqua non filtrava e nemmeno il vento riusciva ad infrangere quelle pareti di verde.

Lì dentro, con l'ausilio di quattro sassi, veniva allestita una cucina da campo e un posto per dormire, dove non c’era traccia di materassi ma piuttosto un angolo di fogliame e qualche malandata coperta per coprirsi e poter dormire”.

Anche ieri ad assistere alla procedura di come si fa il carbone si è alternata parecchia gente, sia prima sia dopo la solenne santa Messa celebrata nella vicina chiesetta dal reverendo arciprete don Andrea Fava.

Contrariamente alle previsioni, le condizioni meteo hanno retto cosicché lungo quell'altura l'andirivieni di valligiani e turisti è stato continuo.

“Siamo soddisfati da tante presenze anche perchè la Festa del Carboner, come anche alla nostra Madonna de Setember, c'è sempre tanta partecipazione" dice l'assessora Chiara Cimarolli.

Medesimi riscontri arrivano anche dallo stesso sindaco Gianni Cimarolli, dal suo vice Giacomo Valerio e dal comandante del corpo volontario dei vigili del fuoco Fausto Cimarolli che nelle occasioni che contano (come nelle emergenze) lui e la sua squadra sono sul posto in tempo reale.

“Il paese capoluogo del nostro comune - aggiungono in maniera congiunta - risulta tra i Borghi più belli d'Italia, il che non è poca cosa”. A Bondone l'arte del “carboner” ora rischia effettivamente di esaurirsi, considerato che il duo degli Scalmazzi (avanti con gli anni) non ha successori a cui tramandare quel faticoso e tramontato mestiere.

Una cosa è certa: a quei tempi, da aprile all'autunno inoltrato se non addirittura ai Santi, erano in tanti i coniugi bondoneri a rimanere sparsi sui monti a fare carbone.

I figli venivano affidati in custodia alla popolare maestra elementare Virginia Omicini (ora ancora in vita alla Casa di riposo di Storo) e al reverendo curato don Mansueto Bolognani prima, e poi al suo successore don Giuseppe Pellegrini da anni ambedue deceduti. Dentro quella casa-famiglia ricavata nella parte bassa di paese ma poi divenuta colonia e ora casa di tutte le associazioni, quei ragazzini a tutti gli effetti erano considerati in buone mani.

Comunque a testimoniare quella realtà di paese, nei pressi del Bar Levada, gestito da Fausto e Milena, c'è il monumento al Carbonaio realizzato in bronzo su ispirazione dell'artista don Luciano Carnessali.

Poi dalla voce di Nicole c'è pure un Inno al Carbonaio, scritto e musicato a quattro mani dal maestro Mauro Tecchiolli, di Vezzano, coadiuvato da Giampaolo Capelli, nonno della stessa Nicole.

 

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